Ballare non è solo un gesto estetico, un piacere visivo o un divertimento momentaneo: secondo un recente studio dell’Università della Finlandia Orientale, la danza come forma d’arte performativa può avere un impatto significativo sulla salute mentale, alleviando i sintomi percepiti della depressione, promuovendo l’autorealizzazione e favorendo la comprensione delle cause profonde del malessere emotivo. La ricerca, condotta in collaborazione tra psicologia, psicologia sociale e arti performative, porta all’attenzione un tema ancora poco esplorato: l’integrazione di pratiche artistiche nelle strategie terapeutiche per la depressione, un problema di salute pubblica sempre più urgente e diffuso.

“La depressione è un problema complesso e sfaccettato, e c’è un urgente bisogno di trattamenti complementari“, osserva Tommi Tolmunen, Professore di Psichiatria dell’Adolescenza presso l’Università della Finlandia Orientale. Se già esistono prove solide sull’efficacia dell’esercizio fisico nella riduzione dei sintomi depressivi, l’inclusione di elementi espressivi come quelli presenti nella danza può trasformare l’attività fisica in un’esperienza emotivamente più ricca e motivante, soprattutto per i giovani. La danza, attraverso i suoi movimenti, il ritmo e l’improvvisazione, diventa un linguaggio corporeo che consente di esplorare emozioni difficili da verbalizzare, un veicolo per osservare e reinterpretare il proprio vissuto interiore.
Lo studio pilota ha coinvolto sette adolescenti con diagnosi di depressione lieve-moderata, invitati a creare un pezzo di danza digitale che rappresentasse il loro futuro desiderato, utilizzando tecniche di improvvisazione e motion capture 3D basate su telecamere. L’esperienza ha permesso ai partecipanti non solo di dare forma visibile alle proprie aspirazioni e paure, ma anche di osservare i propri movimenti da una prospettiva esterna, aprendo uno spazio di riflessione sui valori, sugli atteggiamenti personali e sulla relazione con il proprio corpo. La danza si è rivelata così uno strumento per affrontare le cause profonde della depressione, favorendo autoconsapevolezza, autostima e capacità di elaborare emozioni incarnate.
La dimensione corporea della danza è cruciale. Come spiega Hanna Pohjola, ricercatrice senior del progetto, “la depressione può influenzare l’interocezione, ovvero il modo in cui percepiamo le sensazioni interne del corpo. Le alterazioni dell’interocezione sono comuni in caso di depressione, ansia e alessitimia, e possono determinare un’esperienza corporea negativa”. La danza, al contrario, offre un’occasione per riconnettersi con il proprio corpo, sviluppare consapevolezza motoria e sperimentare una relazione positiva con le proprie sensazioni interne. La ripetizione dei movimenti, l’esplorazione dello spazio e il confronto con sé stessi attraverso la motion capture hanno consentito ai giovani partecipanti di percepire il proprio corpo come fonte di possibilità, espressione e piacere.
Oltre agli effetti fisici e psicologici, la danza ha anche un potente ruolo sociale. L’esperienza condivisa in un contesto di accettazione, fiducia e senso di comunità ha offerto ai partecipanti un ambiente di supporto in cui sentirsi liberi di sperimentare e di esprimersi. La presenza dei pari, il riconoscimento reciproco e l’appartenenza a un gruppo hanno amplificato i benefici della pratica, mostrando come l’arte performativa non sia solo un atto individuale ma un mezzo di connessione e co-costruzione di significato.
Si potrebbe domandare, a questo punto, quale differenza intercorra tra queste danze e i balli che si praticano in discoteca. La danza terapeutica si distingue per la sua intenzionalità: ogni movimento non è mero gesto estetico o momento di divertimento, ma esplorazione del corpo, delle emozioni e della propria interiorità. Il ballo in discoteca, al contrario, privilegia il piacere immediato, la socializzazione e lo scarico energetico, senza una consapevolezza profonda del sé. Nella danza terapeutica, la percezione interna del corpo, l’interocezione e la capacità di modulare le emozioni attraverso il movimento sono centrali, mentre nei balli da discoteca il corpo segue prevalentemente il ritmo esterno e la dinamica del gruppo. La danza performativa offre uno spazio sicuro, controllato, in cui i movimenti possono essere osservati, analizzati e reinterpretati, e spesso contiene una dimensione narrativa o simbolica, permettendo di raccontare storie ed emozioni. I balli in discoteca restano invece più istintivi, collettivi, legati alla musica e al momento, con benefici psicologici più fugaci e meno profondi. In sostanza, la danza terapeutica è un viaggio dentro di sé, mentre il ballo sociale è esperienza di piacere immediato e collettivo.
I risultati dello studio confermano che la danza può influire sui livelli ormonali legati allo stress e al piacere: diminuisce cortisolo e noradrenalina, mentre favorisce la secrezione di dopamina, analogamente all’esercizio fisico ma con l’aggiunta di una componente espressiva e simbolica. Questa combinazione di movimento, creatività e riflessione corporea offre un approccio integrato e innovativo al trattamento della depressione, capace di stimolare autorealizzazione, gioia e senso di scopo.
Il progetto, intitolato Narrating through Dance in Life Fractures (2021-2025) e finanziato dalla Fondazione Kone, ha esplorato l’impatto della danza in diverse fratture della vita, dimostrando che il movimento creativo non è solo terapia complementare, ma anche un potente strumento narrativo. Attraverso la danza, i partecipanti hanno avuto modo di raccontare e reinterpretare la propria esperienza di depressione, aprendo spazi di elaborazione emotiva e offrendo nuove prospettive sul rapporto fra corpo, mente e comunità.
In un’epoca in cui le forme tradizionali di intervento psicoterapeutico da sole non sempre bastano, esperienze come questa dimostrano che l’arte può essere un alleato terapeutico e trasformativo, capace di coniugare movimento, emozione e riflessione, restituendo agli individui la possibilità di incontrarsi, comprendersi e ricostruire un senso di sé più pieno.








