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Mostra | Bellezza divina tra Van Gogh, Chagall e Fontana


[googlemap src=”” align=”alignright” ][box type=”note” ]Bellezza divina tra Van Gogh, Chagall e Fontana
Palazzo Strozzi – Firenze
24 settembre 2015-24 gennaio 2016
Orari
Tutti i giorni 10.00-20.00, Giovedì 10.00-23.00.
Dalle ore 9.00 solo su prenotazione.
Accesso in mostra consentito fino a un’ora prima dell’orario di chiusura
Informazioni  in  mostra
+39 055 2645155
Biglietti
intero € 10,00; ridotto € 8,50, € 7,50; € 4,00 Scuole
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Palazzo Strozzi a Firenze ospita, fino al 24 gennaio 2016. Bellezza divina tra Van Gogh, Chagall e Fontana, un’eccezionale mostra dedicata alla riflessione sul rapporto tra arte e sacro tra metà Ottocento e metà Novecento attraverso oltre cento opere di importantissimi artisti italiani, tra cui Domenico Morelli, Gaetano Previati, Felice Casorati, Lorenzo Viani, Gino Severini, Renato Guttuso, Lucio Fontana, Emilio Vedova, e internazionali come Vincent van Gogh, Jean-François Millet, Edvard Munch, Pablo Picasso, Max Ernst, Georges Rouault, Henri Matisse. Bellezza divina costituisce un’occasione straordinaria per confrontare opere famosissime studiate da un punto di vista inedito, presentate accanto ad altre di artisti oggi meno noti, il cui lavoro ha contribuito a determinare il ricco e complesso panorama dell’arte moderna, non solo sacra. L’arte sacra è presentata come un “genere” che, sceso dagli altari, entra direttamente nel dibattito artistico tra Otto e Novecento riprendendo allo stesso tempo i grandi temi che da sempre animano la religiosità.
A cura di Lucia Mannini, Anna Mazzanti, Ludovica Sebregondi e Carlo Sisi, l’esposizione nasce da una collaborazione della Fondazione Palazzo Strozzi con l’Ex Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze, l’Arcidiocesi di Firenze e i Musei Vaticani e si inserisce nell’ambito delle manifestazioni organizzate in occasione del V Convegno Ecclesiale Nazionale, che si terrà a Firenze tra il 9 e il 13 novembre 2015, al quale interverrà anche papa Francesco.

Crocifissione bianca Marc Chagall (Moishe Segal; Vitebsk 1887-Saint-Paul-de-Vence 1985), 1938, olio su tela, cm 155 x 139,8. Chicago, The Art Institute of Chicago, 1946.925, dono di Alfred S. Alschuler, inv. 1946.925 © Chagall ®, by SIAE 2015
Crocifissione bianca
Marc Chagall (Moishe Segal; Vitebsk 1887-Saint-Paul-de-Vence 1985), 1938, olio su tela, cm 155 x 139,8. Chicago, The Art Institute of Chicago, 1946.925, dono di Alfred S. Alschuler, inv. 1946.925 © Chagall ®, by SIAE 2015

