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Scoperto il profumo portato in borsetta da una 30enne romana, morta 2000 anni fa e sepolta in una “bara di vetro”


Quali erano i profumi utilizzati dai Romani? Evidentemente vari, ma ricavati da un processo di estrazione che non consentiva di ottenere i risultati che si conseguono, a livello di intensità, grazie al processo di distillazione, che risulta sconosciuto – almeno ufficialmente – in quell’epoca.

Due urne trovate durante lo scavo. Quella alla nostra destra è l’urna di vetro in cui sono conservati i resti della giovane donna. Accanto, l’ampolla del profumo @ Foto Università di Cordoba

Si può presumere, pertanto, che essi scegliessero profumi molto intensi come quelli delle zagare, ad esempio. Oppure di piante aromatiche.

In questi questi giorni, come comunica l’università di Cordoba – Spagna – un gruppo di ricercatori ha pubblicato un interessante studio dedicato al contenuto di una bottiglietta di cristallo di rocca, sigillata – a livello del tappo – con materiale bituminoso.

L'”ampolla” di profumo era stata sepolta con i resti di una giovane donna di cultura romana, vissuta in Spagna, e morta a un’età compresa tra i 30 e i 40 anni, nella città latina di Carmo, nel Sud del Paese iberico. E se avete un attimo di pazienza, vi diciamo quale fosse la fragranza amata dall’antica romana.

Il mausoleo, in cui erano state riposte le sue ceneri, conteneva complessivamente i resti mortali di sei persone, inseriti in altrettante urne cinerarie, una delle quali era di vetro. L’urna vitrea era stata utilizzata, dopo il rogo funebre, per accogliere proprio i resti della donna.

Qui gli archeologi hanno trovato tracce di una borsa di stoffa nella quale stava l’intatto flacone di cristallo di rocca – contenente il profumo – e tre grani di ambra. Il materiale, ben conservato all’interno del cristallo, è stato esaminato con diffrazione di raggi X, gascromatografia e spettrometria di massa.

Lo studio – firmato da Daniel Cosano, Juan Manuel Román, Fernando Lafont e José Rafael Ruiz Arrebola e pubblicato da Mdpi Heritage – ha stabilito che la base dell’unguento era stata ricavata da un olio vegetale, forse olio d’oliva, mentre il profumo era derivato da Pogostemon cablin, una pianta originaria dell’India usata per produrre il profumo patchouli.

L’alta qualità del flacone che conteneva il profumo suggerisce che si trattava di un prodotto pregiato. Il Patchouli o Pogostemon cablin è una specie di pianta da fiore della famiglia delle Lamiaceae, comunemente chiamata famiglia della menta o dell’ortica morta. La pianta cresce come un’erba perenne cespugliosa, con steli eretti che raggiungono fino a 75 centimetri (2,5 piedi) di altezza e portano piccoli fiori bianco-rosa pallido.

È originario della regione insulare del sud-est asiatico, tra cui lo Sri Lanka , l’Indonesia , la penisola malese , la Nuova Guinea e le Filippine . Si trova anche in molte parti dell’India nord-orientale.

Il patchouli è un ingrediente importante nell’incenso dell’Asia orientale. Sia il patchouli che l’incenso hanno conosciuto un’impennata di popolarità negli anni ’60 e ’70 negli Stati Uniti e in Europa, principalmente come risultato del movimento hippie di quei decenni. Lo ricordate bene, ora?

E cos’è il cristallo di rocca, con il quale venne prodotto il contenitore? E’ una pietra chiamata quarzo ialino. Di solito è perfettamente trasparente, con aspetto simile al vetro e al cristallo artificiale, da cui si può distinguere facilmente, come tutte le sostanze minerali, per la sensazione di freddo che provoca al saggio con la lingua.

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