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Sai davvero cosa significa essere Muse? Le donne che hanno ispirato Monet, Picasso, Renoir e tanti artisti. Creatività e creazione


Tra i ruoli che le donne hanno interpretato nell’arte, c’è stato quello di essere muse ispiratrici di donne e uomini. Le Muse erano divinità della religione greca, figlie di Zeus e di Mnemosýne (la Memoria) e la loro guida era Apollo. L’importanza delle muse nella religione greca era elevata: esse infatti rappresentavano l’ideale supremo dell’Arte, intesa come verità del “Tutto” ovvero l’«eterna magnificenza del divino».

La musa, sul piano storico dell’arte, non è un oggetto passivo; moglie, amante, compagna dell’artista è colei che, grazie all’unicità del proprio essere, è in grado di condurre, di portare, chi agisce all’interno di un mondo di creazione di segni, sulla vetta in cui carne e spirito si congiungono e il Senso si dischiude in una dimensione alta. Beatrice, in Dante, non è soltanto un’icona fredda. E’ colei che sta in alto e indica una strada di elevazione e che dà un senso all’intera esistenza, rassicurando Dante che l’umanità – pur se molti uomini fanno prevalere, per istinti bestiali, un lato infernale, è soprattutto “altra”. E’ in grado di elevarsi a una condizione angelica. Raffaello cercava la propria musa che, attraverso un amore superiore, una grazia unica, fosse in grado di portarlo nella fascia superiore del cielo. dove tutto, pittura e mondo, sarebbero stati rivelati. La musa non è pertanto colei che si mette in posa. Quella è una semplice modella. La musa è invece una guida spirituale e carnale.

E’ colei che plasma l’artista mentre l’artista la plasma e agisce in direzione della creazione di segni e chiaroveggenze possibili solo attraverso la mediazione della sua forma, naturale e soprannaturale a un tempo. Senza le muse – che agiscono attraverso la Pace – il mondo sarebbe ancor più cruento e ancor più assurdo. Per assumere questo ruolo, in una dimensione non legata all’effimero accendersi dei sensi, le donne – non tutte, com’è ovvio – hanno lavorato su se stesse e sulla propria grazia innata. Esistono muse eterne e, in altri casi, muse temporanee, come in Picasso, che viveva in una dimensione di costante ricerca e consumo della potenziale musa. O muse eterne, come nell’opera di tanti suoi colleghi, come in Bonnard.

Per restare a un piccolo tratto del Novecento: potete immaginare Bonnard senza Marthe (sono almeno 146 i dipinti e circa 717 disegni in cui appare)? Dalì, senza Gala? Picasso senza Fernande, Dora, Jacqueline? Monet senza Blanche? Renoir senza Gabrielle? Maurice Denis senza Martha? Maillol senza Dina Vierny? Vuillard senza Misia? Giacometti senza Annette?