La sepoltura è molto profonda. Nei secoli, tanta terra si accumulata, in quel punto. E il corredo sembra intatto. Quindi non si può pensare all’azione di qualcuno che abbia scavato, nel passato, per recuperare oggetti preziosi. e allora cosa può essere accaduto?

Facciamo un piccolo passo indietro. Nelle settimane scorse, lo scavo condotto dal personale del Museo Szent István Király, in Ungheria, a circa 50 km a ovest della capitale Budapest, ha riportato alla luce la tomba di un guerriero avaro di rango elevato. Il ritrovamento, situato tra Aba e Székesfehérvár, si inserisce nel contesto di una delle aree centrali dell’espansione avara nel VII secolo. Gli Avari, popolazione nomade di probabile origine turco-mongola, giunti nella Pannonia (quindi nel territorio dell’attuale Ungheria) nel VI secolo, costituirono una confederazione militare e sociale complessa, nota per il prestigio dei guerrieri, la produzione artigianale e metallurgica e le ricche pratiche funerarie.

La sepoltura, databile tra il 670 e il 690, presenta un fenomeno inquietante: la testa, il torace e l’addome del guerriero sono stati rimossi o gravemente danneggiati, mentre le braccia e le ossa della parte inferiore del corpo restano in ordine anatomico. Al contrario, la sciabola, le punte di freccia, il lungo coltello e gli ornamenti in argento e perle di vetro non furono toccati, lasciando intuire che la tomba non sia stato oggetto di una profanazione per il furto di preziosi.

Una possibilità è che la mutilazione fosse deliberata e rituale, destinata a neutralizzare il potere simbolico del guerriero o a trasmettere messaggi interni alla comunità avara. In alcune culture nomadi, la rimozione di testa e torace poteva rappresentare l’annullamento della forza vitale, impedendo al defunto di influenzare i vivi o ascendere come guerriero nell’aldilà.

Un’altra ipotesi, supportata da evidenze biologiche, riguarda l’aggressione da parte di animali selvatici. Se il guerriero fosse morto e rimasto esposto prima della sepoltura, predatori come lupi o orsi avrebbero attaccato preferibilmente le parti molli ricche di organi interni, cioè torace, addome e in parte la testa, lasciando intatti gli arti inferiori e superiori più poveri di tessuti vitali e più difficili da consumare. Questo scenario spiegherebbe perfettamente il disturbo selettivo del corpo, coerente con la profondità della tomba e con la conservazione intatta degli oggetti di prestigio, lasciando improbabile l’ipotesi di un furto.
Successivamente, i parenti o membri della comunità avrebbero recuperato i resti mutilati, collocandoli con cura nella tomba e inserendo i beni di prestigio, come la sciabola, il lungo coltello e gli ornamenti in argento e perle di vetro, preservandone il valore simbolico.



L’estrazione della sciabola è stata un’operazione complessa – per rispettarne l’integrità – realizzata grazie a una cassa costruita appositamente da un volontario del Community Archaeology Program.

Il restauro dell’arma e degli altri reperti, affidato dal Museo alla restauratrice Petra Bódisné Szalontai, sta rivelando dettagli eccezionali: la lama leggermente ricurva, affilata con precisione, con incisioni sottili probabilmente di significato simbolico o apotropaico, e l’impugnatura decorata con legno e argento, testimoniano il rango elevato del guerriero e la sofisticazione dell’artigianato avaro.
Le ipotesi più audaci collegano la mutilazione anche a pratiche rituali o sciamaniche: la rimozione della testa e del torace avrebbe potuto avere un ruolo postumo specifico, mentre la parte inferiore del corpo rimasta intatta fungeva da “ancora” spirituale. La combinazione tra ricchezza materiale e mutilazione selettiva riflette una cultura in cui il prestigio sociale, la forza militare e la gestione simbolica della morte erano strettamente intrecciati.
In sintesi, la tomba del guerriero avaro si configura come un enigma stratificato, dove storia, natura e ritualità si intrecciano. La sciabola, i gioielli e gli ornamenti consentono di comprendere la struttura sociale, le credenze e le strategie simboliche di una popolazione che dominava le steppe centrali europee del VII secolo. La combinazione di mutilazione selettiva, attacco predatorio e gestione rituale suggerisce una storia complessa e drammatica, in cui il guerriero fu al contempo vittima della natura, testimone di conflitti umani e oggetto di un seppellimento curato e simbolicamente significativo, evidentemente grazie ala cura di familiari. Oppure la tomba fu riaperta qualche anno dopo il seppellimento. E qualcuno prelevò testa – ed elmo – e un possibile pettorale del guerriero stesso? Che idea vi siete fatti di questa vicenda? Date un’ultima occhiata allo scavo.

Fonte: Museo ungherese








