Nel cuore delle Alpi Marittime, in provincia di Cuneo, la Valle Stura di Demonte si apre come un corridoio naturale che collega l’Italia alla Francia attraverso il Colle della Maddalena. Montagna aspra e luminosa, terra di confine e di transiti, la valle custodisce da millenni tracce di frequentazioni umane, dai primi cacciatori mesolitici agli insediamenti stagionali del Neolitico, fino agli spigoli più complessi della società dell’Età Moderna. Ed è proprio qui, nelle profondità dei ripari sotto roccia della Riserva Naturale Grotte di Aisone, che la quarta campagna di scavo ha rivelato una scoperta di eccezionale interesse: la sepoltura di una donna adulta-senile, databile tra la seconda metà del Quattrocento e l’inizio del Seicento, immersa in un contesto archeologico di straordinaria stratificazione.

La deposizione è avvenuta in una grotta, lontana dai cimiteri e dai luoghi consacrati, e la posizione del corpo — supina, con il braccio sinistro lungo il fianco e il destro ripiegato sul petto — insieme all’assenza di corredo, richiama in maniera sorprendente pratiche funerarie preistoriche, come se il gesto di seppellire questa donna in quel luogo isolato avesse evocato antiche tradizioni, perpetuando un dialogo silenzioso tra mondi temporali lontani. L’analisi del tartaro dentale ha rivelato residui di amidi di mais, confermando l’epoca post-colombiana della deposizione e aggiungendo una tessera preziosa al quadro della vita quotidiana e delle abitudini alimentari di quel periodo.
Ma la “signora di Aisone” non è l’unico segno di vita emerso dai Ripari 10 e 19. Gli scavi hanno portato alla luce depositi che coprono un arco temporale millenario, dal Mesolitico al Neolitico, con carboni e tracce di frequentazione antropica, frammenti di ceramica e resti faunistici della seconda metà del IV millennio a.C., che testimoniano l’uso delle grotte come ricoveri temporanei o stagionali. Buche per pali e resti sparsi di sepolture più antiche indicano che alcune grotte avevano una funzione funeraria consolidata, forse in connessione con sorgenti, mentre la fauna rinvenuta — stambecchi, cervi, cinghiali, lupi e orsi bruni, insieme a pecore, capre, maiali e buoi — offre uno spaccato della coabitazione tra uomo e ambiente, tra caccia, pastorizia e gestione degli animali domestici.
La Valle Stura, come molte valli alpine, porta con sé anche un alone di superstizione e timori collettivi. Pur non essendoci documenti di processi per stregoneria direttamente nella diocesi di Cuneo, la vicinanza a territori come la Valle di Susa, teatro di accuse e processi tra XV e XVII secolo, suggerisce che pratiche marginali o non ortodosse potessero portare all’esclusione sociale. La sepoltura della donna in una grotta potrebbe dunque riflettere non solo un gesto simbolico legato a credenze ancestrali, ma anche un atto di marginalizzazione o isolamento, un destino comune a chi viveva ai confini della comunità. L’apparato osseo sembra presentare le caratteristiche di quello di una giovane donna. La tomba non sembra essere stata predisposta rapidamente per occultura un cadavere – la spiegazione potrebbe essere anche quella dell’uccisione da parte di un compagno – ma con un certo ordine che contrasrebbe con il semplice occultamento di cadavere. Altre ipotesi riguardano la possibilità che la donna fosse un’eretica o una persona ritenuta collusa con il mondo stregonesco. Era forse e in fuga dalla persecuzioni delle valli vicinae e mori, probabilmente di malattia, durante lo spostamento, affrontato con quache compagno di viaggio? Apparteneva a una famiglai di banditi? I resti della donna saranno tarsferiti al laboratorio Bagolini di Trento per le indagini di laboratorio
Le analisi in corso, guidate dall’Università di Trento puntano a ricostruire lo stato di salute, le occupazioni svolte in vita e le possibili cause di morte della donna, arricchendo la comprensione delle dinamiche sociali di quell’epoca. L’intero progetto di scavo, parte del “Viaggio nel tempo profondo attraverso le Marittime”, ha inoltre incluso la popolazione locale e i turisti attraverso attività di archeologia pubblica, trasformando la scoperta in un’occasione di conoscenza condivisa, di valorizzazione del patrimonio culturale e di dialogo tra passato e presente.
Gli scavi sono stati condotti con rigore scientifico da un team multidisciplinare guidato dalla Cattedra di Ecologia preistorica dell’Università Statale di Milano, in collaborazione con il Politecnico di Torino e l’Ente Gestione Aree Protette Alpi Marittime. La direzione scientifica ha coordinato le campagne sul campo, mentre sul piano operativo sono intervenuti archeologi e paleontologi esperti nella stratigrafia di grotte e ripari sotto roccia, integrando metodi tradizionali di scavo con analisi paleoambientali. Storici e specialisti in bioarcheologia hanno contribuito alle datazioni radiocarboniche e alle indagini sullo stato di salute degli individui, garantendo un approccio completo che ha permesso di collegare le testimonianze preistoriche con quelle più recenti dell’Età Moderna. La collaborazione con le amministrazioni locali, tra cui il Comune di Aisone e l’Unione Montana Alta Valle Stura, ha inoltre favorito l’inclusione della comunità nelle attività di archeologia pubblica, rendendo lo scavo non solo un’indagine scientifica, ma anche un progetto di valorizzazione condivisa del patrimonio culturale.








