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Milano, restaurate le torri romane del museo archeologico


Concluso il restauro delle due torri romane (quadrata e poligonale “di Ansperto”) del museo Archeologico: un importante intervento di recupero conservativo nell’area della città antica, completato nei tempi previsti. In autunno potranno essere finalmente aperte al pubblico. La rinascita delle due torri arricchirà ulteriormente l’itinerario storico-culturale della “Milano Romana”: nove tappe a piedi, da via San Giovanni sul Muro a San Lorenzo, che  i milanesi e i turisti già in questi giorni d’estate possono percorrere, alla (ri)scoperta dei luoghi del passato. Questo primo itinerario sperimentale è stato pensato da Palazzo Marino, anche in vista di Expo 2015, nell’ambito del progetto di valorizzazione dei siti e dei beni archeologici della città antica, con nuove targhe, mappe e un’innovativa segnaletica in prossimità degli incroci. Un’iniziativa che vede la collaborazione del Comune e del Civico Museo Archeologico, con un contributo della Regione e la partecipazione del Consiglio di Zona 1.


milan
A guidare milanesi e turisti sono le mappe WalkMi-Milano cammina, con le indicazioni per visitare i siti, i musei e i monumenti presenti in città. Le mappe sono state installate, in collaborazione con Atm, nei mezzanini e nelle banchine delle stazioni della metropolitana di Cairoli, Cordusio, Duomo, Cadorna, Sant’Ambrogio e Porta Genova.
walkmi
Lungo il percorso sperimentale da Cairoli a San Lorenzo è possibile seguire anche una nuova segnaletica a terra: 35 “bolli” rossi da 30 cm di diametro orientano i visitatori tra i resti archeologici presenti nelle vicinanze, con l’indicazione della destinazione finale e del tempo necessario per raggiungerla a piedi. Questa nuova segnaletica permette di seguire le deviazioni indicanti i monumenti raggiungibili in pochi minuti e di ritrovare poi il percorso principale continuando il viaggio nella città romana.
torri milano
Altra novità: targhe con informazioni in italiano e in inglese sono state posizionate sulle facciate degli edifici, sia pubblici sia privati, dove sono presenti resti romani: sulle targhe è presente il QR Code per l’accesso tramite smartphone ai siti web del Turismo e del Civico Museo Archeologico.
Una mappa “Milano Romana”, infine, è a disposizione dei visitatori del Civico Museo Archeologico.
Nell’ambito del percorso sperimentale “Milano Romana”, le due torri appena restaurate sono una testimonianza ben visibile nel giardino delle Civiche Raccolte Archeologiche, della nuova cerchia muraria risalente all’imperatore Massimiano. La torre poligonale è collegata a un imponente tratto di mura che continua, a livello di fondazioni, anche nei sotterranei del Museo. È l’unica della cerchia massimianea conservatasi integralmente, con rifacimenti di epoche successive. È nota anche come Torre di Ansperto, poiché la tradizione milanese indicava il vescovo di Milano Ansperto da Biassono (869-881) come il costruttore o il restauratore della struttura. Alta 16,60 metri, la torre è a ventiquattro lati all’esterno e circolare all’interno. Poggia su fondazioni circolari in conglomerato di malta, ciottoli e frammenti laterizi, dello stesso tipo di quelle che si ritrovano nei resti di torre poco più a nord, sempre nell’area del Museo.

Queste le tappe più significative del percorso “Milano Romana”

