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Perché le scarpe alte e con zeppe sono iconograficamente legate alla prostituzione?



Le prostitute, dalla Venezia dei secoli antichi alla Parigi dell’Ottocento, svolsero un ruolo di liberazione della donna, prestandosi spesso, nella moda e nell’eros, a far da apripista alle “donne oneste”. E così capitò spesso che, disattivati parzialmente i simboli manifesti, certi indumenti o le scarpe molto alte siano utilizzati da tutte le donne.

Una prostituta veneziana disegnata da Cesare Vecellio nella seconda metà del Cinquecento

Certo mai, come negli ultimi anni, la donna ha accolto i suggerimenti degli stilisti per un genere delicatissimo, come le scarpe. Delicato per la percezione di sé e per lo sguardo del maschio che non rinuncia ad osservare, nella donna, il piede e il portamento della caviglia – più che la grandezza dello snodo -. E le calzature che il mondo femminile ama, negli ultimi anni – perchè il sogno di molte donne e di essere alte e di troneggiare sul maschio – sono quelle che erano appannaggio, anche in tempi recenti, esclusivamente delle attrici dei film pornografici, che se ne andavano a letto, con le scarpe stesse, non tanto per eccitare il cliente, ma per difendere il proprio piede, il tallone d’achille della loro autentica femminilità, cioè il piede nudo.
A livello di altezza diventavano molto evidenti e ingannavano sulla quantità di corpo messo in vendita, anche se il loro passo era affaticato e pesante, a causa del peso della scarpa stessa, che dava una gravezza bovina allo zoccolo e all’intero movimento d’appoggio del piede.
Nel Medioevo e nel Rinascimento scarpe con zeppe inverosimili non erano concepite per poter camminare a lungo, ma venivano utilizzate dalle prostitute come punto rilevato di vetrina e di appostamento. L’uso derivò probabilmente dagli attori di teatro che, sin dall’antichità, utilizzavano le scarpe con le zeppe molto alte per esseri visibili dal pubblico. Ciò non di meno le prostitute che avevano,così, il modo di apparire monumentali, specie nei giorni di mercato o di grande afflusso, ai lati delle piazze o dei campielli. Vestito scollato e ricco di ornamenti. Un ventaglio fatto roteare – proprio come la banderuola che vediamo in mano alla prostituta di Vecellio – e le scarpe con le zeppe, che non volevano attirare l’amore del maschio, ma esclusivamente il suo denaro. Pare, inoltre, che con l’uso di questi rialzi, le prostitute potessero offrirsi più rapidamente, senza il bisogno di un letto e senza alzarsi in punta di piedi. Il segreto era quello di non toglierle mai, davanti al cliente perchè la dimensione della donna stessa si sarebbe improvvisamente ridotta, anche con esiti di una certa comicità
Era, quello, il mondo delle divise e della riconoscibilità immediata. Le donne di una città vestivano in modo diverso dalle donne di una città vicina. Ma ciò a cui puntavano non era la seduzione rapida – con le zeppe – ma una speranza d’amore. Le diverse tipologie territoriali e sociali dei vestiti del Cinquecento furono raccolte nel volume De gli habiti antichi, et moderni di diverse parti del mondo, opera di Cesare Vecellio (Pieve di Cadore, 1521 – Venezia, 1601). Imparentato con il Tiziano, Cesare fu pittore e incisore di buona fama. L’opera Degli habiti antichi et moderni fu pubblicata nel 1590 ed ebbe due ristampe: nel 1598, vivente l’autore, con traduzione latina a fronte e aggiunte dei ‘costumi’ delle Americhe, e nel 1664.