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Faust Cardinali, l’ultima battaglia. La mostra a Villa Gennaioli di Anghiari



Faust Cardinali “L’ULTIMA BATTAGLIA” ANGHIARI “ 2 settembre – 16 ottobre 2022 (Fot.1)

di Roberto Manescalchi

Si chiama Faust (Cardinali), vive a Parigi e potrebbe aver venduto l’anima al diavolo, ci ho pranzato oggi a Santa Fiora di Sansepolcro presso un azienda agricola che non cito per motivi di correttezza pubblicitaria. Santa Fiora: quattro case sulla piana del Tevere un misto di fede, amore e castità – Flora e Lucilla sorelle e martiri- e di Flora dea della fioritura e sposa del Dio che sparge il seme della fecondità. Si chiama Faust, potrebbe aver venduto l’anima al diavolo, ma vive anche nei pressi del Sacro Monte della Verna (quando non è a Parigi) è piccolo e assomiglia a Francesco. Piccolo il dott. Faust che vende l’anima al diavolo… un gigante l’uomo che vende la sua anima per sete di conoscenza. Piccolo Francesco nel suo saio… un gigante il nuovo Cristo che per dirla con Miguel de Cervantes infonde speranza:

”A tutti gli illusi, a quelli che parlano al vento.
Ai pazzi per amore, ai visionari,
a coloro che darebbero la vita per realizzare un sogno.
Ai reietti, ai respinti, agli esclusi. Ai folli veri o presunti.
Agli uomini di cuore,
a coloro che si ostinano a credere nel sentimento puro.
A tutti quelli che ancora si commuovono.
Un omaggio ai grandi slanci, alle idee e ai sogni.
A chi non si arrende mai, a chi viene deriso e giudicato.
Ai poeti del quotidiano.
Ai “vincibili” dunque, e anche
agli sconfitti che sono pronti a risorgere e a combattere di nuovo.
Agli eroi dimenticati e ai vagabondi.
A chi dopo aver combattuto e perso per i propri ideali,
ancora si sente invincibile.
A chi non ha paura di dire quello che pensa.
A chi ha fatto il giro del mondo e a chi un giorno lo farà.
A chi non vuol distinguere tra realtà e finzione.
A tutti i cavalieri erranti.
In qualche modo, forse è giusto e ci sta bene…
a tutti i teatranti.

Fot.2

Fot.2 (in realtà si tratterebbe di “Viridina et le dragon”, ma sempre di qualcuno che con una lancia si getta vittoriosamente contro i ‘mulini a vento’ e Cardinali mi perdonerà per la contaminazione.

Semplice Faust, alla mano e ignaro di qualsivoglia supponenza, ma colto, intelligente, arguto e con un bel mazzo di sofisticate, preziose, chiavi di lettura e conoscenza. Enorme! Questo invero non lo pensavo ancora intanto che scazzato e senza voglia alcuna salivo la ripida strada che porta a Villa Gennaioli ad Anghiari sede della sua ultima retrospettiva. Un luogo strano e non certo deputato quasi un incidente di percorso. In questa catarsi del pensiero che è la modernità virtuale in cui tutti possono far tutto e finta di tutto, in questa rimodulazione… benvenuto anche al banchiere e o bancario gallerista in quella che fu la casa (ora fondazione) di uno dei “padroni” della banca nata da un casuale (occasionale?) amplesso tra il panno del Casentino color “fratino”, “bigio” e “topo” (Stia) e del tabacco, colore più o meno identico, (Anghiari). Insomma banca di credito cooperativo di Anghiari e Stia.

Plaudiamo, magna cum laude, all’intervento della Banca e alla trasformazione della casa suddetta in fondazione prima e oggi in galleria, spazio d’esposizione, casa delle arti mi par di aver letto sulla brochure della mostra. Due anni di pandemia, volenti o nolenti ci hanno rimodulato e costretti a pensare in modo nuovo e allora ben venga che questo spazio vuoto ed inutile sia finalmente riempito niente di più adatto a pensarci bene che l’arte totale di Cardinali che è sacra e dissacrante allo stesso tempo e nella stessa misura in una sintesi coinvolgente di estetica trascorsa e propria del passato di questa terra e di estetica che verrà. Non mi sembra che il Faust sia dedito a droghe e stupefacenti e non so se ancora a Parigi nei bistrot di Montmartre dalla valle dell’assenzio arrivi volteggiando per l’aere la fata verde, potrebbe essere che passeggiando per il Sacro Monte il Cherubino lo abbia investito di visioni certo è che la sua opera è nel passato e affascinante sintesi di futuro. Paris-la Motina (frazione di Anghiari, Fot.3, 4, particolari da “Fragments d’une table ronde” ).

