Press "Enter" to skip to content

La magica ed estinta pianta del profumo di Cleopatra appare su un anello antico trovato alla base del Muro del Pianto


E’ stato trovato in un cunicolo, durante gli scavi archeologici in un antico canale di scolo, alla base del tempio di Gerusalemme, sotto il Muro del Pianto. E’ un gioiello, un’ametista che decorava un anello che, come nella glittica dell’epoca – l’arte dell’incisione di gemme e pietre dure – aveva la funzione magica di proteggere chi la portava e di costituirne il sigillo d’identità.
Un po’, possiamo dire, come gli anelli dei nobili europei che recano uno stemma totemico di protezione identitaria e che venivano utilizzati come marchio per sigillare documenti od oggetti confezionati.

Sulla pietra del cunicolo è stato trovata  incisa la figura di una colomba con il ramo di una pianta misteriosa. Non è l’ulivo, collegato all’episodio biblico dell’approdo, dopo il diluvio, dell’Arca di Noè, ma un albero sconosciuto con cinque drupe. Una sintesi dell’antico incisore o ci troviamo di fronte all’unica rappresentazione dell’afarsemon, pianta balsamica che produceva un intensissimo “profumo di donna” e che fu una delle armi di seduzioni utilizzate da Cleopatra, oltre che essere citata nella Bibbia e dalle fonti romane come un profumo unico al mondo?

Gli studiosi israeliani sono propensi a credere che sia la raffigurazione della mitica essenza arborea – detta anche cachi biblico – che cresceva sul mar Morto e che aveva un valore elevatissimo. Cleopatra – probabilmente dopo pressioni diplomatiche insistenti – ricevette in dono le due piantagioni di Ein Gedi e Gerico. Uniche e di inestimabile valore. Le fonti narrano di un profumo sensazionale, mentre le leggende sostengono che Cleopatra ne fosse al punto rapita da intridere le vele delle barche che la portavano all’incontro con i suoi amanti. Il balsamo doveva imitare e potenziare il profumo dolce e salino, con sentore di miele, della donna, nei giorni fecondi. La chiave sarebbe legata al fatto che la pianta misteriosa aveva caratteristiche di rendere schiavi i maschi e, al tempo stesso, di ottenere effetti terapeutici.

“Si tratta di un ritrovamento importante perché potrebbe essere la prima volta al mondo che viene scoperto un sigillo con un’incisione della preziosa e famosa pianta, di cui fino ad ora si poteva leggere solo nelle descrizioni storiche”, ha detto Eli Shukron, che , per conto dell’IAA e del Comune di Gerusalemme, ha effettuato lo scavo in cui è stato scoperto il sigillo, alle fondamenta del Muro Occidentale.

La pianta – che sarebbe stata una specie autoctona del Mar Morto o comunque la variante locale di un’altra essenza – si sarebbe estinta, anche se alcuni produttori israeliani hanno recuperato e monitorato alcuni vegetali che potrebbero rilevare strette parentele se non essere i discendenti dell’antica essenza arborea del balsamo. Alcuni botanici sostengono che la fonte effettiva fosse un albero di terebinto del genere Pistacia. Una famiglia che, in Italia, allo stato selvatico, è rappresentata dal lentisco (Pistacia lentiscus, da cui si ricava una resina edule detta mastice di Chio) ed il terebinto (Pistacia terebinthus) stretti parenti dell’albero del pistacchio (Pistacia vera).

Anche numerose fonti romani testificano l’assoluta rarità del balsamo e la sua produzione in una zona limitata, attorno a Gerico. Plinio il Vecchio – che era molto analitico nelle sue annotazioni, riferiva che questo balsamo veniva estratto da tre diverse specie di una pianta autoctona, che cresceva solo in Palestina; la prima con foglie sottili; la seconda un arbusto scabro e attorto; e la terza, ancora, un arbusto con corteccia liscia che diventava più alto dei primi due.

In sostanza Plinio dice che queste piante erano sempreverdi ma somigliavano a quelle della vite e che le modalità di coltivazione erano le stesse. Il balsamo si ricavava raccogliendo le gocce sottili della pianta, dopo averne inciso delicatamente la corteccia.
Nel mosaico del pavimento dell’antica sinagoga di Ein Gedi, una scritta mette in guardia coloro che tradiranno “il segreto del villaggio” minacciandoli di terribile maledizione.

Plinio il Vecchio ci racconta di una sanguinosa lotta fra gli abitanti di Ein Gedi, detentori del segreto, ed i romani, ansiosi di potersene impadronire. Ciò che apparirebbe è che il balsamo veniva prodotto – come riferisce Plinio – dalla contestuale crescita di tre essenze arboree. Il segreto degli abitanti del luogo era quello – probabilmente – di conoscerne la miscelazione. QUI SOTTO, IL FILMATO DELLA SCOPERTA