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Eugenio Busi – Dipinti di caccia



Il pittore Eugenio Busi ha realizzato per l’Assessorato provinciale di Alessandro Sala un libro che racconta la montagna, l’attività venatoria e le tradizioni. Un viaggio per non dimenticare

Arte e antropologia, in fitto colloquio, nel libro L’alta valle del Caffaro. Caccia e Bagoss, un’opera realizzata dalla Provincia di Brescia – Assessorato alla Caccia – con testi, disegni e dipinti del pittore Eugenio Busi. Nella terra di Stagnoli, tra i monti eterni cantati da Edoardo Togni, Busi si è mosso con l’intento di fornire una documentazione completa di un mondo arcaico, per fissarne liricamente – ma con quella poetica tutta lombarda, legata strettamente al canto della verità – punti e riti salienti. Una realtà che viveva in un magico equilibrio con la natura. “Un mondo nel quale la caccia – dice Alessandro Sala, ideatore dell’iniziativa editoriale – si inserisce come momento di equilibrio, fortemente connesso con le attività tradizionali fino al punto da costituire un elemento irrinunciabile. E’ in questi ambiti, andando alle radici e considerandone l’evoluzione culturale, che l’attività venatoria emerge come settore di interazione dell’uomo con l’ambiente, senza che la presenza umana sia percepita come una realtà estranea alla quinta naturale.
Del resto già Federico II di Svevia aveva individuato la chiave di volta del pensiero venatorio moderno, quando scriveva che “la caccia è un’arte o non è caccia”. Arte perché passa attraverso una tecnica e si definisce attraverso il rispetto delle regole. Ecco perché ho chiesto al pittore Busi che si esprimesse attraverso la sua pittura, per indirizzarci in quel mondo straordinariamente sensazionale che passa da Bagolino al Bagoss, dalla Valle Sabbia agli strumenti del mestiere del duro quotidiano lavoro. Tutte realtà che ci permettono di ricordare e riassaporare atmosfere e culture all’apparenza perdute. Tutto ciò diventa un modello educativo coerente. Un legame tra l’uomo e la natura sempre più da riscoprire, reinventare e rinsaldare, in un rapporto equilibrato tra l’uomo e la sua terra”. L’idea è nata in un capanno, al Maniva. “E’ stato semplicemente così che Alessandro Sala ha avuto quest’idea – dice il pittore – che ho condiviso istantaneamente perché mi avrebbe coinvolto nella maniera più piena. Caccia e bagoss, infatti, sono forse le cose che mi attraggono di più, naturalmente dopo i quadri, perché sono oltre trent’anni che vivo su quelle montagne”. Ecco quindi il pittore lavorare prima ad una struttura narrativa – suggerita dal rilevamento di momenti quotidianamente cruciali nell’ambito dell’agricoltura, dell’allevamento e della pratica venatoria in montagna – e creare così la prima scaletta.
L’autore documenta attraverso brevi scritti e un’ampia documentazione disegnativa e pittorica, i momenti più evocativi dell’alpeggio, della lavorazione del latte; si sofferma con sguardo partecipe sulla vita e l’attività nelle malghe; racconta azioni e profumi legati alla produzione del fiorito e della ricotta; falcia nei suoi dipinti l’erba fragrante, ne documenta l’accumulo in cascina. Rievoca – e documenta in scheda – la stagionatura dei formaggi. Ed ecco a seguire il puntuale resoconto della vita in baita, della mungitura in stalla, dell’attività venatoria del malghese capannista. Poi la narrazione di quelle attività che, un tempo indispensabili per poter sopravvivere, oggi sono state bandite per la tutela dell’avifauna: la caccia, con gli archetti, con il vischio, con i lacci, con le tagliole e con le reti. Oggi resta il capanno. Ed è a questo punto che il volume, assume una livrea ancor più variopinta, proponendo al lettore un’autentica sfilata di tordi, di cesene, di tassi e marmotte, di beccacce e galli cedroni, di francolini di monte e di coturnici, di cervi, camosci e caprioli, di lepri e di quaglie, di pernici bianche e di galli forcelli dipinti da Busi.
Un bestiario che sembra aderire a quell’amore per la classificazione proprio del Gotico, nella ruvida rievocazione di quelle pagine fresche e fragranti che furono di Giovannino de’ Grassi e Pisanello. E, come aree di sosta, l’artista colloca doviziosamente prati verdissimi e cascine, pastori seduti che tagliano rondelle di formaggio, e pure testimonia quei transiti montani di donna con gerla che egli reinterpreta, seguendo le piste che furono di Francesco Filippini. Ma con una solarità effusa nel racconto in grado di coinvolgere il lettore in un viaggio autenticamente gioioso.
Clicca sul link per aprire il PDF e leggere il testo, con immagini comparative:

[PDF] La dipinta tradizione della caccia



STILE Brescia 2007