Bellezza divina analizza e contestualizza quasi un secolo di arte sacra moderna, partendo dagli anni  cinquanta dell’Ottocento – quando le espressioni artistiche più nuove furono incoraggiate dalla Chiesa di Pio IX – arrivando fino all’Anno Santo 1950, attraverso un percorso che mette a confronto i migliori esempi nati nel contesto italiano e internazionale, sottolineandone il dialogo e le relazioni e talvolta i conflitti nel  rapporto fra arte e sentimento del sacro. Una “bellezza divina” che assume il significato di una grazia che dà sostanza estetica alla forma, in opere che sprigionano ognuna una spiritualità diversa e unica.
Grandi protagonisti della mostra sono capolavori come L’Angelus di Jean-François Millet, eccezionale prestito dal Museé d’Orsay di Parigi, opera che emana una religiosità atavica, un senso del sacro trasversale  e universale; la Pietà di Vincent van Gogh dei Musei Vaticani, fondamentale perché – nonostante la vocazione religiosa e mistica – l’artista ha rappresentato raramente soggetti sacri, e lo ha fatto ispirandosi a opere di altri autori; la Crocifissione di Renato Guttuso delle collezioni della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, opera emblematica con un’intensa connotazione politica che esprime, come Guernica, un grido di dolore, la Crocifissione bianca di Marc Chagall, proveniente dall’Art Institute di Chicago, l’opera d’arte più amata da papa Bergoglio.
Dal percorso espositivo emerge come, al di là di diffusi pregiudizi, il rapporto tra arte e sacro non abbia mai subito censure profonde, ma al contrario, come ogni artista abbia sentito il bisogno di confrontarsi in qualche modo, magari in forme conflittuali, con la dimensione della trascendenza, e così pure come l’ambiente di fede abbia sempre sentito il bisogno di riconoscere nell’arte una via alta di espressione dei propri contenuti, anche in questo caso non in modo uniforme, ma attraversando gli spazi della sacralità liturgica, di quella devozionale o di quella semplicemente spirituale.
L’Angelus Jean-François Millet (Gréville 1814-Barbizon 1875), 1857-1859, olio su tela, cm 55,5 x 66. Parigi, Musée d'Orsay, legato di Alfred Chauchard, 1910, inv. RF 1877. Foto © RMN-Grand Palais (Musée d’Orsay) / Hervé Lewandowski
L’Angelus
Jean-François Millet (Gréville 1814-Barbizon 1875), 1857-1859, olio su tela, cm 55,5 x 66. Parigi, Musée d’Orsay, legato di Alfred Chauchard, 1910, inv. RF 1877.
Foto © RMN-Grand Palais (Musée d’Orsay) / Hervé Lewandowski

Di qui l’importanza della mostra che evidenza quanto universale e quanto ricco sia stato, nel secolo che si potrebbe considerare il più difficile del dialogo, il confronto tra arte e sacro.
Dopo un periodo d’identificazione dell’arte cristiana con lo “storicismo”, dalla fine dell’Ottocento si è protratto il tentativo di individuare un linguaggio che fosse aderente ai tempi, per cui, nel corso del Novecento, l’arte sacra si esprime tramite l’affiancarsi di linee interpretative molteplici. Si affermano così una varietà di espressioni che trovano riscontro nelle opere presenti in mostra, dallo stile naturalista e narrativo affine alla pittura di storia di fine Ottocento alle ricerche simboliste di inizio Novecento, dalle ricerche del realismo ottocentesco e novecentesco fino a letture in chiave astratta e controversa. Ne sono testimonianza le inaspettate interpretazioni futuriste o quella di Edvard Munch, la cui Madonna fu oggetto di scandalo tanto da rappresentare una delle immagini mariane più provocatorie dell’Ottocento.
Pietà Vincent van Gogh (Groot Zundert 1835-Auvers-sur-Oise 1890), (da Delacroix) 1889 circa, olio su tela, cm 41,5x34. Città del Vaticano, Musei Vaticani, inv. 23698. Foto © Governatorato dello Stato della Città del Vaticano-Direzione dei Musei
Pietà
Vincent van Gogh (Groot Zundert 1835-Auvers-sur-Oise 1890), (da Delacroix) 1889 circa, olio su tela, cm 41,5×34. Città del Vaticano, Musei Vaticani, inv. 23698.
Foto © Governatorato dello Stato della Città del Vaticano-Direzione dei Musei

