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Le trame eversive e il filo della coerenza di Carla Mura


Carla Mura, iniziamo con una breve scheda anagrafica, come se leggessimo una carta d’identità. Nell’ambito dell’espressione artistica può immediatamente specificare il suo orientamento stilistico ed espressivo?
Il mio orientamento artistico è di tipo realistico in riferimento alla vita stessa e a tutto ciò che concerne viverla nel bene e nel male, con tutte le sfumature possibili, toccando tanti argomenti importanti che più avanti indicherò. Per quanto riguarda l’espressione utilizzo, come materiale, filo di cotone, ormai dal 2004, per realizzare le mie opere.

Carla Mura, foto di Chiara Leone
Carla Mura, foto di Chiara Leone

 
 
Ci può raccontare imprinting visivi, immagini artisticamente ossessive, che hanno preceduto e assecondato la scelta di intraprendere la strada formativa per diventare artista?
 Gli imprinting visivi li ho avuti dai vari viaggi che ho fatto in età adolescenziale, a partire dall’America per finire con L’Africa. New York è stata una metropoli di grande attrazione visiva; l’impatto ottico che i grattacieli e i monumenti più importanti davano (come la statua della libertà o le twin tower allora ancora esistenti), hanno costituito, nella mia mente e nella mia persona, una forte componente evolutiva. In Tanzania ho potuto vivere e vedere il contrario della commercializzazione e del progresso, vivendo con i bambini poveri che gioivano per una confezione di rullini fotografici, con i quali giocavano per ore, utilizzandoli come scatoline per le conchiglie o per la sabbia. Lì ho avuto una grande spinta artistica iniziando nel 2001 a realizzare i quadri con spezie africane importate dalla Tanzania e gli acrilici.


La formazione vera e propria. Dove e su cosa ha particolarmente lavorato? Sono esistite, in quel periodo, infatuazioni espressive poi abbandonate? Come si sviluppa e si conclude – nel senso stretto dell’acquisizione dei mezzi espressivi – il periodo formativo?
 Quando ho iniziato a dipingere l’ho fatto, comprandomi una tela e due acrilici,  il bianco ed il marrone che, in quel momento della mia vita, erano per me colori vicini. Ho lavorato per anni con gli acrilici, con la sabbia poiché in quel periodo abitavo in Sardegna, mia terra d’origine, e con materiali diversi come la rafia, le pietre, la plastica, il legno, le foglie. Ho realizzato centinaia di quadri astratti e concettuali, “arpeggi naturali” unicamente realizzati con le mani che avevano un’astrazione con una componente naturalistica, espressionista, molto francese. Il concettuale invece ha come temi la precarietà con il quadro “l’altalena” o la risoluzione di problemi come “la chiave”, o l’affermazione del pensiero come l’opera “affermazione”realizzati negli anni 2002-2003. Infatuazioni espressive abbandonate? Diciamo che non si abbandonano mai definitivamente ma si evolvono.
 
