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Salvator Mundi. Quante copie antiche da Leonardo! Pazzesco. Scegli la migliore. Nell'articolo


LEONARDO NEL V CENTENARIO DELLA MORTE
(parte prima)
2019, Festeggiamenti in onore di Leonardo… Ciaccie fritte, bombarde, fuochi d’artificio, ricchi premi & cotillons intervenite numerosi! (Fot.1)

Fot.1

di Roberto Manescalchi
Già siamo in pieno anno leonardiano e sul genio spuntano studi ogni piè sospinto. Ormai tutti hanno da dire qualcosa anche chi non ha mai aperto un libro in vita sua. Studiare in questo mondo virtuale è poco più che un’optional. Importanti sono i followers ed i like e con loro tutto diventa vero e credibile.
Sedetevi ad un tavolo impomatati e brillantinati e, importante, non dimenticate gli addetti delle agenzie di stampa davanti a voi, un ricco buffet a latere – meglio se per pochi e non per tutti – e sparate pure senza problemi. L’indomani avrete pontificato e vostra sarà la fama e la gloria! Sempre peggio, andiamo sempre peggio, che dei sapienti virtuali solo qualche anno fa non v’era traccia e la battaglia allora era solo con i cacciatori di becchime cui, oggi, gli imbonitori virtuali si vanno ad aggiungere. Così aumentano i parassiti della società con l’attenzione fissa al bottone che, pigiato, fa scendere soldi che sarebbero destinati a, più che giuste, commemorazioni, celebrazioni e studi. Inutili sanguisughe la cui ignoranza ben si accoppia alla totale mancanza di pudore.
Con aria saccente e la puzza sotto il naso, sciorinano titoli, spesso guadagnati malamente. Predestinati per censo, genetica e o bestiale accoppiamento più che ai libri si riferiscono, quasi sempre, ai lombi. Sono, per dirla con Leonardo: “transito di cibo, produttori di sterco e riempitori di destri (cessi)”. Ormai chi è che non presiede un qualche fantomatico centro studi e o fondazione da utilizzare alla bisogna? Il povero Leonardo si rigira nella tomba! Imperversano di questi tempi i falsi Modigliani che, anche per il livornese, siamo in vista delle celebrazioni del primo centenario dalla morte e tra processi e sequestri viviamo un clima da caccia alle streghe.
Così non sembra essere per Leonardo di cui di tanto in tanto, da sempre, sbucano fuori, in ogni dove, opere nuove. Consci che la nostra battaglia per la verità sia perfettamente inutile andiamo comunque contro i mulini a vento cominciando oggi con il mostrarvi un Leonardo quantomeno desueto. Sorta di viatico per chi, oltre a verità virtuali e precostituite, fosse affascinato dagli studi sul genio e amasse il discernimento che muove dall’intelletto e dalla ragione.
L’OPERA PIU’ COSTOSA
Iniziamo a partire dal Salvator Mundi (Fot.2)
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in quanto opera che per ora detiene il titolo di più costosa al mondo. Come già detto in altro articolo – su questo giornale – crediamo che l’artefice possa essere indicato, più che in Leonardo, nel suo allievo Boltraffio e con noi oltre al direttore Maurizio Bernardelli Curuz Guerrieri, in qualche modo, gli esperti di Sotheby’s che lo batterono addirittura come “copia da Boltraffio” nel 1958. Ignoriamo il nome dell’acquirente che riuscì a farla sua per la considerevole cifra di 45 sterline.
Da allora le vicende della tavola sono più o meno note fino all’acquisto – a un asta di Christie’s (novembre 1917) – da parte dell’erede al trono saudita Mohammed Bin Salman che se lo assicurò per la modica cifra di 450 milioni di dollari. Bin Salman, dopo qualche giorno, comprò il super yacht Topaz dallo sceicco degli Emirati Arabi Uniti Mohammed Bin Zayed e sembra che lo abbia pagato esattamente 450 milioni di dollari. Che il nostro abbia scambiato un Leonardo per uno yacht?
Il mai dimenticato Giulio Andreotti avrebbe detto che a pensar male si fa peccato, ma quasi sempre ci si indovina. Noi che siamo bastardi dentro, ma non a sufficienza, ci limitiamo a pensare che al principe piacciano acquisti da 450 milioni di dollari. Tuttavia il dipinto sembra effettivamente passato nella disponibilità dello sceicco degli Emirati che poco dopo venne dato l’annuncio che il dipinto era nella disponibilità del Department of Culture and Tourism di Abu Dhabi, che lo avrebbe esposto nella sede del Louvre della città a partire dal 18 settembre 2018.
L’esposizione è poi stata rinviata senza motivazione ufficiale e a tutt’oggi non sappiamo se la stessa avverrà mai. Secondo Frank Zöllner (università di Lipsia) e Mark Daley (Art Watch Uk) Leonardo avrebbe solo abbozzato il Salvator Mundi, ma la realizzazione dell’opera sarebbe quasi esclusivamente opera di suoi non meglio precisati allievi. Ci sarebbero poi anche Matthew Landrus, (Oxford) secondo cui la mano sarebbe quella di Bernardino Luini e Jerry Saltz (critico d’arte ed editorialista del New York Magazine) che considera il dipinto “un’impostura (…) totalmente morto… inerte, verniciato, lurido, ripulito e ridipinto così tante volte che sembra, a seconda dei giorni, nuovo e vecchio”. Ovviamente ci assumiamo la paternità della libera traduzione virgolettata.
A quanto già precedentemente scritto, sempre in questa sede, oggi aggiungiamo la convinzione che l’opera non sia neanche di Boltraffio, ma piuttosto della più o meno sapiente mano di “microchirurgia ricostruttiva” della restauratrice Dianne Dwyer Modestini e l’inossidabile convinzione ci deriva dalla visione delle due foto antecedenti il restauro (Fot. 3).
Fot.3