Fot.3
Fot.4

Ci sono molti rimandi in mostra a questa frazione di Anghiari. Notiamo ad esempio un cesto di vimini del Tevere, intrecciato da un artigiano locale che fu modellato sulla forma e proporzione di due fusti da olio di metà secolo scorso in cui il nostro mise a decantare resina ed olio di sansa per produrre materia con cui ha poi rivestito il cesto medesimo (Fot.5, “la peur du vide”). Un rimando ai vinci con cui Leonardo ha imprigionato la volta e non solo della Sala delle Asse in Castello Sforzesco? Potrebbe! Anche Leonardo poi aveva il suo alchimista il grande Tommaso Masini alias Zoroastro da Peretola.

Fot.5

“Era uomo di trentasei in quarant’anni, di grande e di ben fatta persona, di colore ulivigno, nel viso burbero e di fiera guardatura, con barba nera arruffata e lunga quasi insino al petto, ghiribizzoso molto e fantastico. Aveva dato opera all’alchimia; era ito dietro e andava tuttavia alla baia degli incanti, aveva sigilli, caratteri, filattiere, pentacoli, campane, bocce, e fornelli di varie sorte da stillare erba, terra, metalli, pietre e legni: aveva ancora carta non nata, occhi di lupo cerviero, bava di cane arrabbiato, spine di pesce colombo, ossa di morti, capestri d’impiccati, pugnali e spade che avevano ammazzato uomini, la chiavicola ed il coltello di Salomone, ed erba e semi colti a varii tempi della luna e sotto varie costellazioni,…”

(Anton Francesco Grazini, “Le cene”)

Fot.6

(Fot.6 Lo Zoroastro nella scuola di Atene di Raffaello, in conciliabolo con Raffaello stesso -autoritratto nello stesso affresco- e, forse, il modello ispiratore potrebbe essere stato proprio il collaboratore di Leonardo)

Spesso, troppo spesso e la modernità ha liquidato ingiustamente e in fretta e furia: inquietudine, sopravvivenza, sogno, fiaba e sapienza alchemica.

Dalla Bohème di Parigi a quattro case sperdute in una valle in mezzo agli Appennini, ma si favoleggia che qui, alla Motina, l’orgasmo sia eterno e senza fine intanto che la beatitudine a Parigi sembra si sia esaurita da un pezzo da quando il 19 marzo del 1859 la prima rappresentazione del Faust ebbe luogo con successo al Théâtre Lyrique di Parigi diretta dal maestro Adolphe Deloffre. Di cosa vi devo parlare? Della macchina (Baptême: un affaire liquide) » realizzata nel 2001, nella chiesa di Saint-Sulpice a Parigi) che dispensa, attraverso colate di polveri di metallo, attestati di autenticità per collezionisti direttamente sul facsimile del loro certificato di battesimo? No non vi dico niente che mi verrebbe da sostenere che il socio occulto di Faust abbia dato fuoco apposta a Notre Dame de Paris per poter dire oggi che la macchina arriva direttamente dalla principale chiesa di Parigi… che Saint Sulpice era la seconda prima che la “Cantina di Francia” bruciasse.

Ve la presento qui in anteprima (Fot.7), ricostruita del seminterrato di villa Gennaioli, proprio intanto che il maestro attiva per noi una colata di polveri alchemiche (una performance in esclusiva per Stile Arte).

Fot.7

Volete che vi dica della tavoletta/sostegno con il buco dove si può infilare il pene e avere comodi coiti con una qualsiasi delle donne di Botero e o “belle culone” di Fellini? (Fot. 8 -opera-; 9 -disegno preparatorio di progetto-).

Fot.8
Fot.9

Geniale uovo di Colombo, invenzione che avrebbe rivoluzionato i “modi” dipinti in Vaticano da Giulio Romano e incisi da Marcantonio Raimondi (bolognese non per caso – Bologna la grassa-) e reso orgoglioso l’Aretino sul Canal Grande e viene in mente subito un culo enorme di Tiziano o Giorgione. Teorizzato il buco lo era già in tempi recenti – non so se prima o dopo Faust che ci ha dilettato anche, nel 2018, con l’agenda letteraria Pornologica (Fot.10).

