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Il Simbolismo. Il sogno, lo spirito. Arte in Europa dalla Belle Époque alla Grande Guerra


Il Simbolismo è, al tempo stesso, un momento di chiusura al progresso e a una società dominata dall’imperio della quantità e di apertura per affermare una modernità che, sulla scia della poesia di Baudelaire, fa della resistenza al moderno il proprio segno di riconoscimento. Emblema della caduta e del fallimento, I fiori del male sono il punto di partenza di un momento culturale che si definisce in primo luogo attraverso la negazione: rifiuto del reale ridotto alla semplice percezione intuitiva, rifiuto dell’accademismo, rifiuto del naturalismo e del verismo. La lunga lista dei rifiuti sembra definire il simbolismo come l’ultima risposta alla triplice frustrazione dell’uomo moderno: frustrazione generata, storicamente, da Copernico (l’uomo non è più al centro dell’universo), da Darwin (l’uomo non è il compimento dell’evoluzione) e da Freud (l’uomo è incapace, per natura, di dominare le proprie pulsioni interiori).
Dal punto di vista figurativo, si avvia un recupero delle immagini di quel ‘paradiso perduto’ identificato  nella pittura dei primitivi italiani e, in generale, dei miti originari. Grande tramite di questa rivoluzione delle immagini è la letteratura, in cui il tema del sogno, del delirio indotto dagli oppiacei, della follia sembra unificare quella cultura europea che verrà rivoluzionata dal volume dell’Interpretazione dei sogni  pubblicata da Sigmund Freud a Vienna nel 1900.

Leo Putz Parsifal, 1900 Olio e tempera su tavola, 155 x 138 cm Collezione Siegfried Unterberger Courtesy Archivio Sigfried Unterberger
Leo Putz
Parsifal, 1900
Olio e tempera su tavola, 155 x 138 cm
Collezione Siegfried Unterberger
Courtesy Archivio Sigfried Unterberger

Ne deriva il recupero della dimensione onirica, del mondo eroico della mitologia, di temi scabrosi come l’amore erotico, la morte e il peccato.
Nel 2016 Palazzo Reale di Milano fece il punto degli studi, con una grande mostra, su uno dei movimenti artistici che hanno marcato il passaggio dall’Ottocento al Novecento, segnando il superamento della rappresentazione oggettiva della realtà e approdando a una dimensione più intima e soggettiva del reale.
Giulio Aristide Sartorio Le Vergini savie e le Vergini stolte, 1890‐1891 Olio su tavola, 188 x 205 cm Roma, Galleria d’Arte Moderna © De Agostini Picture Library / Getty Images – Courtesy Roma Capitale
Giulio Aristide Sartorio
Le Vergini savie e le Vergini stolte, 1890‐1891
Olio su tavola, 188 x 205 cm
Roma, Galleria d’Arte Moderna
© De Agostini Picture Library / Getty
Images – Courtesy Roma Capitale

La mostra, oltre a permettere un approfondito e aggiornato studio del periodo, ha reso possibile il restauro, la pulitura e la manutenzione di oltre dieci opere provenienti da Ca’ Pesaro di Venezia, dell’Autoritratto di Arnold Böcklin, della Galleria degli Uffizi di Firenze e delle cornici de L’Eroica di Gaetano Previati, dell’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra, e del polittico di Giulio Aristide Sartorio, Le Vergini Savie e Le Vergini Stolte, di proprietà della Galleria Comunale d’Arte Moderna di Roma.
Una delle sezioni più scenografiche della mostra milanese fu poi dedicata alla Biennale del 1907: una straordinaria vetrina di confronto tra l’arte italiana più evoluta, cresciuta anche dal confronto con le grandi mostre della Secessione di Berlino e di Vienna. Giulio Aristide Sartorio fu presente con l’imponente ciclo pittorico Il poema della vita umana, realizzato per la Biennale stessa, dove venne allestita la famosa Sala dell’Arte del Sogno che ha rappresentato la consacrazione ufficiale del Simbolismo in Italia.
Gustave Moreau Esiodo e la Musa, 1891 Olio su tavola, 59 x 34,5 cm Parigi, Musée d’Orsay © RMN / Hervé Lewandowski / RMN ‐ Réunion des Musées Nationaux / distr. Alinari
Gustave Moreau
Esiodo e la Musa, 1891
Olio su tavola, 59 x 34,5 cm
Parigi, Musée d’Orsay
© RMN / Hervé Lewandowski / RMN ‐ Réunion des
Musées Nationaux / distr. Alinari

Attraverso 18 sezioni tematiche, il percorso espositivo milanese furono percorse da atmosfere e dimensioni oniriche: accompagnato dalle poesie di Baudelaire, tratte dalla raccolta ‘I fiori del Male’ il visitatore attraversò le sale della mostra passando dalle rappresentazioni demoniache di Odillon Redon, alle rappresentazioni dei miti di Gustave Moreau, al vitalismo di Ferdinand Hodler, al colorismo dei Nabis. Le interpretazioni dell’amore di Giovanni Segantini, l’immaginario divisionista di Gaetano Previati e la magia della decorazione di Galileo Chini resero conto, tra l’altro, dell’importanza del movimento simbolista in Italia, permettendo così di riscoprire nomi meno conosciuti: Luigi Bonazza, seguace italiano di Klimt, Leo Putz, Giorgio Kienerk e gli scultori Leonardo Bistolfi e Amleto Cataldi. Il percorso espositivo fu chiuso immergendo lo spettatore nell’atmosfera fantastica delle Mille e una notte, il ciclo decorativo realizzato da Zecchin alla vigilia della Grande Guerra.