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Pop surrealism – Cartoon e pittura onirica per un incrocio d'effetto


Todd Schorr, Lost at Sea
Todd Schorr, Lost at Sea

Realtà sensibile e realtà “altra”. Le cose che ci appartengono e quelle che ci propone un universo secondo e parallelo. E’ il Pop Surrealism, rivoluzionaria corrente nata sul finire degli anni Settanta del secolo scorso negli Stati Uniti, e per la precisione in California, per diffondersi poi anche nel resto del mondo.
L’Italia ha avuto modo di conoscere direttamente questa tendenza grazie a una mostra di portata storica al Museo Carandente di Spoleto, a cura di Gianluca Marziani e Alexandra Mazzanti, in collaborazione con la Dorothy Circus Gallery di Roma e la Jonathan Levine Gallery di New York.
Furono ottanta le opere esposte, creazioni di quaranta artisti di spicco, dal più noto tra loro, Mark Ryden, a Joe Sorren, Todd Schorr, Shepard Fairey, Marion Peck, Camille Rose Garcia, Alex Gross, Ron English, Gary Baseman, Tim Biskup, Sas Christian, Kris Lewis, Ray Caesar, Jeff Soto, Travis Louie, David Stoupakis, James Jean, Adam Wallacavage, Tara McPherson, Missvan, Lola, Esao Andrews, Scott Musgrove, Jonathan Viner, Naoto Hattori, Natalie Kukula Abramovich, Kathie Olivas, Natalie Shau, Mijn Schatie, Ana Bagayan, Michael Page, Tim McCormick, Nathan Spoor, Paul Chatem, Ken Keirns, Aren Hertel, Leila Ataya, Aaron Jasinski. Uniche due presenze italiane, Nicoletta Ceccoli e Niba.
Ron English, Peter and Paul
Ron English, Peter and Paul

In perfetta sintonia con le radici surrealiste degli anni Trenta le profezie figurative del pop si rigenerano in un costante movimento tra registrazione del reale e immediata rielaborazione onirica.
Paesaggi, corpi, animali, storie, natura, oggetti: è questo il mondo reinterpretato in chiave pop surrealista. Un metaspazio dove tutto somiglia al reale, ma dove si percepiscono atmosfere sospese, un senso di attesa spasmodica e silenziosa, di dubbio o pericolo, di silenzi anormali o strani rumori in arrivo. Un mondo somigliante al nostro che, richiamando e rivoltando certe matrici paesaggistiche, domestiche e individuali, riattinge alla tecnica pittorica classica. Una pittura che predilige i soggetti dell’iconografia pop divulgati dai media e legati all’immaginario collettivo proponendo soggetti presenti nelle nostre coscienze dal mondo delle fiabe in poi.
Viner, The Twin Knot
Viner, The Twin Knot

I temi spaziano dalla praticità del vivere ai riferimenti ad infanzia e adolescenza, alle aspirazioni morali e alle cronache del quotidiano. Allo stesso tempo superano l’inaspettato, toccando le fisionomie del fantastico metropolitano e ricreando un possibile surrealismo odierno, figlio di un’epoca trasversale, polivalente, elettronica
Mark Ryden, il maestro surrealpop
che ritrasse lo scimpanzé di Jackson
Il più noto esponente del Pop Surrealism è con ogni probabilità l’americano Mark Ryden. Nato nel 1963, lavora a Pasadena. Leggendaria è la sua abitazione ad Eagle Rock, invasa da gingilli, ciondoli, scheletri, statue, libri, quadri e giocattoli antichi.
Le opere di Ryden sono spesso caratterizzate dalla presenza di simboli culturali e religiosi. Prendendo spunto dall’immaginario iconografico delle fiabe, egli ne ha di fatto stravolto il significato iniziale creando un stile visivo coerente in cui promiscuità, ambiguità e senso del macabro si fondono.
Ritrattista prediletto da molte star hollywoodiane (da Leonardo DiCaprio a Christina Ricci), non ha esitato ad immortalare in un dipinto anche Bubbles, lo scimpanzé di Michael Jackson.
Celebri sono le sue illustrazioni di copertine di dischi, da Uncle Anesthesia degli Screaming Trees (vedi a pagina 4) a Dangerous dello stesso Jackson, One Hot Minute dei Red Hot Chili Peppers, ed altri.
 
 
UN VIAGGIO TRA GLI ARTISTI DEL POP SURREALISM