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Leonardo: scoperta una nuova scena della battaglia d'Anghiari? Lo studio di Manescalchi

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di Roberto Manescalchi
La modernità conosce la battaglia di Anghiari di Leonardo attraverso la splendida copia che, del capolavoro perduto del Vinci, ha realizzato Pieter Paul Rubens nel 1603. Rubens che, tuttavia, non può non aver interpretato da par suo proponendoci un Leonardo certamente rivisitato. Gli studiosi, rilevati pochi schizzi e frettolosi disegni di studio e o preparatori del Vinci medesimo, considerano e tengono conto di altre copie degne di un qualche significato. Ecco l’elenco delle principali:
– Raffaello Sanzio, disegno 1504 ca. Ashmolean Museum, Oxford. Schizzo frettoloso, quasi rubato, che deriva, probabilmente, dalla visione degli appunti di Leonardo medesimo, ma è Raffaello e testimonianza preziosa.
 
– Tavola Doria che, secondo alcuni, è forse la testimonianza più diretta e pregnante dell’opera di Leonardo che l’avrebbe addirittura realizzata. Secondo altri (me compreso): «È un’opera scolastica, goffa, meccanica, ripetitiva, d’infima qualità…» La Tavola, sparita da Napoli nel 1940, si conosceva attraverso le foto, è recentemente ricomparsa e restituita all’Italia dal Fuji Art Museum di Tokyo.

 
– Copia Rucellai (Milano collezione privata), secondo parte della critica, sarebbe bozzetto da attribuire a Leonardo, ma, a nostro avviso, trattasi di anonimo molto meno dotato.
 
– Copia degli Uffizi, disegno attribuito a Leonardo, ma, anche questo, molto più probabilmente, di anonimo del XVI sec.
 
– Palazzo Vecchio, copia di anonimo del XVI sec.
 
– Palazzo Vecchio (coll. Loeser) gruppo (zuffa) di cavalieri, dipinto su embrice di anonimo di fine sec XVI inizio XVII, da Federico Zeri (mi pare di ricordare) ricondotta alla Battaglia di Anghiari.
 
– Museo Horne Copia di anonimo del XVI sec.
 
– Zacchia Lorenzo, incisione del 1588
 
– Edelinck Gerard, disegno e superba incisione. Presso il The Fogg Art Museum, Harvard University il disegno del 1657. Nelle più prestigiose collezioni pubbliche e private l’incisione del 1660
 