Si chiamava -il buco- e si chiama ancora, in inglese che fa chic: glory hole (il foro della gloria). Si riferisce a un buco praticato in una parete o in un qualsiasi divisorio, ad esempio in bagni pubblici maschili o in altri luoghi particolari, attraverso il quale è possibile infilare il proprio genitale e compiere atti di origine sessuale o osservare altri impegnati a farlo, mantenendo tuttavia un discreto e ipocrita anonimato. Eros senza fine in questa mostra tra un orifizio… tanti buchi e simboli fallici di tutti i tipi persino in preziose zanne di cinghiale (Fot.11).

Fot.11

Il tutto coperto di sperma che è resina e che Faust l’alchimista che ci gioca chiama petrolio bianco (Fot.12).

Fot.12
Fot.13

Un dittico gigantesco che mette a dura prova la portata del pavimento, al piano nobile della villa, è l’ultima battaglia (Fot.13).

Battaglia che con Leonardo questa volta c’entra come il cavolo a merenda. Crolla finalmente, nel dittico premonitore, la diga di Montedoglio che tutta l’opera dell’uomo ha un fine. Una enorme colata di melma sperma latteo e bianchissimo inonderà, senza pietà la vallata che il fiume è sacro e incontenibile e qui ancora non è biondo di liquami. Biondo lo diverrà in prossimità di Roma. A Santa Fiora quindi non mangeremo più che tutti sommersi di molliccio e lattiginoso bianco saranno i campi e le case. Bianco che si dovrà indurire e dare forma. Ci ritroveremo Faust, sulle rive di sperma in prossimità della Motina, che gioca con la materia e tira fuori gioielli di ogni tipo (Fot. 14, 15, 16 -gioielli del passato, a titolo di esempio: il 14 celebra con ironia, a mio avviso, un’infelice ed improbabile recente copula, al Museo Civico di Sansepolcro tra Piero della Francesca e Alberto Burri; il 15 la ‘Chimera aretina parigina’ nella collezione del Musèe des Arts Decoratif (MAD);

Fot.14
Fot.15
Fot.16

l’ultimo, il 16, si chiama Croce di Montedoglio… ancora un rimando) e più che tra i sassi della Verna saremo tra quelli che hanno venduto l’anima al diavolo per amor di conoscenza… in paradiso ci sono i Santi, ma giù la compagnia pare migliore. “Per gli italiani l’inferno è quel posto ove si sta con le donne nude e con i diavoli ci si mette d’accordo” (Ennio Flaiano)! N.B. della battaglia di Anghiari Leonardo ha realizzato solo il cartone e nella realtà non l’ha mai dipinta, inutile cercarla… Torna presto a Parigi, amico mio, che questa terra che pure è di sirene incantatrici è per i vecchi che, a fine corsa, ritornano. Tu hai ancora del tempo.

Faust Cardinali nasce a Parigi nel 1961. Chissà per quali arcane coincidenze fu poi allievo, a Sansepolcro, del mio amatissimo Giulio Gambassi, altro gigante. Lavorando la materia Faust ha un non so che di pierfrancescano che avverto, ma che non vi so spiegare. Poi ha fatto troppe cose che non ho tempo e spazio per raccontare qui, ma potete sempre comprare un catalogo in mostra che li ci sono scritte. Ha opere in permanenza e o esposte al MAD (Fot.17 “3 Women’s house) che mi sembra di ricordare sia un luogo deputato e anche da altre parti nelle più importanti gallerie del vecchio mondo, ad esempio.

Fot.17

Frequenta anche la biennale di Venezia non solo i lupi e i cinghiali dell’Appennino. Stavo per dimenticarmi… la mostra non si può raccontare tutta che bisogna alzare il posteriore e andare a vederla oppure, se vi è più comodo, andate al Louvre o aspettate che torni a Parigi o magari Londra, Berlino che le chiusure e le emergenze avranno pur fine… il suo socio: il diavolo, ad esempio, frequenta assiduamente anche Roma e ha mezzi potenti pensate che buttò giù dalla rupe della Verna anche Francesco che, come tutti sanno, si salvò per miracolo grazie al soccorso divino sotto forma di angeli (Fot.18, particolare dell’ incisione di Raffaello Schiaminossi – altro grande di questa terra di cui ricorre quest’anno il quarto centenario dalla morte).

Fot.18