Nell’ambito dell’arte, della filosofia, della politica, del cinema o della letteratura chi e quali opere hanno successivamente inciso, in modo più intenso, sulla sua produzione? Perché?
 La filosofia la amo, leggo da tanti anni libri di filosofia: Nietzsche, Schopenhauer, Kant ed altri , e devo dire che loro riescono a spiegare in parole quello che spesso io sono. Questo per me è geniale, i filosofi sono delle persone estremamente delicate e visionarie, al contrario di come potrebbe sembrare. Mi sento molto vicina a loro, mi fanno vivere la vita con un pizzico di intensità in più e mi incoraggiano al futuro anche quando scrivono in modo pessimistico e distruttivo. La politica purtroppo in questi anni non può avermi influenzato per come sono fatta io poiché abbiamo assistito e purtroppo ancora assistiamo, nel 2013, a una confusione tale di principi e valori che se pensassi alla politica quando creo, penso che potrei fare danni (sono ironica).  Sono fiduciosa che nei prossimi tempi l’Italia in particolare riesca a superare i momenti di lotta continua ( senza riferimenti specifici)  e si trovino soluzioni adeguate per tutti. Il cinema mi piace tantissimo, vado spesso al cinema e sono amante dei film intensi, sia d’amore che di cronaca, potrei elencarne qualcuno come Cinema Paradiso (una delle più belle colonne sonore mai scritte ed interpretate) , Lezioni di Piano, Neil, Il miglio verde, The Other , Rain Man, Billy Eliot, Il colore dell’anima, La vita è bella – ma sono tanti i film che mi piacciono e sicuramente riscontrare una certa sensibilità nei registi e negli attori che ideano o interpretano questi film fa bene a me come a tante altre persone, quindi influiscono sicuramente su mio stato d’animo per la creazione di opere nuove. La letteratura ho dovuto riprenderla anche dopo la scuola perché non l’ho fatta benissimo nelle scuole che ho frequentato, ho studiato molto di più la filosofia e la scienza. Ad oggi però preferisco leggermi un libro di filosofia o d’arte ed a volte qualche poesia. La letteratura italiana comunque è bellissima, è lo specchio di quella che era l’Italia più bella quando io non ero nata o quando i miei genitori erano piccoli. Grande rispetto per gli altri e semplicità di espressione, quello che dovremmo riconquistare oggi, dando alle parole il loro vero significato salvo qualche piccola eccezione, perché quando è un’eccezione può essere divertente ma se diventa un’abitudine perdere di vista la lingua italiana può essere, ed infatti ad oggi è, molto pericoloso per le interazioni tra le persone.
Gli esordi come e dove sono avvenuti? Ci può descrivere le opere di quei giorni e far capire quanto e come le stesse – anche per opposizione – abbiano inciso sull’attuale produzione?
 Gli esordi sono stati in Sardegna, lì a Cagliari ho fatto le mie prime esposizioni particolarmente nella galleria Man Ray, dove appunto ho fatto personali e collettive e successivamente altre gallerie. Ho avuto da subito un bel riscontro di pubblico ed ho prodotto veramente tanto. Nell’attuale produzione incidono in termini di esperienza visiva sia nel bene che nel male, rispetto ad alcuni periodi sono sicuramente più positiva.
Quali sono stati gli elementi di svolta più importanti dall’esordio ad oggi. Possiamo suddividere e analizzare tecnicamente, espressivamente e stilisticamente ogni suo periodo?
 Passerei da un periodo iniziale di astrattismo puro e materico, ad uno,  dopo qualche anno – appunto verso il 2002 – di tipo concettuale, fino al 2004, quando ho iniziato ad accostare l’acrilico e la sabbia al filo di cotone per poi proseguire fino ad oggi con il filo di cotone e quasi esclusivamente con esso. Adesso la mia nuova fase è quella di legare l’elemento fotografico al filo e di progettare come se i miei lavori fossero architetture: quindi molto rigore, pulizia visiva; diciamo: arrivo all’essenziale per una determinazione di pensiero, quindi di apprendimento e trasmissione al mio pubblico.
Carla Mura, Guardando alto, filo-di cotone su legno, 2010
Carla Mura, Guardando alto, filo-di cotone su legno, 2010

 
 
