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Mauro Gandolfi – Un artista giacobino dagli Appennini agli Appalachi


 

Mauro Gandolfi (Bologna, 1764 - ivi, 1834), Autoritratto, olio su tela, inv. 409. Bologna, Pinacoteca Nazionale.
Mauro Gandolfi (Bologna, 1764 – ivi, 1834), Autoritratto, olio su tela, inv. 409. Bologna, Pinacoteca Nazionale.

Mauro Gandolfi (Bologna, 1764 – 1834), pittore, incisore e colto intellettuale, ebbe una vita intensa, il cui periodo più creativo si svolse nel turbolento periodo giacobino, in una città travolta dagli eventi storici, abbandonando per quasi un ventennio il governo pontificio, ed assaporando i concetti di Liberà, Uguaglianza e Fratellanza giunti con le truppe napoleoniche nel 1796.

Appartenente ad una delle più importanti dinastie di artisti locali, Mauro fu anche padre attento e moderno, infatti spesso nei suoi viaggi portava con sé la sua amatissima figlia Clementina (1795 – 1848), infondendole l’amore per le arti ed avviandola alla pittura. Rimasto vedovo di Laura Zanetti, ebbe un terzo figlio, Democrito (1797 – 1874), dal secondo matrimonio con Caterina Pini, ed anch’egli diventerà artista, ritagliandosi un ruolo di un certo rilievo nella scena scultorea ottocentesca italiana.
Mauro Gandolfi (Bologna, 1764 - ivi, 1834), Cupido dormiente, incisione, 1820
Mauro Gandolfi (Bologna, 1764 – ivi, 1834), Cupido dormiente, incisione, 1820
Con la drammatica conclusione dell’Impero napoleonico nel 1815, la posizione pubblica di Mauro Gandolfi si fece con ogni probabilità troppo compromessa, in quanto aveva partecipato in maniera attiva al governo giacobino ed aveva eseguito diverse commissioni artistiche di chiaro stampo progressista. E’ forse per questo motivo che nel 1816 compie un lungo viaggio negli Stati Uniti, spinto però anche da sincera curiosità per vedere un paese in cui i suoi amati ideali repubblicani erano divenuti realtà. Questo fortunato e fortunoso viaggio è giunto fino a noi nei suoi Ricordi, ora interamente disponibili a tutti nel web. E di cui riportiamo qui di seguito alcuni stralci.
Mauro Gandolfi (Bologna, 1764 - ivi, 1834), emblema repubblicano, incisione. Collezioni d'Arte e di Storia della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna
Mauro Gandolfi (Bologna, 1764 – ivi, 1834), emblema repubblicano, incisione. Collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna
Al momento della morte, nel 1834, con il suo testamento nominò erede universale il Conservatorio della Santissima Annunziata di Bologna. Da qui ne nacque una causa da parte della figlia Clementina, la quale tentò invano di avere almeno il suo amatissimo pianoforte, a suo tempo regalatogli proprio dal genitore. L’unico bene a lei concesso nel testamento fu invece un autoritratto paterno, preparato dal padre in copia anche per il fratellastro Democrito.Per approfondirne la biografia e leggere i “Ricordi di un viaggio negli Stati Uniti”: http://www.storiaememoriadibologna.it/certosa/gandolfi-mauro-481181-persona
“Ci slanciammo finalmente sull’onde salse per misurare colla robustezza della fisica costruzione nostra l’immenso Oceano ed in giorni 35 (secondo la Gazzetta di Nuova York) fra un misto di piaceri di un genere per noi affatto nuovo, e di fondati timori di morte giungemmo in America.”
Autoritratto del pittore Mauro Gandolfi all'età di cinquanta anni. In collezione privata si conserva il disegno preparatorio per questa incisione
Autoritratto del pittore Mauro Gandolfi all’età di cinquanta anni. In collezione privata si conserva il disegno preparatorio per questa incisione

“15. Viver libero negli Stati Uniti new york  Prima però di inoltrarmi nel farvi l’abbozzo di questo bel paese, giova il rimarcare che nessuno vi domanda il passaporto; nessuno cerca chi voi siate, cosa far vogliate; niuno è soggetto alla carta di sicurezza; e messo una volta piede a terra, vi si è liberi di trascorrere tutta la estensione degli Stati e di commerciare franchi da qual si voglia visita, contribuzione o tassa doganale. Ogni classe di persone vi è ammessa, e malgrado ciò voi direste che la giustizia, la sicurezza personale e della proprietà insomma che le virtù tutte sono qui innate e spariti sono i vizi da questo suolo fortunato. Oh Dio! Diceva fra me stesso, facendo il confronto fra questo e altri paesi, sarebbe mai che l’uomo inviperisse contro la propria specie vedendosi contrariato da tante leggi umilianti? Sono le leggi che formano i costumi, o piuttosto i costumi semplici che formano le leggi? Decidetelo voi; in quanto a me, mi sembrano veri fenomeni inesplicabili.” “80. Tradimento Ma non vi sarebbe merito nel coglier rose se a queste unite non fossero le spine. Perciò l’ultima sera dei dieci giorni di soggiorno fatto in Gibilterra, in causa della mia temerarietà, corsi pericolo di restar vittima insieme alla mia governante, di due avanzi di galera italiani. Al tramontar del sole chiudonsi le porte della città, e per favor speciale del comandante la Piazza, vi è la tolleranza di mezz’ora per entrare e uscire dalla piccola particella, che mette alla lingua di terra suddescritta. Noi che in ritardo ci trovammo, a stento potemmo da quella uscire non volendo pernottare fuor di bastimento. La distanza per andare al porto era di conseguenza, ed avendo scorto un battello alla spiaggia mi vi accostai, e feci il contratto per esser portato al “Tridente” dai due marinai padroni del detto battello. Non tardai ad accorgermi che costoro prendevano una direzione diametralmente opposta alla determinata, né giovarono le mie più vive rimostranze. Alcuni motti in gergo napoletano d’altronde sfuggiti a coloro mi confermarono nell’idea, che costoro ci volessero assassinare col favor delle tenebre, nel fondo della baja in terra disabitata. Rimuovo la mia governante, balzo furioso in piedi, impugno le mie due pistole, una la pongo in seno e colla sinistra afferro il piccolo timone della barchetta, e grido ai traditori di punirli di morte, se all’istante non girano di bordo, o cessano un momento di remare a tutta possa: Ah! bene mio! per S. Gennaro!…. e simili vilissime espressioni ed ubbidiscono.”