– Fedi Antonio e Carboni Matteo, incisione povera e di scarso interesse del 1781-1785
Tutte le copie, anche quelle che non abbiamo citato, sono riferite a quella che possiamo immaginare la parte centrale del perduto lavoro di Leonardo e o a parte di essa. Più precisamente, quella che raffigura un gruppo di cavalieri in lotta per uno stendardo. Copie che, unitamente a quella di Rubens (fu in Italia per circa quindici anni ai primi del Seicento) sono originate – almeno le più vecchie – certamente dal cartone vinciano, ma che seppur simili nelle linee essenziali non sono neanche tanto concordi nei particolari e mostrano l’un l’altra delle varianti dovute alla libertà e qualità del copista o, forse, alla necessità dei copisti di dover interpretare un modello – il cartone di Leonardo – in stato di pesante degrado.
«In questo proposito cadde in sul ragionar di Michelagnolo Buonarroti; che ne fu causa un disegno che io avevo fatto, ritratto da un cartone del divinissimo Michelagnolo. Questo cartone fu la prima bella opera che Michelagnolo mostrò delle maravigliose sue virtú, e lo fece a gara con uno altro che lo faceva: con Lionardo da Vinci; che avevano a servire per la sala del Consiglio del palazzo della Signoria. Rappresentavano quando Pisa fu presa da’ Fiorentini; e il mirabil Lionardo da Vinci aveva preso per elezione di mostrare una battaglia di cavagli con certa presura di bandiere, tanto divinamente fatti, quanto imaginar si possa. Michelagnolo Buonarroti, in nel suo dimostrava una quantità di fanterie che per essere di state s’erano missi a bagnare in Arno; e in questo istante dimostra ch’e’ si dia a l’arme, a quelle fanterie ignude corrono a l’arme, e con tanti bei gesti, che mai né delli antichi né d’altri moderni non si vidde opera che arrivassi a cosí alto segno; e sí come io ho detto, quello del gran Lionardo era bellissimo e mirabile. Stetteno questi dua cartoni, uno in nel palazzo de’ Medici, e uno alla sala del Papa. In mentre che gli stetteno in piè, furno la scuola del mondo.»
Così ci dice Benvenuto Cellini nel prezioso racconto della sua vita. Le parole del Cellini continuavano da anni a martellarmi in testa, ma le poche copie conosciute del perduto capolavoro di Leonardo sopra elencate (alcune realizzate dopo che Cellini scrisse il suo racconto) non potevano certo giustificarle, che per essere “scuola del mondo” sembra necessaria una testimonianza generata da quantità di copie ragionevolmente più ampia.
Con tutta la buona volontà non possiamo inserire nel novero delle copie le migliaia di fogli di cavalli o scene di battaglia d’accademia sette-ottocentesca che spesso, tra l’altro, dovrebbero pagare evidenti debiti iconografici alla classicità e ad autori antecedenti al nostro, quali Spinello Aretino, Paolo Uccello e (assolutamente sette cieli sopra) l’ immenso Piero in San Francesco ad Arezzo.
Presto, tuttavia, ci siamo imbattuti nei modellini in cotto di Giovan Francesco Rustici, allievo di Leonardo, che non sappiamo se realizzati a partire dal cartone o al modo pierfrancescano, perché propedeutici alla realizzazione dello stesso. Propendiamo per la seconda ipotesi, stante che gli stessi sembrano studi atti a stabilire esatte movenze e posizioni delle varie componenti del realizzando cartone e o dipinto … Vasari nella vita di Piero della Francesca scrive:
«Dilettossi molto costui a far modelli di terra, et a quelli metter sopra de’ panni molli, per ritrarli con infinità di pieghe».
In letteratura abbiamo reperito notizia di cinque modellini di Giovan Francesco Rustici: due si trovano in Palazzo Vecchio (già collezione Loeser); uno è conservato al Louvre; uno può essere ammirato al Bargello (si trova esposto nella sala dedicata a – sic! – Michelangelo e l’ultimo battuto in una asta di Christie’s supponiamo sia in una qualche casa privata.
I bozzetti in cotto del Rustici, andando a sommarsi alle copie disegni, incisioni e dipinti, contribuiscono certamente, comunque e in ogni caso – anche se dell’opera leonardiana dovessero essere intese come anticipazioni –, a dare un minimo di senso a quanto sostenuto dal Cellini. Che tuttavia, con la sua affermazione priva di oggettivo riscontro, continua a procurarci un non celato senso di profonda insoddisfazione verso questa ricerca. Certo è che se Leonardo e Michelangelo sono stati scuola del mondo (non abbiamo motivo di dubbio che un po’ Benvenuto avrà esagerato, ma mentire è altra cosa) di certo devono essere stati copiati. E forti di questo convincimento ci siamo messi in cerca di battaglie. Abbiamo quindi reperito e acquisito una copia fresca ed integra dalla battaglia di Anghiari di Pierre Nolasque Bergeret, precursore francese dell’arte litografica. La stampa realizzata dal Bergeret, più unica che rara, stante che non esiste nel catalogo online del Louvre, British Museum, Albertina e Istituto Nazionale della Grafica e che proponiamo qui per la prima volta nella sua interezza

