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Uomini molestati. La padrona concupiscente. Il desiderio nei quadri di derivazione biblica


La purezza tradita nel torbido clima del desiderio sessuale risulta uno dei temi che i pittori traggono, tra Cinquecento e Seicento, dalla Bibbia. Due episodi risultano in tal senso speculari: la vicenda di Susanna e i vecchioni – tema esplorato con un’assiduità che diviene quasi ossessiva – e la storia rapinosa di Giuseppe e della moglie di Putifarre, la quale offre al giovane servo il burro infinito del proprio corpo languidamente abbandonato nell’alcova, intrisa dai profumi dell’amore. Insomma: nemmeno nel passato remoto le molestie sessuali erano sconosciute. E riguardavano – riguardano, con meno violenza fisica, ma con forzature psicologiche e stalking – anche i maschi.

Se il tracciato narrativo della vicenda di Susanna canta, pur con le poetiche, erotiche licenze dei pittori che non risparmiano ampie concessioni alla sensualità e al voyeurismo, la virtù della fedeltà coniugale premiata, il secondo illustra, in chiave morale, i rischi che il buon servitore – e pertanto il buon fedele – deve affrontare pur di rispettare il patto con il padrone che è al tempo stesso un uomo e, in chiave simbolica, Dio, il quale comanda di non desiderare la donna d’altri. Sarebbe quasi inutile ribadire che queste nudità sensuali, sulle quali i pittori compiono una forzatura della fonte biblica, per dichiararne implicitamente la liceità della rappresentazione, diventavano ottime occasioni per fornire ai committenti materiale scabroso.

Una delle più sensuali interpretazioni del tema di Giuseppe e della moglie di Putifarre giunge da Tintoretto, che intride di miele autentico il desiderio torrido della stanza in cui avviene il tentativo di adescamento, quasi che il luogo fosse un interno veneziano di seta e cuscini percorso dall’atmosfera elettrica di uno scirocco greve .

Stilisticamente contiguo alle solari carnalità del Veronese, il quadro – un olio su tela di 54×117 cm, realizzato attorno al 1555 – ornava il soffitto di una magione lagunare, con altre cinque tele dedicate a storie bibliche. Le opere vennero acquistate da Velázquez nel corso del secondo viaggio a Venezia, per conto di Filippo IV. L’autore ferma l’istante nel quale la bella donna, modellata dalla sinuosità della libido, inizia, tirando a sé il lembo di un mantello, a spogliare il giovane, in quel desiderio smodato che percorrerà la letteratura fino alla desacralizzazione dell’unione coniugale de L’amante di lady Chatterley di David Herbert Lawrence, dove la violenza dell’istinto, in una cornice che non conosce limiti se non quelli voraci dell’oscura volontà carnale, diventa elemento dirompente di una rivoluzione sociale privata.

giuseppe e la moglie di putifarre Leonaert_Bramer
Giuseppe e la moglie di Putifarre, disegno di Leonaert Bramer

E la storia che sta alle spalle di questo momento di stillante erotismo? Siamo in Egitto. Giuseppe, venduto dai fratelli, viene acquisito da Putifarre, il capo delle guardie del faraone.
Il giovane ebreo mostra immediatamente grandi virtù, sicché è nominato dal generale suo servitore personale e, in seguito, responsabile del palazzo e amministratore delle proprietà. L’avvedutezza e il lavoro svolto dallo schiavo portano ben presto frutti nelle casse di Putifarre, il quale si fida ormai ciecamente di lui.
Un giorno, mentre il padrone è assente, la moglie di lui cerca di sedurre Giuseppe, ma il giovane fugge, lasciandola con un lembo del proprio abito tra le mani. La donna, per tutelarsi da una possibile delazione dello schiavo e per disporre la sua vendetta, giunge a calunniarlo davanti al marito, che ne dispone l’arresto. La libertà viene riacquistata da Giuseppe in seguito all’interpretazione del sogno del faraone. Nella Bibbia (Genesi 39,6-20), naturalmente, non appare alcun accenno alla nudità della moglie di Putifarre, che risulta invece un acceso elemento carnale nella versione fornita da Tintoretto e da numerosi altri artisti che scelsero d’affrontare questo tema.

 

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