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L’abbaiare del cane e le bestie in allerta davano un senso preciso alle scene dipinte


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Se la pittura merita di essere considerata a pieno titolo antesignana dell’arte cinematografica, la rappresentazione di animali da compagnia nei quadri può, analogamente, essere ritenuta una sorta di colonna sonora ante litteram.

Una ricerca condotta da Maurizio Bernardelli Curuz (Stile 101, settembre 2006) evidenziava il ruolo rivestito da cani e gatti nella delineazione dell’atmosfera della scena pittorica. Non sono poche le opere che avvalorano questa ipotesi: il mustelide che stringe tra le braccia la giovane favorita di Ludovico il Moro, Cecilia Gallerani, drizza gli orecchi come se avesse udito un suono repentino, inaspettato, forse provocato dalla venuta dell’amato. Con il suo sguardo vibrante la bestiola anticipa ed enfatizza la trepidazione di Cecilia, e indirizza l’osservatore verso un lontano fruscio.

“L’atteggiamento di allerta ‑ scrive il direttore di Stile ‑ si configura come uno dei massimi esempi della funzione iconografica svolta, nei dipinti, dagli animali da compagnia, che si rivelano, nella maggior parte dei casi, non tanto come elemento scenografico, quanto come autentici motori di senso finalizzati al condizionamento della scena stessa”. Cani e gatti, dunque, come indicatori di tracce sonore, atti a coinvolgere non solo la vista ma anche l’udito dello spettatore.

“Tranquillità, disagio, attesa, pericolo incombente saranno spesso comunicati allo spettatore ‑ e in modo sempre più sottile e virtuosistico, proprio a partire da Leonardo ‑ attraverso gli atteggiamenti delle bestiole. La stessa funzione orientativa, nel cinema, centinaia di anni dopo, sarebbe stata svolta dalla colonna sonora”. Il pittore (il regista) assegna alle bestiole da compagnia (i tracciati musicali) il compito di delineare il valore e il grado dell’atmosfera psicologica della scena effigiata (la sequenza filmica).

Tiziano, Diana e Atteone. Il piccolo cane che abbaia indica allo spettatore che Atteone irrompe, non desiderato, sulla scena. Attraverso la raffigurazione di questa basilare presenza animale, l’artista carica di conflittualità drammatica il “fotogramma” pittorico
Tiziano, Diana e Atteone.
Il piccolo cane che abbaia indica allo spettatore che Atteone irrompe, non desiderato, sulla scena. Attraverso la raffigurazione di questa basilare presenza animale, l’artista carica di conflittualità drammatica il “fotogramma” pittorico

In questo senso Pisanello costituisce uno dei precedenti più importanti: nella Visione di sant’Eustachio i segugi evocano una contingenza conflittuale. Un nobile cavaliere, seguito da uno stuolo di cani da caccia, si imbatte in un cervo sulle cui corna è miracolosamente cresciuto un Crocifisso. La sua ostilità è palesata dal levriero ai piedi del cavallo, che digrigna i denti al cospetto del cervo. Per contestualizzare la scena il maestro tardogotico inserisce un altro segugio, dal manto grigio, intento ad inseguire una lepre, in modo da spiegare che l’incontro tra Eustachio e Cristo avviene nel corso di una battuta di caccia.

Al centro dell’Annunciazione Lorenzo Lotto inserisce un gatto che fugge terrorizzato per l’irruzione dell’angelo. Il felino, emblema del mondo demoniaco, non è disposto ad accogliere la parola di Dio: la venuta del messaggero celeste è fonte di repulsione e paura per coloro che non intendono aprirsi al Cielo. All’interno dello studio, descritto con minuziosità fiamminga, della Visione di sant’Agostino, Vittore Carpaccio dipinge un cagnolino dal pelo bianco e folto. Il santo viene rapito dal bagliore della luce divina proveniente da destra; l’animale riproduce la reazione del padrone, volgendo il muso verso quel chiarore denso e soffuso al tempo stesso. La sua presenza, in questo caso, assolve la funzione di rendere sensorialmente percepibile al fruitore dell’opera la radiosa realtà della visione mistica.


L’irruzione di Atteone, che sorprende Diana intenta a rinfrescarsi in compagnia delle Ninfe, presso una fonte, è anticipata dal cagnetto ai piedi della dea, che abbaia agguerrito alla vista dell’esperto cacciatore. In Diana e Atteone, quadro eseguito da Tiziano alla corte di Filippo II, l’intervento della bestiola risulta determinante dal punto di vista narrativo: avverte le divinità ‑ e soprattutto lo spettatore ‑ dell’indesiderata presenza, consentendo loro di coprire le nudità.

Risentita dell’impudenza del giovane, la dea della caccia ‑ identificabile grazie al crescente lunare ‑, perpetrerà una spietata vendetta, trasformandolo in cervo e destinandolo ad una tragica morte: Atteone perirà sbranato dai suoi stessi bracchi. Lo spettatore è coinvolto emotivamente dalla scena: percepisce, grazie all’atteggiamento aggressivamente ringhioso del cagnolino, l’intrusione dell’uomo come un atto di violenza, che viene a turbare una situazione di intima quiete.

Peter Paul Rubens, Susanna e i vecchioni, 1636-1639, Alte Pinakothek, Monaco di Baviera. Da osservare il piccolo cane chiamato a dare un senso alla scena. Abbaiando furiosamente alle due persone che appaiono alle spalle della giovane donna l’animale consente all’osservatore di capire che i due personaggi sono “nemici” e pertanto non sono attesi dalla ragazza.