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Fede Galizia (1578–1630), l'agguerrita pittrice con la spada. La galleria delle opere




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Era nata a Milano, cinque anni dopo Caravaggio. Fede Galizia (1578-1630) è considerata uno dei fondatori del genere della natura morta, che tanta importanza assume nella città lombarda, forse perchè legata, nel clima dell Controriforma, al potenziamento della parte penitenziale e offertoriale della celebrazione eucaristica. Figlia di un pittore di miniature, Nunzio, originario del Trentino, Fede aveva appreso dal padre l’arte pittorica, nella sua protetta bottega. Le figlie d’arte avevano scarse possibilità di movimento poiché il loro onore era considerato superiore all’abilità pittorica. Padri e fratelli pertanto erano chiamati a controllarle e ad evitare problemi. Le difficoltà per le artiste non erano poche. Vivevano all’interno degli spazi dello studio, avevano una scarsissima mobilità, non partecipavano mai -nel caso il padre o i fratelli lavorassero anche nell’ambito della pittura murale -a cantieri. Una limitazione che spesso veniva vissuta con giusta insofferenza.

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Fede Galizia, Giuditta e Oloferne, (1596). Si ritiene che Giuditta sia un autoritratto della giovane pittrice. Le artiste amavano presentarsi nelle vesti dell’eroina biblica per sottolineare la propria forza e la propria autonomia rispetto al mondo maschile. Da notare, nel dipinto, l’accuratezza dei ricami e delle decorazioni, affrontate con un pennello da miniaturista. Una visione lenticolare della realtà, evidentemente appresa attraverso gli insegnamenti del padre, che era un miniaturista.

Fede fu precocissima, già all’età di dodici anni era considerata un’artista formata, così da essere menzionata da Gian Paolo Lomazzo, pittore e teorico d’arte. A diciott’anni realizzò lo splendido dipinto raffigurante Giuditta e Oloferne, un tema che, come si diceva, era particolarmente amato dalle artiste che trovavano il modo di sottolineare la propria abilità nell’affrontare un tema biblico drammatico, con figure e che sembravano proiettare su Giuditta stessa parte di sé nell’ambito di una forza esercitata di riequilibrio nei confronti del mondo maschile. Fu così che impugnò la spada sulla quale dipinse l’incisione del proprio nome Fede, che aveva pure il significato di ricordare la Fede nel Signore. La giovane pittrice venne incaricata della realizzazione di alcune pale – tra le quali ricordiamo Noli me tangere (1616, Milano, S Stefano),  per l’altare di Santa Maria Maddalena e di ritratti,ma fu soprattutto considerata.con il precursore Ambrogio Figino (1548-1608) – il suo piatto in peltro con pesche e foglie di vite, è stato datato tra il 1591 e il 1594 – ,Caravaggio e Panfilo Nuvolone, anch’egli pittore milanese, tra i fondatori del genere della natura morta autonoma, cioè come soggetto non inserito in altre composizioni. I suoi still life sono caratterizzati generalmente da eleganti alzate – centrotavola – con frutta, resa con straordinario realismo e morbidezza. Questa specializzazione, incentivata dalla diffusione del nuovo modello iconografico, la portò a lavorare molto in questa direzione. Tra le 63 opere inserite nel suo catalogo generale, ben 44 sono nature morte.  Fede Galizia preferì la pittura al matrimonio, dal quale sarebbe stata certamente allontanata dall’attività, e rimase pertanto nubile. Morì nel 1630, durante l’epidemia di peste che tanta parte avrebbe avuto, a livello di trama, nei Promessi sposi di Manzoni. Il 21 giugno di quell’anno, dettò le sue ultime volontà e si ritiene che sia morta qualche giorno dopo, lasciando un’eredità iconografica di particolare rilievo negli still life.