Ci sono persone, colleghi, collezionisti, galleristi o critici ai quali riconosce un ruolo fondamentale nella sua vita artistica? Perché?
Le persone che mi hanno sostenuto nella mia vita artistica non sono state tante; molte persone non hanno capito la mia cretività sin dall’inizio e a volte mi prendevano per matta o per scostante.  Di fatto, spesso è accaduto che fossi particolarmente attiva e ho tralasciato rapporti di amicizia ed a volte anche d’amore. Poche persone hanno realmente capito la mia personalità e quelle sono state veramente incoraggianti e vicine, aiutandomi anche economicamente, quando ne ho avuto bisogno. Sicuramente persone che hanno lavorato con me per vari motivi. Qualche gallerista sicuramente ha creduto in me, sin dall’inizio, tanto in Sardegna quanto a Roma. I critici li conosco quasi tutti in Italia, da Bonito Oliva a Sgarbi, almeno i più importanti. Ho sempre ricevuto giudizi positivi per i miei quadri con il filo ed anche per i miei astratti di inizio carriera. Certo poi collaborare, lavorare ed avere di tutti uno scritto diventa complicato, anche se prossimamente avrò una presentazione di due critici molto bravi e soprattutto sensibili ( per come intendo io la sensibilità). Ho letto tanti libri di critica e storia del’arte,  da Argan a Bonito Oliva a Sgarbi a Pietromarchi a Daverio a Beatrice a Bonami ad Angela Vettese piuttosto che scritti di Palma Bucarelli o Peggy Guggheneim  e ad ognuno attribuisco il merito di avermi insegnato qualcosa perché quando si è veri amanti dell’arte ed artisti qualunque nuovo argomento merita di essere esaminato per poi trarre soggettivamente conclusioni o pensieri.
Materiali e tecniche. Ci può descrivere, analiticamente, come nasce una sua opera del periodo attuale, analizzandone ogni fase realizzativa, dall’idea alla conclusione?
In passato il mio lavoro era puramente istintivo; adesso, invece, spesso c’è un progetto di base o nel caso in cui ho voglia di fare un omaggio  ( per esempio Omaggio a Degas del 2013). Studio bene l’ opera, scelgo “l’elemento” che mi piace di più e lo reinterpreto con le mie tecniche. I colori sono fondamentali per me, ad ognuno do una intensità precisa e le tecniche cambiano a seconda del progetto. La conclusione avviene da sola, guardando e “sentendo” il mio quadro.
Progetti nell’ambito espressivo e tecnico?
I miei progetti attuali sono di varia natura. Continuo a realizzare opere con il filo ma, come ho già detto,  a differenza dei primi anni in cui era tutto basato su un approccio d’istinto, adesso lavoro  anche con una progettualità, sicuramente con l’aggiunta di nuovi colori e tecniche che rendano più esaustive le rappresentazioni dei  i miei stati d’animo ed il mio pensiero. E poi il disegno per un progetto che riguarda la denuncia della precarietà, la mancanza di onestà intellettuale. Sono abbastanza rigida, in questo. Credo nei valori fondamentali, in un mondo degno di essere vissuto nel migliore dei modi e sono convinta che chiunque possa renderlo più bello di quello che è, umanamente parlando.
Ha gallerie di riferimento? Dove possono essere acquistate le sue opere?
Le gallerie di riferimento in questo momento sono La Tartaruga e La Diagonale a Roma, Vecchiato Art Galleries a Padova, ma sono in espansione poiché ho un progetto in Germania ed in Toscana nei prossimi mesi.
Orientativamente, quali sono le quotazioni o comunque i prezzi delle sue opere, indicando le commisurazioni?
Ho ad oggi un coefficiente di 2,3, quindi un quadro cm 50 x 50 costa 2.500 euro.
A parte lei – che diamo come autore da acquisire – può indicarci il nome di colleghi di cui acquisterebbe le opere nel caso fosse un collezionista?
I miei colleghi che acquisterei molto volentieri sono abbastanza inserisco italiani e stranieri nello stesso elenco, per comodità.  Mi piacciono molto i vestiti delicati di Piero Pizzi Cannella; poi le opere di  Silvia Camporesi, Nico Vascellari, Stefano Arienti, Luca Pignatelli, Marc Quinn, Christo,  Gerard Demhez, Jan Fabre, Urs Fischer, Kiki Smith,  Hermann Nitsch  e per i fotografi Matteo Basilè, Valentina Vannicola, Francesca Woodman. L’elenco è solo parziale.
 
Lo studio di Carla Mura  è a Roma, tra il Pantheon e Piazza Navona. Il sito è www.carlamura.com
 
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