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Roberto Manescalchi conferma l’autografia di un inedito attribuito a Bernardo Strozzi


di Roberto Manescalchi

Intorno ad un dipinto inedito di Bernardo Strozzi (il Cappuccino o Prete Genovese) raffigurante la Madonna con Bambino e San Giovannino.

 

 

 

Il dipinto oggetto del presente studio (olio su tela di cm 170×122, in ottimo stato di conservazione) ci è arrivato corredato da due expertise (Fot.1 e 2).

Foto 1
Foto 2

Da entrambe le foto abbiamo cancellato il nome del perito per opportunità di pubblicazione, ma disponiamo di documentazione integra in archivio. La seconda che cita la prima è del 13 aprile del 1985 ed è redatta con le modalità in uso nell’ultimo quarto del secolo scorso. La prima non datata, per ovvi motivi, stante la citazione, la precede. Questo solo per la cronaca e per non vantare meriti particolari nell’attribuzione allo Strozzi del dipinto già ben riferito dai due esperti genovesi con i quali evidentemente concordiamo.

Ad integrazione parziale delle perizie la bibliografia ci permette oggi di ipotizzare che la copia in questione potrebbe essere forse quella descritta da Venanzio Belloni in: “Scritti d’Arte genovese” del 1981 e che lo stesso sembra aver visto in un nobile palazzo della città.
Scrive il Belloni a proposito di dimore patrizie genovesi: “Le dimore patrizie ospitano spesso capolavori preclusi ad occhi indiscreti e affamati… recentemente ho avuto modo di bearmi davanti ad un Rubens davanti ad una tazza di caffè e gli occhi mi si perdevano dietro ai contorni delle forme, dietro ai colori pastosi e sapienti (non saprei scegliere tra i tanti bozzetti di Rubens che mi vengono in mente da quello superbo che ho ben impresso in ogni minimo particolare della battaglia di Anghiari, conservato al Louvre estratto dalla visione del cartone di Leonardo, all’ultimo appena studiato, in collezione privata e preludio alla grande tela del colpo di Lancia conservata ad Anversa – Fot. 3 e 4 -).

Foto 3
Foto 4

Da sempre Genova custodisce gelosa i suoi tesori, i suoi pittori, ebanisti, marmisti, decoratori e doratori… un trionfo di alterità e superbia che cede alla discrezione e alla gelosia, che chiude il portone davanti al naso del curioso e dell’impertinente. So che una grande e potente famiglia genovese custodisce in casa una collezione d’arte sterminata che parte da un ritratto di nobiluomo inglese del Van Dyck (Il pensiero va subito al ritratto del cardinale Guido Bentivoglio della galleria palatina di Firenze (Fot.5)

Foto 5

e arriva ad un’adorazione dei magi del Castiglione (mi sovviene potesse essere un qualche cosa di vicino alla adorazione dei pastori della chiesa di San Luca a Genova (Fot.6)

Foto 6

passando attraverso una Madonna con bambino e San Giovannino di Bernardo Strozzi… probabilmente la nostra (Fot. 7)”.

Foto 7

Va da sé che anche se Belloni non cita la famiglia lascia poco spazio all’immaginazione stante che sembra aver visto un Rubens, un Van Dych, un Giovanni Benedetto da Castiglione e, probabilmente, appunto, l’oggetto del nostro studio. Del dipinto di Van Dych, del Castiglione, oltre che di quello dello Strozzi descrive, come visto, anche i soggetti ed evoca visioni. Per non dire che i dipinti pur appartenendo ad autori diversi sono più o meno dello stesso periodo e di identico sapore nonché testimonianza di analoghe e parallele ricerche. Questo ci permetterebbe con poco sforzo di risalire anche al probabile raffinatissimo collezionista, ma perché fare la spia che poi c’è anche un minimo rischio di poter sbagliare? Certo è che: Rubens (1577 – 1640); Van Dyck (1599 – 1641 che di Rubens fu allievo e collaboratore); Castiglione detto anche il Grechetto (1609 – 1664) e lo Strozzi (1581 – 1644) furono certamente contemporanei, furono certamente ai vertici della produzione artistica del loro tempo eccezion fatta per il sovrumano Michelangelo Merisi (Caravaggio 1571 – 1610) e, a nord delle Alpi per il signore assoluto della luce e del buio, destinato, anche per questioni anagrafiche, alla sintesi evolutiva del periodo in questione: Rembrandt Harmenszoon van Rijn (1606 – 1669). A ben guardare, quindi e a testimonianza delle sofisticate chiavi di lettura del “misterioso” collezionista genovese, la prova dello Strozzi, oggetto di questo studio di approfondimento (Fot.7), certamente non sfigura al cospetto di capolavori universali degli altri tre succitati e pare, a nostro avviso, ancora più bella di quella – replica dello stesso soggetto e ben conosciuta – conservata a Palazzo Rosso a Genova (Fot.8).

