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Il tesoro di 1000 monete romane d’oro trovato a Como. Concluso lo studio. Scarica qui gratuitamente il libro


Nel settembre 2018 aveva fatto notizia lo straordinario rinvenimento, nel corso di indagini archeologiche condotte dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza e Brianza, Pavia, Sondrio e Varese, di un tesoro composto da 1000 solidi di V secolo d.C. e da alcuni altri manufatti aurei.


Ora è disponibile il volume di Grazia Facchinetti, Il Tesoro di Como. Via Diaz 2018 (con contributi di Maurizio Aceto, Fulvia S. Aghib, Angelo Agostino, Marco Balini, Roberto Bugini, Stefania Crespi, Costanza Cucini, Luisa Folli, Emiliano Garatti, Annalisa Gasparetto, Barbara Grassi, Federica Guidi, Maria Labate, Alessia Marcheschi, Elisa Possenti, Agostino Rizzi, Eliana Sedini), edito, in collaborazione con la Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del MiC, dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato nella collana Notiziario del Portale Numismatico dello Stato, che presenta i risultati degli studi dedicati a questo importante complesso.

Il volume è completato dalle vetrine virtuali, presenti sul sito www.numismaticadellostato.it, che presentano le schede di catalogo e le fotografie di tutte le monete e i reperti del Tesoro. Puoi scaricare gratuitamente il libro in formato Pdf, cliccando qui

Copie del volume possono essere acquistate presso l’e-shop dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato (https://www.shop.ipzs.it/editoria.html).

Grazie alla collaborazione fra la Soprintendenza e diversi enti di ricerca è stato possibile effettuare analisi scientifiche che hanno offerto importanti tasselli per l’interpretazione del Tesoro e per accrescere le nostre conoscenze sulla monetazione e sulla storia del V secolo d.C.

Le monete appartengono alle emissioni degli imperatori Arcadio, Onorio, Teodosio II, Valentiniano III, Marciano, Petronio Massimo, Avito, Leone I, Maioriano, Libio Severo, Antemio e Anicio Olibrio. Sono presenti solidi anche a nome delle Auguste Aelia Pulcheria, Galla Placidia, Giusta Grata Onoria e Licinia Eudossia.
Sono presenti per lo più emissioni di zecche occidentali, con prevalenza di quella di Milano da cui provengono ben 639 solidi. Ciò indica che il Tesoro fu costituito in Italia settentrionale, nell’area direttamente dipendente da Milano per l’approvvigionamento monetale.

L’esame dei segni presenti sulle monete ha consentito di avanzare una proposta di ricostruzione della catena operativa di produzione, dall’affinamento del metallo, alla realizzazione dei tondelli e alla coniazione e di indicare quali dovevano essere le caratteristiche e le dotazioni degli spazi in cui avvenivano le diverse operazioni.

Se, infatti, per la verifica della temperatura dell’oro fuso erano necessari ambienti bui dotati di piccoli forni, per la coniazione era opportuno che le stanze avessero buona illuminazione e disponessero di postazioni di lavoro con incudini e martelli.

La presenza di frammenti di ferro in alcune monete è indizio del recupero dell’oro proveniente dalla limatura dei bordi per aggiustare il peso. Durante questa operazione i frammenti delle lime potevano non essere riconosciuti e finivano mischiati all’oro da rifondere.

La presenza nel Tesoro di consistenti gruppi di monete che non presentano tracce d’uso e che sono stati prodotti con la stessa coppia di conii suggerisce che il Tesoro contenga porzioni di pagamenti effettuati direttamente dalle casse imperiali a un ricco privato o a un ufficio pubblico. Si tratterebbe quindi di una riserva, costituitasi in almeno 15-20 anni, e nascosta fra la fine del 472 e i primi mesi del 473, ovvero fra la morte di Anicio Olibrio e la nomina ad imperatore di Glicerio nel marzo 473.

Fra i gioielli nascosti con le monete, i tre anelli portano segni d’uso mentre gli orecchini appaiono non finiti e devono provenire da un atelier orafo come pure gli altri manufatti in oro, fra cui un frammento di lingotto che le analisi hanno rivelato essere composto da una lega di oro e argento analoga a quella utilizzata per i monili. La presenza di questi oggetti dipende dalla volontà di preservare tutto il metallo prezioso che era stato possibile raccogliere.
I risultati degli studi sono ora pubblicati nel libro di Grazia Facchinetti, Il Tesoro di Como. Via Diaz 2018 (con contributi di Maurizio Aceto, Fulvia S. Aghib, Angelo Agostino, Marco Balini, Roberto Bugini, Stefania Crespi, Costanza Cucini, Luisa Folli, Emiliano Garatti, Annalisa Gasparetto, Barbara Grassi, Federica Guidi, Maria Labate, Alessia Marcheschi, Elisa Possenti, Agostino Rizzi, Eliana Sedini), edito, in collaborazione con la Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del MiC, dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato nella collana Notiziario del Portale Numismatico dello Stato.

Il volume è diviso in cinque sezioni tematiche che illustrano il contesto archeologico, la composizione del Tesoro e le attività di documentazione durante il microscavo, il contesto storico, le monete, i gioielli e gli altri manufatti aurei e si conclude con un capitolo dedicato alla ricostruzione dei possibili motivi che possono aver spinto nasconderlo e all’identificazione del proprietario.