Il percorso sperimentale parte da via S. Giovanni sul Muro (MM Cairoli), dove sorgevano l’antica cerchia muraria e la Porta Vercellina, costruite dopo l’ottenimento della cittadinanza romana nel 49 a.C. e che racchiudevano un’area di quasi 80 ettari (il perimetro era di circa 3.500 metri) ed erano circondate da un fossato dove affluivano le acque del Seveso.
In via Brisa sorgeva il palazzo dell’imperatore Massimiano (che occupava l’area tra via Torino e corso Magenta). Il palazzo era sia la residenza imperiale sia luogo di rappresentanza, e comprendeva anche le terme private e il circo (l’equivalente dell’ippodromo), dove l’imperatore si mostrava solennemente ai sudditi. Di questo vasto quartiere polifunzionale, rimasto almeno parzialmente in uso forse fino al X secolo, si conservano oggi a vista in via Brisa soltanto resti di un edificio di rappresentanza, dotato di impianto di riscaldamento ma molti resti archeologici sono ancora conservati sotto gli edifici circostanti.
Tra via Circo e via Vigna sorgeva il circo, costruito alla fine del III secolo d.C. dall’imperatore Massimiano Erculeo, dove si svolgevano le corse dei carri, molto amate dal popolo, fino al VI secolo d.C. Qui nel 604 d.C. viene proclamato re dei Longobardi Adaloaldo. Nei secoli successivi viene progressivamente spogliato e demolito. La sua definitiva distruzione risale probabilmente al 1162 d.C. ad opera del Barbarossa o dei milanesi stessi, per impedire agli assedianti l’utilizzo come roccaforte contro la città. Prima della riscoperta del monumento a partire dal 1939, si perde addirittura memoria della sua ubicazione, ricordata soltanto dai nomi di via Circo e delle chiese di Santa Maria ad Circulum e Santa Maddalena ad Circulum, sorte presso il lato curvo dell’antico edificio e demolite nel 1789.
Nel giardino del Museo Archeologico, in corso Magenta 15, sono ben conservati un tratto della cinta muraria massimianea e la torre “di Ansperto”, a ventiquattro lati. Le mura continuano nei sotterranei del Museo. La presenza in città dell’imperatore Massimiano e della sua corte alla fine del III sec. d.C. modificò profondamente l’assetto della città. La costruzione della residenza imperiale e del circo determinò sicuramente lo svuotamento di alcune aree centrali della città e di conseguenza l’ampliamento dell’abitato ben oltre le mura repubblicane nel settore est, che venne circondato di nuove mura; la nuova cerchia raggiunse così un perimetro di 4.500 metri. A ovest la cinta muraria comprese parzialmente il circo di recente costruzione, che sul lato curvilineo, destinato anche a funzione difensiva, venne dotato di feritoie.
Tra piazza Affari e via S. Vittore si trovano i resti del teatro, l’edificio pubblico più antico della città tardo repubblicana o augustea (metà-fine del I secolo a.C.), che testimonia l’importante momento storico in cui Milano, municipium romano dal 49 a.C., si dota di edifici pubblici, sacri e profani. A pianta semicircolare, l’edificio poteva ospitare circa 8.000 spettatori, che prendevano posto sulle gradinate sostenute da arcate e gallerie. Utilizzato per rappresentazioni teatrali, giochi, feste e riunioni, continuò a ospitare assemblee popolari fino al XII secolo, quando, in seguito alle distruzioni compiute dall’imperatore Federico Barbarossa nel 1162, se ne perse memoria.
In via Morigi 2 si trovano i resti di pavimento in battuto di malta con inserti di marmo testimoniano la presenza delle domus, di cui restano tracce assai labili, che raramente e soltanto in parte consentono di ricostruire la planimetria delle case, soggette a ristrutturazioni, cambi di destinazione d’uso, distruzioni e ricostruzioni, a causa della continuità di vita della città.
In largo Carrobbio sorgeva la Porta Ticinensis, l’unica porta urbica della cinta muraria di  I sec. a.C. parzialmente conservata: la torre, nota come “torre dei malsani” perché annessa a un lebbrosario, alta 9 metri e attualmente inglobata in un edificio moderno, costituiva la torre poligonale destra – per chi esce dalla città – della Porta Ticinensis, composta da due fornici (passaggi) e da due torri laterali. La porta sorgeva all’incrocio di quattro assi stradali (quadruvium da cui l’attuale Carrobbio) due interni e due esterni, uno per Ticinum (l’attuale Pavia), l’altro per Habiate (Abbiategrasso).
Le colonne di San Lorenzo e il portale di Sant’Aquilino, in corso di Porta Ticinese: il colonnato marmoreo davanti alla facciata di San Lorenzo è il monumento romano meglio conservato e più famoso di Milano. Fu eretto in epoca tardo antica (probabilmente nel V secolo d.C.) come prospetto scenografico dell’atrio antistante la chiesa, ma è costituito da colonne, basi, capitelli e frammenti di architrave assai più antichi, recuperati da un ignoto edificio pubblico della seconda metà del II secolo d.C. Sempre nel complesso laurenziano è reimpiegato un altro eccezionale elemento architettonico in marmo, anch’esso di provenienza sconosciuta ma appartenente in origine a un edificio pubblico della fine del I secolo d.C.: il portale che introduce al corpo ottagonale della cappella di Sant’Aquilino.

La chiesa di San Lorenzo, nonostante i danni subiti nel corso del tempo, il superbo edificio paleocristiano, fuori dalle mura, lungo la via per Ticinum (Pavia) e presso le acque della Vepra, si conserva ancora in gran parte. La pianta, con corpo centrale quadrato su cui si aprono quattro esedre affiancate da quattro torri laterali e tre cappelle ottagonali, è la più antica testimonianza conosciuta di chiesa “tetraconca” (con quattro pareti ricurve). Preceduta da un atrio oggi perduto con fronte decorata da un colonnato di reimpiego, l’edificio è stato variamente datato tra il IV e il V secolo. Studi attuali, sostenuti anche da recentissime indagini archeometriche combinate con rilievi stratigrafici delle murature, ipotizzano che la costruzione sia avvenuta nel periodo compreso tra 390 e 410 d.C.
Il sacello di Sant’Aquilino (in San Lorenzo). Per la sua forma e la ricchezza dell’interno, di cui ora si conservano solamente alcune tracce, il sacello è stato considerato un mausoleo imperiale. Attualmente è possibile visitare, nel sotterraneo, anche la platea di fondazione su cui poggia l’edificio, formata da blocchi di pietra squadrati, provenienti in gran parte dalla demolizione del vicino anfiteatro. La cappella di Sant’Aquilino, che recenti indagini propongono di datare tra 390 e 430 d.C., si compone di un atrio a forcipe e di un corpo ottagonale all’esterno, articolato internamente in un alternarsi di nicchie semicircolari e ottagonali.
In via De Amicis 13 sorgeva l’anfiteatro, uno dei più grandi noti in Italia settentrionale, che sorse nel I secolo d.C. all’esterno delle mura cittadine, non lontano dalla Porta Ticinensis. Nell’arena centrale ellittica, circondata da gradinate per gli spettatori, si svolgevano duelli tra gladiatori, lotte tra uomini e animali feroci, pubbliche esecuzioni di condannati ad bestias, cioè a essere sbranati dalle fiere, e addirittura battaglie navali. Nel corso del V secolo d.C. l’anfiteatro, che poteva ospitare 20.000 spettatori, venne spogliato dei materiali edilizi dell’anello esterno, reimpiegati per nuove costruzioni o per rinforzare la cinta muraria urbana. È stato ipotizzato l’utilizzo della struttura ancora in epoca longobarda (VI-VII secolo d.C.), forse come sede della guarnigione militare. Le imponenti fondazioni della struttura sono visitabili nel Parco Archeologico dell’Anfiteatro, al quale è annesso l’Antiquarium “Alda Levi”.