Foto 8

Madonna con Bambino e San Giovannino quindi… il soggetto fu uno dei preferiti dallo Strozzi che lo replicò più volte e con qualche variante o, addirittura nuova veste iconografica e magari con l’introduzione di nuovi elementi e o personaggi – cfr. la prova nel civico museo di Ala Ponzone – Cremona (Fot.9) – cosa che del resto gli era abituale con i soggetti che meglio gli riuscivano. La documentazione del naturale e la ricerca maniacale del colore caratterizzano l’opera di uno dei più alti interpreti del Seicento genovese. Particolarmente riconoscibile per un cromatismo vicino a quello di Rubens e ad un chiaroscuro proprio di autori lombardi vicini a Caravaggio che trova precisa sintesi nel volto della vergine sua personalissima modella ritratta più volte nel corso degli anni e con una sensualità delle carni che non sfuggì ai bacchettoni del tempo. “[…] rappresentanza ignobile, sembiante e atti volgari”, scrisse Federico Alizeri nella sua Guida artistica per la città di Genova (1847) e aggiunse: “[…] d’un effetto di chiaroscuro che abbaglia, di carni tutte vere palpabili, di gran tono in ogni panno e accessorio”.

Foto 9

Rapporto quello tra lo Strozzi e la sua modella su cui ci sarebbe da indagare e che, forse, alla morte di Gio. Carlo Doria (1625), suo influente protettore, fu la causa per cui l’ordine ecclesiastico cominciò a creargli problemi riguardo la sua attività d’artista e che probabilmente spinse lo Strozzi a lasciare Genova e a riparare a Venezia. Per la fisiognomica della modella cfr. il disegno conservato al Louvre (Fot.10) e quello in collezione privata (Fot.11) pubblicati dalla compianta Luisa Mortari in: bollettino d’Arte 1955 e nel suo Bernardo Strozzi del 1995. Modella e volto dipinto che spesso ci consentono, come nel nostro caso, l’evidenza del maestro rispetto alla bottega e o alle imitazioni.

Foto 10
Foto 11

La corposità del cromatismo, l’attenzione ai dettagli del quotidiano propria dei fiamminghi e il chiaroscuro di impronta lombardo-caravaggesca trovano riscontro nel oltre che nel volto di Maria nella cesta da lavoro, descritta con cura maniacale e nella canestra di frutta, a lato che pare sospesa nel vuoto e quasi copia, certamente la evoca, della canestra di frutta di Caravaggio (Fot.12) dell’Ambrosiana.

Foto 12

Meno leziosa la nostra e priva delle ceste canestre in basso e in alto ci pare però più matura e raffinata. Nella conduzione delle mani della vergine, ad esempio, sia in quella che poggia alla testa di maria che in quella che regge il libro. In questa versione la vergine indossa un copricapo da “donna di casa” e anche questo ci pare testimonianza di questioni ormai risolte e dissapori lontani con i superiori dell’ordine. Il cappuccino ci pare aver scelto la modella. Non sono più i tempi dell’Aretino e di Tiziano c’è stata la controriforma, ma in terra della Serenissima c’è pur sempre un grado di tolleranza più elevato.

Infine, per dovere di documentazione, vicinissime al nostro soggetto e a conferma di quanto sopra, sono le numerosissime repliche delle cosiddette Madonne della Pappa. Ne ricordiamo tre e più precisamente: quella nella Collezione Laurisch/Lipp di Berlino (Fot.13); la versione, sempre a Genova in Palazzo Rosso, (Fot. 14) e ancora quella transitata da un’asta di Sotheby’s a Londra nel 1966, sempre che la memoria non inganni, Fot.15.

Foto 13
Foto 14
Foto 15

Non possiamo chiudere questo piccolo contributo omettendo di ricordare la Madonna con bambino e San Giovannino con canestra di frutta del milanese Poldi Pezzoli (Fot.16) e l’Adorazione dei pastori del Walters Art Museum di Baltimora (Fot.17)… lei, la modella è sempre al centro dell’arte del frate.

Foto 16
Foto 17