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Pietro Torrigiani – Che vita dura, dopo aver rotto il naso a Michelangelo




Il genio del Rinascimento ebbe il setto nasale spezzato da un pugno sferratogli da un collega irritato per le sue celie feroci. Il colpevole fu esiliato, ma il volto di Buonarroti restò segnato per sempre. Come testimoniano gli autoritratti e le poesie.
Quel pugno che gli aveva frantumato il setto nasale, Michelangelo non se lo sarebbe più scordato. Secondo la versione riportata da Benvenuto Cellini, tutto ebbe inizio in una tranquilla giornata: i due camminavano scherzando, come erano soliti fare, tra le navate della chiesa fiorentina dove lavoravano e dove era nata la loro amicizia. Nulla lasciava presagire che qualcosa di diverso dal solito sarebbe potuto accadere, fino al momento fatidico, il momento in cui un pugno chiuso, inatteso, scattò verso il volto di uno dei giovani.
 
Torrigiani I (1)
La vittima non era altri che Michelangelo, appunto, mentre l’assalitore, più anziano di tre anni, era Pietro Torrigiani, il quale, dopo una giornata trascorsa nella cappella Brancacci, offeso da uno scherzo troppo spinto del Buonarroti, non riuscì a resistere alla tentazione di rifilargli un cazzotto come egli racconterà a Cellini: ”… mi venne assai più stizza che ‘l solito e, stretto la mana, cli detti sì grande il pugno in sul naso, che io mi sentì  fiaccare sotto il pugno quell’osso e tenerume del naso come se fusse stato un cialdone: e così segniato da me resterà insin che vive”.

Le ipotesi riguardanti il reale motivo di tale gesto sono molte: chi dice che Michelangelo si fosse comportato con particolare pesantezza, lui che era solito “uccellare tutti quelli che disegnavan”; chi invece, è ponto ad affermare che Torrigiani, suo collega fosse invidioso della fama e della stima che il compagno acquistava giorno dopo giorno presso i potenti. Anche quanto riguarda il luogo del misfatto, dato per certo da Cellini, non c’è conferma assoluta: per Vasari, ad esempio, l’incidente sarebbe avvenuto presso i giardini di San Marco. Ad ogni modo, comunque siano andati i fatti, alcune cose sono certe. Innanzi tutto va detto che Piero aveva azzeccato il pronostico: la storpiatura rimarrà a segnare sempre il volto del Buonarroti, come testimoniano gli autoritratti, tra i quali spicca per singolarità e pregio quello che appare nell’affresco del Giudizio Universale. Nella pelle che pende dalla mani di San Bartolomeo, pur nell’informe feticcio, sono riconoscibili le sembianze dell’artista, e quel naso rotto che ormai lo caratterizza.

MICHELANGELO BUONARROTI, Giudizio universale, (part.), 1535-1541, affresco, m 13,7 x 12,2, Città del Vaticano, Cappella Sistina
MICHELANGELO BUONARROTI, Giudizio universale, (part.), 1535-1541, affresco, m 13,7 x 12,2, Città del Vaticano, Cappella Sistina

Nel capolavoro non è dimenticato nemmeno Torrigiani, che rappresentato alla spalle di San Pietro, vestito di verde, chino in una posa contorta che somiglia assomiglia sorprendentemente alla piega assunta dal setto percosso del maestro. Per comprendere quanto Michelangelo fosse ossessionato dalla lesione, basti sapere che la ricorderà non solo nella pittura, ma anche in poesia. Scriverà, infatti, forse in un momento particolarmente buio, il seguente verso: “La faccia mia ha torma di spavento”.
Pietro Torrigiani o Torrigiano, San Girolamo penitente, 1525 circa, terracotta policroma, cm 1,26, Museo di belle arti, Siviglia
Pietro Torrigiani o Torrigiano, (1472-1528), San Girolamo penitente, 1525 circa, terracotta policroma, cm 1,26, Museo di belle arti, Siviglia



Se Buonarroti piangeva, peraltro, non rise molto l’irascibile Torrigiani. Che, proprio a ragione dl suo gesto avventato, subì addirittura l’esilio da Firenze. Scultore abilissimo, Torrigiani fu segnato da quel pugno e dall’esilio; al punto che la sua reale grandezza si disperse tra l’Inghilterra e la Spagna dove morì in prigione per aver sfregiato un Cristo da lui stesso modellato; il gesto fu interpretato come un’azione sacrilega e non come una protesta nei confronti dei ritardi di pagamento da parte del committente