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Due ricerche autonome convergono sul volto arcigno, nella Gioconda. I prelievi e le ipotesi



Il volto della serva di Giuditta e Oloferne, posto da noi in luce nei mesi scorsi, con un prelievo compiuto dalla Gioconda, fu evidenziato, anni fa, da Agostino De Santi Abati, che fornì un’altra lettura interpretativa, connettendo l’immagine con quella di uno Leonardo-sciamano. I prelievi sono avvenuti in modo analogo e la nostra ricerca è conferma indiretta – poichè svolta in modo autonomo, senza che noi conoscessimo il lavoro svolto da De Santi Abati e pertanto senza alcuna suggestione, né positiva nè negativa – che l’enucleazione compiuta dal ricercatore barese non è frutto di una pareidolia, cioè un accomodamento percettivo di segni scomposti, ma che è esistita, da parte di Leonardo, una precisa volontà di rappresentazione del particolare. Il volto arcigno e la giovane donna, poco sotto, sono pertanto un preciso nucleo semantico leonardiano, un dato scientifico, in quanto il prelievo ripetibile e non è oggetto di alcuna rielaborazione. La convergenza risulta un elemento di notevole rilievo poichè pone in luce questo particolare non visto, a quanto ci risulta, prima del lavoro dello studioso barese e, successivamente, del nostro.

Diverse invece sono le letture di questo segmento-cardine che potrebbe consentire, con altre figure ambigue, ad identificare con certezza l’identità della Gioconda, quindi a confermare se essa sia davvero Lisa Gherardini – come farebbe pensare il Vasari – o un’altra donna, forse Pacifica Brandani, amante dei Giuliano de Medici. Ma ora vediamo chi era Pacifica Brandani, per poi tornare sul profilo arcigno del volto, individuato da due team autonomi e non interconnessi di ricercatori: prima quello di De Santi Abati, poi – senza alcun collegamento con il primo da quello di Bernardelli Curuz. Ma chi era Pacifica Brandani di cui parla De Santi Abati nelle sue ricerche? Ecco il lemma, in wikipedia: “Pacifica Brandani (o Brandano) (Urbino, … – Urbino, 1511) è stata una gentildonna italiana, amante di Giuliano de’ Medici duca di Nemours. Figlia illegittima del nobile Giovanni Antonio Brandani e cortigiana alla corte di Urbino, è passata alla storia per aver dato, nel 1511, a Giuliano de’ Medici duca di Nemours un figlio naturale poi legittimato a Roma, Ippolito de’ Medici, che fu il suo unico discendente e che divenne cardinale. Alcuni storici – tra cui Carlo Pedretti – hanno affermato che il duca abbia commissionato a Leonardo da Vinci nell’aprile 1515 un dipinto in ricordo dell’amante morta di parto e che “la Brandana da Urbino” sia raffigurata nel celebre quadro della Gioconda”.

 

“Stiamo procedendo – dice Maurizio Bernardelli Curuz – come se la Gioconda fosse un quadro di testo, senza propendere per ipotesi alcuna. Questo è il sistema che utilizzo sempre nel mio lavoro. Le opere d’arte sono strutture di comunicazione e come tali sono organizzate, secondo un preciso lessico e una sintassi. Quello che mi appare chiaro, fino ad oggi, è che, con la Gioconda, Leonardo abbia celebrato una donna coraggiosa e di rilievo, pensandola anche in collegamento con una figura di santa o di martire della quale la donne, presumibilmente, seguì le orme. Un lato del quadro offre, accanto alla possibile Giuditta ed Oloferne, la rappresentazione di sante, tra le quali una Santa Barbara. E’ chiaro che Leonardo componesse dai quattro lati sia per una questione di equilibrio tra le parti che per quanto concerne una precisa semantica di radice certamente ermetica e neoplatonica- In particolar modo ritengo considerata la continuità fisiognomica tra il volto della persona con naso aquilino e la presenza contestuale di una giovane donna, – considerando poi la Giuditta e Oloferne di Caravaggio, che si formò a Milano, in un ambiente saturo di leonardismo – possa alludere a Giuditta e Oloferne. Ma nel quadro ci sono altri elementi che abbiamo evidenziato e che saranno oggetto di un’ulteriore pubblicazione”
La lettura di Agostino De Santi Abati
Per lui il monte è il Golgota
e il volto di profilo
l’autoritratto di Leonardo
in versione sciamanica

Rilevamento di De Santi Abati

Estrapoliamo, con il permesso dell’autore, la sua lettura
“Ma perché (la montagna che poi girata appare come un volto ndr) rappresenterebbe il Golgota? E‘ il luogo del sacrificio e della morte e sacrificio e morte contraddistinsero l’ultimo periodo di vita di Pacifica (Brandani), che sacrificò la propria vita per mettere alla luce un figlio non desiderato, che le procurò la morte per parto. Soffermandosi ora a guardare il monte scopriamo che la sua sagoma nasconde qualcosa,…sì avete visto bene…un profilo umano. Siamo vittime di pareidolia? La pareidolia o illusione pareidolitica (dal greco εἴδωλον èidōlon, “immagine”, col prefisso παρά parà, “vicino”) è l’illusione subcosciente che tende a ricondurre a forme note oggetti o profili (naturali o artificiali) dalla forma casuale. Leonardo da Vinci descriveva questo fenomeno nel suo trattato sulla pittura: “E questo è: se tu riguarderai in alcuni muri imbrattati di varie macchie o pietre di vari misti, se arai a inventionare qualche sito, potrai lì vedere similitudine de’ diversi paesi, ornati di montagnie, fiumi, sassi, albori, pianure, grandi valli e colli in diversi modi; ancora vi potrai vedere diverse battaglie e atti pronti di figure, strane arie di volti e abiti e infinite cose, le quali tu potrai ridurre in integra e bona forma. E interviene in simili muri e misti come del sono di campane, che ne’ loro tocchi vi troverai ogni nome e vocabulo che tu imaginerai”. Nel caso in questione, Leonardo gioca e volontariamente così come crea in altri dipinti, crea la pareidolia e quella che è la sagoma di un monte, diventa il profilo di uno dei suoi grotteschi personaggi o addirittura egli stesso invecchiato. Alterando la cromia ed evidenziando i contorni si può apprezzare la somiglianza con il profilo di quello che viene considerato il ritratto di Leonardo da anziano. Posizionato in verticale oltre ad apprezzarne meglio il profilo si nota anche un’altra immagine, quella che era la strada tortuosa nella visione orizzontale del dipinto, posto in verticale, dà vita ad una sagoma femminile, che guarda il profilo di quello che ad una attenta analisi, potremmo definire il profilo di uno sciamano, sulla fronte infatti si nota quello che sembra un copricapo su cui si intravede il becco di un uccello, forse un barbagianni, a rappresentare il tipico copricapo di uno sciamano, le foto evidenziano tale similitudine. Ho chiesto l’intervento di un’esperta disegnatrice e appassionata di Leonardo la mia amica Daniela Saba, per riprodurre nello stile Leonardiano la sagoma del monte utilizzando il profilo della testa coronata d’alloro che ricalca inequivocabilmente quello del monte il risultato come potete constatare è sorprendente”.