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Coraggiosa ribelle per amore del fratello e della libertà. L’eroina Antigone torna alla Carrara


La grande tela Antigone condannata a morte da Creonte di Giuseppe Diotti (1779–1846) è tornata in Accademia Carrara, a Bergamo, attraverso un allestimento permanente pensato ad hoc al primo piano dell’Ala Vitali.
Il monumentale dipinto, concluso nel 1845, viene restituito al pubblico a seguito di un nuovo intervento di restauro a cura di Delfina Fagnani, diretto per la Soprintendenza da Angelo Loda e per il museo da Paolo Plebani, reso possibile grazie al sostegno di Fondazione Credito Bergamasco.

L’Antigone testimonia un importante valore storico e identitario per la Carrara: commissionata nel 1834 dagli stessi amministratori a Giuseppe Diotti (allora direttore della Scuola di Pittura), la tela unisce idealmente le due anime dell’istituzione bergamasca, così come il conte Giacomo Carrara aveva voluto alla fondazione, ovvero Pinacoteca e Scuola di Pittura.

Il dipinto raffigura un episodio tratto dalla tragedia di Sofocle, in cui il tiranno Creonte condanna a morte Antigone per aver dato sepoltura al fratello Polinice, nonostante il divieto imposto dalla legge. Un tema che è stato lungamente discusso tra i committenti e l’artista.

La ricollocazione in Carrara diventa inoltre occasione per l’avvio di nuovi progetti didattici: due classi dell’Istituto Giulio Natta di Bergamo nell’ultimo anno si sono dedicate allo studio dell’opera e dell’artista, approfondendo il restauro e la sua genesi, sotto la guida di Delfina Fagnani. Un piccolo gruppo di studenti si sta formando come mediatori per poter raccontare l’opera al pubblico nel corso degli appuntamenti gratuiti previsti nei weekend del mese di novembre.

L’opera e la storia espositiva
Ricevuto l’incarico, Diotti si mette al lavoro nel 1834: il bozzetto è terminato poco prima di Natale, mentre il cartone preparatorio (oggi all’Accademia Tadini a Lovere) viene concluso nel 1837. Sono necessari altri otto anni per portare a termine la tela, consegnata nel 1845, in perfetto stile neoclassico.
Il fulcro dell’azione scenica del dipinto è il tiranno Creonte, raffigurato al centro, mentre consegna Antigone ai suoi carnefici. Alle spalle di Creonte è collocato Ipseo, confidente del tiranno. Un armigero e il boia, rappresentato a torso nudo, trascinano la figlia di Edipo verso il suo misero destino, mentre un’ancella chiede pietà. A destra, sullo sfondo, due uomini scavano la fossa.

Sulla sinistra, Argia cade svenuta tra le braccia di una guardia e di un’ancella quando viene a sapere della condanna a morte. A completare questo gruppo, la figura di una plorante che si copre il volto avviandosi verso la città di Tebe, raffigurata.

L’Antigone di Diotti ha vissuto diverse traversie espositive, principalmente legate alle sue monumentali dimensioni: inizialmente fu esposta nel salone del museo al primo piano, successivamente, dopo aver subito diversi spostamenti, la tela venne rimossa definitivamente dal percorso espositivo durante il secondo conflitto mondiale. Ritrovata nel 1976 nei depositi, avvolta su di un rullo, e recuperata dall’allora direttore Francesco Rossi, l’Antigone fu oggetto di un primo e lungo lavoro di restauro condotto da Bruno Sesti e Delfina Fagnani agli inizi degli anni Novanta. Dal 2008 al 2015, durante gli anni di chiusura del museo, la tela ha trovato ospitalità presso Confindustria Bergamo.

La nuova collocazione permanente in Ala Vitali, vede il posizionamento del dipinto sulla parete di fondo, a formare una sorta di quinta scenica per conferenze e incontri. Progettato da Studio Datei Nani, l’allestimento prevede una struttura studiata ad hoc in grado di incorniciare l’opera e, al contempo, di velarla temporaneamente nel caso di particolari esigenze,

Il nuovo intervento di restauro realizzato da Delfina Fagnani a partire dal 2020, sotto la direzione di Angelo Loda e Paolo Plebani e con il sostegno di Fondazione Credito Bergamasco, conclude idealmente il lavoro iniziato negli anni Novanta. In quell’occasione la Soprintendenza decise per un risarcimento pittorico differenziato nelle diverse aree, che lasciasse esposta la tela originale nelle zone lacunose.

Con il nuovo restauro si è deciso per un completamento motivato dalla necessità di restituire al pubblico una piena fruizione dell’insieme dell’opera, in vista della nuova collocazione permanente in museo. Tenuto conto delle repliche conosciute, dei disegni e dei cartoni preparatori eseguiti dall’artista. Grazie alle analisi ottiche di fluorescenza ultravioletta, riflettografia all’infrarosso, elaborazione dell’infrarosso in «falso colore» e alle riprese con microscopio digitale, si è potuto orientare il tipo di intervento con il ripristino dello strato preparatorio e della stesura pittorica.