LA MOSTRA
La mostra è suddivisa in sette sezioni. In quella introduttiva (Dal Salon all’altare) dipinti di importanti dimensioni e di altissima qualità testimoniano l’eclettismo degli stili e l’accostamento al tema sacro nella seconda metà del XIX secolo, con opere quali I Maccabei di Antonio Ciseri e la Flagellazione di Cristo di William-Adolphe Bouguereau. A cavallo fra Ottocento e Novecento il soggetto della Madonna (Rosa mystica) assume particolare rilievo nel momento in cui si diffonde l’estetica del Simbolismo, e gli artisti vi trasmettono il loro forte desiderio di ascesi. Lo attestano ad esempio Domenico Morelli con la sua Mater purissima.
L’amplissima sezione centrale della mostra procede secondo la narrazione evangelica: dopo l’Annuncio fatto a Maria prosegue con Miracoli e parabole, Passione, Via Crucis, Crocifissione, Deposizione e Resurrezione (con opere, tra l’altro, di Glyn Warren Philpot, Maurice Denis, Giuseppe Capogrossi, Odilon Redon, Arturo Martini, Stanley Spencer, Georges Rouault, Otto Dix, Pablo Picasso, Marc Chagall, Renato Guttuso, Lucio Fontana, Emilio Vedova).
 Resurrezione Émile Bernard (Lille 1868-Parigi 1941), 1925-1930, olio su cartone, cm 69 x 96. Città del Vaticano, Musei Vaticani, inv. 22984. Foto © Governatorato dello Stato della Città del Vaticano- Direzione dei Musei
Resurrezione
Émile Bernard (Lille 1868-Parigi 1941), 1925-1930, olio su cartone, cm 69 x 96. Città del Vaticano, Musei Vaticani, inv. 22984.
Foto © Governatorato dello Stato della Città del Vaticano- Direzione dei Musei

In tutta la mostra le opere sono presentate secondo un andamento sostanzialmente cronologico che mette a confronto espressioni artistiche assai lontane tra loro, e che hanno talvolta affrontato il sacro con attualizzazioni significative e profonde. Si esemplificano così le diverse tendenze e i conflitti espressivi nel rapporto fra arte e sentimento del sacro.
In questo contesto si inserisce una sezione dedicata a Gino Severini: la decorazione murale tra spiritualità e poesia, che attraverso una selezione di opere chiarisce il dialogo filosofico con Maritain, cui segue una video-installazione, Spazi del sacro, che mostra le molteplici soluzioni adottate, fra Ottocento e Novecento, nella costruzione e decorazione degli edifici del culto cattolico, sottolineando anche lo stretto collegamento con il Rito. La penultima sezione analizza la rappresentazione della Chiesa (lo attestano opere di Adolfo Wildt, Scipione, Henri Matisse) con una riflessione sul versante pubblico della religione, mentre la parte conclusiva è dedicata alla dimensione privata e intima della Preghiera (con dipinti come il celeberrimo Angelus di Millet e l’elegantissima Vergine di Felice Casorati).
In occasione di questa mostra sono stati portati a compimento dieci importanti restauri: tra gli altri, I Maccabei di Antonio Ciseri, Il Redentore di Giuseppe Catani Chiti, L’Annunciazione di Vittorio Corcos, il Figliol prodigo di Arturo Martini, la Crocifissione di Primo Conti, il San Sebastiano di Gustave Moreau, l’Annunciazione di Gaetano Previati, il Grande cardinale di Manzù.
San Sebastiano Gustave Moreau (Parigi 1826-1898), 1870-1875 o 1890 circa, olio su tela, cm 115 x 90. Parigi, Musée Gustave Moreau, inv. 214. Foto © RMN-Grand Palais /René-Gabriel Ojéda
San Sebastiano
Gustave Moreau (Parigi 1826-1898), 1870-1875 o 1890 circa, olio su tela, cm 115 x 90. Parigi, Musée Gustave Moreau, inv. 214.
Foto © RMN-Grand Palais /René-Gabriel Ojéda

L’allestimento di Bellezza divina, realizzato all’architetto fiorentino Luigi Cupellini, viene ritmato da un sistema di campate, come in un chiostro ideale, in cui le volte non si chiudono, restando aperte in una sorta  di citazione degli spazi del sacro del Novecento.