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I suoni del cosmo, cos'è lo strumento disegnato da Raffaello nella Scuola di Atene?




[“S]tudiate il monocorde e scoprirete i segreti dell’universo” amava dire Pitagora, uno dei protagonisti della Scuola di Atene di Raffaello. L’Urbinate raffigura in questo affresco i massimi pensatori del passato, ognuno caratterizzato da un oggetto stretto tra le mani, un atteggiamento, un particolare dell’abbigliamento ed altri piccoli dettagli che permettono di stabilirne l’identità.
Tra di essi vi è una figura – seduta sulla scalinata, nell’angolo sinistro – intenta a scrivere, mentre un discepolo sostiene una piccola lavagna sulla quale sono tracciati alcuni segni. Si tratta appunto di Pitagora, ricordato qui per le sue intuizioni filosofico-matematico-musicali.

Schema della divisione degli intervalli musicali secondo Pitagora
Schema della divisione degli intervalli musicali secondo Pitagora

Pitagora aveva sviluppato infatti una teoria cosmogonica fondandola sul concetto di armonia nel rapporto tra i numeri e gli accordi: una speculazione originata dall’analisi del suono ottenuto dalla vibrazione del filo di un monocorde. Pizzicando una corda divisa in due frazioni si poteva ottenere una nota di un’ottava superiore – in un rapporto 2:1 – rispetto a quando la si faceva vibrare per intera; dividendola in tre o più parti, la correlazione cresceva proporzionalmente. Da queste riflessioni nasce lo schema che il filosofo è intento a vagliare nell’affresco di Raffaello.
Osservando il particolare dell’opera è facile notare come la suddivisione preveda due intervalli di quarta (nell’immagine VI-VIII e VIIII-XII), due di quinta (VI-VIIII e VIII-XII), uno di ottava (VI-XII) e un intero, o epogdoon (VIII-VIIII).
Per Pitagora l’universo, assimilabile ad un monocorde, sarebbe costituito da un filo ininterrotto in grado di collegare la sfera celeste a quella terrestre, e ogni singola vibrazione di questo produrrebbe diversi effetti sulla realtà: emanazioni comprensibili solo a patto che si analizzino con scrupolo gli intervalli sonori del “monocorde terrestre”, inteso come strumento musicale, e si applichino le risultanze al “monocorde cosmico”.
Raffaello ha intuito la grandezza di questa rivelazione, ponendola, per importanza, al di sopra di tutti gli altri studi di Pitagora e riconducendola di proposito ad emblema dell’erudito pensatore.