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Noba, poesia totale. Quando cose quotidiane si riaccendono sotto uno sguardo che vivifica



 
https://www.premionocivelli.it/opera/layers
Iniziamo con una breve scheda anagrafica, come se leggessimo una carta d’identità. Sotto il profilo della produzione artistica può immediatamente specificare il suo orientamento stilistico ed espressivo?
In arte mi faccio chiamare NOBA, sono nato a Torino e attualmente vivo e lavoro a Milano dove mi sono diplomato in pittura presso l’Accademia di Brera. Per quanto riguarda il mio orientamento artistico, non amo moltissimo etichettare il mio lavoro, anche dare un titolo ad un opera è sempre un operazione che mi costa molto. Ad ogni modo penso che per semplicità il mio operato possa essere definito come Arte Urbana. I muri, le strade e gli apparati urbani in generale, fin dai primi sviluppi della mia ricerca, hanno da sempre rappresentato una delle principali fonti di ispirazione, sia poetica che visiva.
 
Nell’ambito dell’arte, della filosofia, della politica, del cinema o della letteratura chi e quali opere hanno successivamente inciso, in modo più intenso, sulla sua produzione? Perché?
Per quanto riguarda l’ambito filosofico, uno dei libri ad avermi maggiormente influenzato è stato sicuramente Ricerche filosofiche di L. Wittgenstein. Un’opera in cui continuo ancora adesso a scovare nuovi spunti di riflessione e che mi ha aiutato ad interiorizzare dei passaggi a cui ero giunto solo in maniera del tutto istintiva: ovvero che il nostro linguaggio non è assolutamente un tutt’uno unico e compatto, come si potrebbe pensare, ma è bensì un qualcosa che si evolve costantemente. Un sistema complesso e composto da tanti livelli intersoggettivi, che si possono prestare a più interpretazioni possibili. Questo punto mi ha fatto capire che al pari del linguaggio, la nostra stessa realtà, intesa in senso più ampio, può essere interpretabile in maniera nuova e soprattutto che il nostro livello di percezione e di comprensione di essa è in realtà solo la superficie di qualcosa di molto più frastagliato e inafferrabile, dove anche l’elemento apparentemente più banale può raccontarci qualcosa di più su di sé e sulla vita stessa. Lo stesso concetto di abitare può essere inteso come una forma di interpretazione dello spazio che ci circonda e rappresenta uno specchio eccellente della nostra cultura, e questo è sicuramente uno delle motivazioni principali del mio interesse per l’urbanizzazione.
Per quanto riguarda l’ambito artistico sono sempre stato affascinato dall’operato di artisti come James Rosenquist, Paulo Nimer Pjota e Oscar Murillo.
Può analizzare nei temi e nei contenuti l’opera da lei realizzata e presentata al Premio Nocivelli, illustrando le modalità operative che hanno portato alla realizzazione?
Con l’opera “Layers” , presentata al Premio Nocivelli, sempre riconducendomi al discorso che facevo prima, ho voluto riflettere sulla possibilità di distinguere più livelli di interazione e di significato in alcuni elementi che mi accompagnano  ogni giorno tra il mio studio e le strade di Milano. Ho cercato di scrollarmi di dosso i pregiudizi per guardare questi elementi soprattutto in termini di pura forma e di puro colore, per provare a carpirne il lato di pura poesia che si cela dietro al velo di abitudinarietà che li avvolge.
Nella standardizzazione visiva dei cartelli stradali e degli altri codici visivi che ho estrapolato dalla mia vita quotidiana, ho intravisto la necessità istintiva dell’uomo di dover sempre semplificare, stabilendo dei confini arbitrari con cui porsi in confronto così da poter dire: “questo è così.” Ho cercato di comunicare quanto la bellezza della nostra realtà risieda proprio nella sua estrema complessità e che nulla è solamente ciò che appare.

Sent by Barbara Bongetta

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