 
oltre al noto gruppo centrale, propone un interessante ampliamento della scena sulla destra del classico combattimento per lo stendardo. Sotto la sua realizzazione Bergeret scrive: «La composition de cet ouvrage célébre dans l’histoire de l’art n’était pas connue en entier».
Fin qui niente di nuovo, ma subito dopo lo stesso aggiunge: «Cette lithographie a étè calquèe sur un dessin de Leonard de Vinci, qui est dans le porte feuille de M. Bergeret Peintre d’Histoire».
La litografia del nostro sarebbe, dunque, derivata direttamente da un disegno di Leonardo. Tarda la stampa del Bergeret (Ottocento inoltrato, probabilmente intorno alla metà del secolo) e nessuna traccia del disegno di Leonardo, del quale la litografia dovrebbe esser copia diretta; pur tuttavia perché dubitare della parola del francese? Tanto più che la conduzione del disegno nella stampa al nostro occhio di critico, sembra assolutamente congrua e in linea con una possibile parte che Leonardo avrebbe potuto aver dipinto sulla destra del gruppo già conosciuto. Convinti di aver, probabilmente, aggiunto un tassello rilevante alla possibile ricostruzione del perduto affresco, ci siamo dedicati con nuovo entusiasmo all’attento esame delle immagini di quelle che credevamo inutili di scene di battaglia che nel frattempo avevamo impilato sul tavolo di lavoro. Tra tutte la nostra attenzione è stata calamitata dalla foto del bassorilievo che Giovan Battista Foggini ha realizzato in Santa Maria del Carmine (per altro già associato, se non al dipinto vinciano, di certo alla battaglia di Anghiari, stante che illustra l’intervento di Sant’Andrea Corsini in favore dei fiorentini in occasione dell’evento-battaglia). Il bassorilievo, considerato da sempre il capolavoro del Foggini (1685-1687), mostra, tra le altre figure, quella di un fante in atto di infilzare con la sua daga (corta spada, se più vi piace, che non siamo esperti d’armi) il collo di un cavallo che irrompe da destra sulla scena del combattimento.

C’è voluto veramente poco per rilevare e rimarcare che scena analoga era presente anche in uno dei modellini del Rustici (tuttotondo, qui sotto) provenienti dall’atelier di Leonardo e assolutamente contemporanei allo scomparso dipinto vinciano

e nell’ampliamento di scena proposto nella stampa di Bergeret.

 
Certo non abbiamo piena certezza che quanto realizzato da Rustici sia stato poi dipinto effettivamente da Leonardo e Foggini avrebbe potuto essersi ispirato al modellino di Rustici (non possiamo certo escludere che Foggini possa averlo visto o avuto per le mani) e non al dipinto di Leonardo (quel che poteva restare del cartone al suo tempo) o copie dello stesso oggi perdute. Tuttavia Bergeret non dice di essersi ispirato a una scultura di Leonardo (avrebbe potuto scambiare per tale un eventuale modellino di Rustici) … dice di aver calcato un disegno originale del Vinci. Riassumendo, ci troviamo di fronte ad un gruppo (fante e cavallo) presente in forme analoghe e molto simili in tre opere (vedi confronto, qui sotto):

-un opera che proviene direttamente dall’atelier/scuola di Leonardo.
-un opera di oltre un secolo e mezzo posteriore al dipinto di Leonardo, realizzata in Firenze da artista
che avrebbe potuto aver avuto accesso a fonti iconografiche dirette ancora conservate in città al suo tempo.
-un opera tarda, ma di studioso pittore di storia (come si definisce Bergeret), che testimonia il suo
lavoro provenire da fonte diretta (disegno del Vinci).
Sembra che la logica ed il calcolo delle probabilità rendano piuttosto difficile ed improbabile che le tre prove possano essere tutte dipendenti tra loro e possano altresì prescindere tutte e tre dal reale aspetto del capolavoro di Leonardo. Crediamo, quindi, di poter ragionevolmente affermare che, oggi siamo addivenuti alla conoscenza di un altro piccolo pezzo di quanto immaginato (di certo realizzato in cartone) dal genio di Leonardo per la sua battaglia di Anghiari.

 
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