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Elisabetta Sirani fu avvelenata? Storia di una grande pittrice morta a 27 anni


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ELISABETTA SIRANI, Timoclea uccide il re dei Traci, 1659, olio su tela, cm. 227 x 117, Napoli Museo nazionale di Capodimonte
ELISABETTA SIRANI, Timoclea uccide il re dei Traci, 1659, olio su tela, cm. 227 x 117, Napoli Museo nazionale di Capodimonte

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Elisabetta Sirani (Bologna 1638 -agosto 1665) ha goduto, nonostante la giovanissima età, di una fama internazionale, ma la morte prematura – si pensò che fosse stata assassinata – avvenuta a 27 anni, interruppe una carriera radiosa. Era figlia di Giovanni Andrea Sirani, assistente principale Guido Reni, ottimo pittore al quale il destino aveva riservato l’impossibilità di continuare a dipingere a causa di una forma di gotta che lo aveva colpito, oltre ai piedi, anche alle mani. Elisabetta, che si era formata nella bottega del padre, prese le redini dell’impresa paterna e la volse al femminile, chiamando a lavorare giovani colleghe, tra le quali la pittrice Ginevra Cantofoli. divenuta poi famosa non solo per le opere realizzate, ma anche per essere stata sospettata di veneficio ai danni della maestra per un’esasperata gelosia.
In verità anche il padre, forse per invidia nei confronti della figlia, fu visto come responsabile della morte di Elisabetta. Nessuno dei tre indagati, compresa la domestica Lucia Tolomelli, fu però accusato formalmente e la pittrice fu dichiarata morta a causa di un’ulcera perforante . L’aura legata al suo nome si deve anche a Malvasia che per primo ne sottolineò le grandi doti artistiche. Nelle prime opere di Elisabetta Sirani, nonostante la forte influenza del lessico pittorico paterno impregnato dalla scelte reniane, si può riscontrare una certa affinità con quelle di Francesco Albani, ma con il dipinto posto nella chiesa di San Girolamo della Certosa di Bologna, Il Battesimo di Gesù (1658), inserito in un ciclo di tele dedicate alla Vita di Cristo, a cui aveva partecipato anche il padre nel 1652 raffigurando La Cena in casa del Fariseo, Elisabetta raggiunge a solo vent’anni la piena maturità e autonomia stilistica. In diverse sue opere tratta immagini di donne belle, ma intelligenti, forti e coraggiose come nel dipinto Timoclea uccide il re dei Traci al Museo di Capodimonte a Napoli o in figure di Giuditta, eroina per eccellenza nell’iconografia femminile. Grande spazio viene dato dall’artista ai soggetti religiosi, soprattutto alla figura della Madonna con Bambino, cara al sue lessico pittorico di carattere intimistico. Introdotta nella corte medicea realizza nel 1661 un Amorino trionfante per il matrimonio di Cosimo de’Medici con Margherita Luisa di Borbone in cui l’artista inserisce lo stemma mediceo e le perle, in latino margarita, in omaggio al nome della sposa. Nelle ultime sue opere vi è una ripresa della poetica renania, come si può evincere anche dalle Note delle pitture, testo scritto dall’artista stessa e imprescindibile guida per gli studiosi. E questo è solo un breve spunto per avvicinarsi a questa splendida artista che il destino non le permise di proseguire una strada che senza dubbio sarebbe stata ricca di sorprese e di inaspettati capolavori. Una vita interrotta dalla malattia, anche se come già detto molti dubbi sorsero a tale riguardo, una vita che avrebbe dovuto essere più lunga , ma nonostante questo Elisabetta Sirani con le sue opere si colloca tra le più importanti figure femminile del Seicento, non solo bolognese e nazionale.

ELISABETTA SIRANI, Il Battesimo di Cristo, 1658, olio su tela, cm.450 x 350 ca., Certosa di Bologna, Chiesa di San Girolamo www.storiaememoriadibologna.it
ELISABETTA SIRANI, Il Battesimo di Cristo, 1658, olio su tela, cm.450 x 350 ca., Certosa di Bologna, Chiesa di San Girolamo www.storiaememoriadibologna.it

 
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