Era forse Boltraffio, ora è, di fatto, un “Modestini” in virtù dell’ultimo restauro e senza la fin troppo facile e possibile ironia sulla effettiva qualità del dipinto. Nessuna traccia pervenuta dell’ “ineffabile sinistra mano”. Naturalmente nessun dubbio sul fatto che Leonardo abbia dipinto un Salvator Mundi. Oltre a questa copia che con fatica riconduciamo ad un ipotetico Boltraffio conosciamo: la versione del Giampietrino del Detroit Institute of Arts (Fot. 4);
Fot.4

quella di Cesare da Sesto di Palazzo Wilanów a Varsavia (Fot.5)
Fot.5

quella di anonimo del Sammlung Stark di Zurigo (Fot.6);
Fot.6

quella, sempre di anonimo già nell’inglese Worsey collection ed oggi in ubicazione sconosciuta (Fot.7);
Fot.7

c’è poi la copia del Museo Diocesano di Napoli (Fot.8);
Fot.8

il Salvator Mundi di Giovanni Previtali della National Gallery di Londra (Fot. 9);
Fot.9

Il Salvator Mundi della Cappella Muscettola di San Domenico Maggiore a Napoli (Fot.10)
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e quello di scuola veneta nelle milanesi raccolte artistiche del Castello Sforzesco (Fot.11);
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quello dipinto dal piccolo diavolo Salai già di Bernardo Caprotti patron di Esselunga ed oggi in Ambrosiana (Fot.12)
Fot.12

… ne abbiamo dimenticate certamente moltissime versioni. Se tutti gli allievi del maestro e non solo si sono cimentati illustrando questo soggetto difficile e o altamente improbabile che Leonardo in vita non l’abbia dipinto a meno di considerare l’antefatto ispiratore, il “moderno” da copiare, l’affresco staccato, di impianto pierfrancescano, di Melozzo degli Ambrogi (Melozzo da Forli, Fot. 13), proveniente dalla Basilica dei SS. Apostoli (Roma) e finito chissà come nella Galleria Nazionale delle Marche ad Urbino.
Fot.13

Modello antecedente di circa cinquanta anni a quelli di ambito leonardiano, attribuito sempre a Melozzo, ma secondo noi lontano dai suoi modi, anche il Salvator Mundi della Galleria Nazionale dell’Umbria a Perugia Fot.14.
Fot.14

Dal sostenere quanto sopra al sostenere l’autografia a Leonardo del Salvator Mundi, battuto per 450 milioni di dollari da Christie’s, ovviamente ce ne corre. Rileviamo che sequestrano falsi Modigliani a destra e manca con un fervore e un senso del dovere più unico che raro ed, ovviamente, a nessuno passerebbe neanche per l’anticamera del cervello di andare a sequestrare un Giampietrino e o un Previtali. Conosciamo l’autore? Che dire delle copie di Salvator Mundi di anonimi? Non è stato venduto a 450 milioni un Boltraffio? Pensate se ci avessero attaccato su un bel cartellino con su scritto Boltraffio e ditemi poi che cifra avrebbe raggiunto in asta.

Con l’edizione di domani “Tutto Gioconda”, sempre di Roberto Manescalchi