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Dama con Liocorno di Raffaello – Anche gli ornamenti indicano castità nel mondo ed eros nel matrimonio




RAFFAELLO, Ritratto di giovane donna (Dama col Liocorno), 1505-1506, olio su tavola, cm 65 x 51, Roma, Galleria Borghese
RAFFAELLO, Ritratto di giovane donna (Dama col Liocorno), 1505-1506, olio su tavola, cm 65 x 51, Roma, Galleria Borghese

La Dama col Liocorno è uno dei più misteriosi dipinti attribuiti a Raffaello. Un ritratto? Un’allegoria? La presenza del mitico animale, collegata al significato simbolico dei gioielli, ci consente di entrare più agevolmente nell’opera. “Il pendente della Dama col Liocorno è costruito da una pesante montatura in oro smaltato con piccole foglie, in cui sono incastonati un piccolo smeraldo, un grande rubino ed una goccia a perla” – scrive Alessia De Simone nel volume edito da Logart Press-. La rappresentazione della vergine con l’unicorno tra le braccia può essere interpretata come un’allegoria profana della castità; questa tipologia iconografica era in uso per gli arazzi medioevali e del primo Rinascimento, realizzati in occasione di fidanzamenti. La raffigurazione dell’unicorno ben si associa alla scelta delle pietre preziose del gioiello raffigurato; l’unicorno, infatti, nell’antichità era collegato al culto della dea-madre vergine e conservò nel Medioevo questa simbologia, in riferimento alla verginità di Maria”.
RAFFAELLO, Ritratto di giovane donna (Dama col Liocorno), particolare, 1505-1506, olio su tavola, cm 65 x 51, Roma, Galleria Borghese
RAFFAELLO, Ritratto di giovane donna (Dama col Liocorno), particolare, 1505-1506, olio su tavola, cm 65 x 51, Roma, Galleria Borghese

“Secondo una leggenda il corno dell’animale purificava qualunque cosa toccasse e poteva essere catturato soltanto da una vergine. L’animale, noto anche come simbolo fallico, era foriero di prosperità nella vita matrimoniale; stesse caratteristiche presentavano le pietre preziose del gioiello; la perla e lo smeraldo erano note come simbolo di castità, mentre il rubino donava alla sposa prosperità nella vita matrimoniale e frenava le passioni amorose. Il rubino raffigurato, inoltre, presenta delle macchie naturali; Ludovico Dolce, nel testo Libri tre, nei quali si tratta delle diverse sorti delle gemme che produce la natura, della qualità, grandezza, bellezza e virtù loro del 1565, parla delle virtù occulte delle pietre incise: “(…) esse erano ancora più potenti quado l’incisione non era opera dell’uomo ma della natura (…)”.