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Scopri il lato B: cosa c’è sul retro dei dipinti antichi. Prima e dopo. Con gli abiti e senza


Martin van Meytens, Suora in preghiera, 1731
Martin van Meytens, Suora in preghiera, 1731

E’ quasi un gioco infantile. Una delle prime concatenazioni che si imparano sono i concetti davanti-dietro, prima-dopo. E attorno a questi punti cardinali ruota la conoscenza del mondo: la scoperta e l’esame delle cose – che vanno esaminate anche nel lato nascosto, con creatività di uno sguardo che non si accontenta della visione frontale – e l’introiezione della dimensione del tempo. E’ per questa magia, che da adulti applichiamo con sistematicità nella vita e nella sfera sessuale, che certi giochi di pittori risultano molto eccitanti perchè uniscono il disvelamento alla scoperta, alla sorpresa, al rivelarsi del lato ordinariamente proibito

DAVANTI-DIETRO
Ufficialmente uno dei primi, per quanto se ne sa, a fare pittoricamente questo gioco è un artista svedese. Non sarà stato magari il primissimo – ma certo è stato efficacissimo a mettere sulla tela il davanti-dietro e, contemporaneamente, il prima-dopo. Il suo nome è Martin van Meytens, ha dipinto due quadri, nel 1731:Suora in preghiera, 1731, recto e verso. Un colpo incredibile, dotato di una forza che noi oggi neppure immaginiamo. Vedere la nudità di una suora per i nostri occhi è certo una irregolarità rispetto a una norma, ma non è la frantumazione di un tabù visivo profondamente incardinato alla morale. Per i nostri antenati questo doppio quadro era sensorialmente esplosivo. La separazione del convento, l’idea di perversione collegata a gruppi femminili conchiusi, la presenza di migliaia di ragazze ancora giovani, bellissime e vivaci non lasciava pace ai maschi. Al punto da trasformare i conventi femminili in luoghi mitici in cui tentare l’effrazione. Aitanti giovanotti scavarono persino tunnel segreti- accade a Brescia ad esempio – che consentivano alle monache di entrare e di uscire e di incontrare gli amanti. Ma qui ciò che conta è il davanti-dietro.

Martin van Meytens, Suora in preghiera, 1731
Martin van Meytens, Suora in preghiera, 1731

L’immagine sembra ancor più viva perchè è possibile compiere ciò che gli scultori ritenevano impossibile a chi osservasse un quadro: girare attorno all’oggetto rappresentato. Altro particolare non trascurabile. I due soggetti, presumibilmente sovrapposti, come due pagine di un libro, e uniti da una cerniera – in copertina la monaca vestita, all’interno la monaca nuda – furono realizzati all’arrivo del pittore, dopo un periodo trascorso a Roma, nella cattolicissima corte di Vienna. Il committente sarà stato certamente un nobiluomo libertino. Erano gli anni della demolizione dei princìpi sovrani della tradizione, attraverso l’arma dell’evidenza del sesso, contro l’eros nascosto dall’ipocrisia. In passato, a Venezia,  i quadri sovrapposti erano numerosi, anche se non ci risulta esistessero coppie di prima-dopo, perchè questi lavori venivano poi smembrati per ricavare più denaro all’atto della vendita, ma non crediamo che qualche committente ardito e qualche pittore divertito, già dal Cinquecento, si siano fatti sfuggire questa opportunità.

Del resto i dipinti con soggetto erotico non apparivano nelle stanze principali, ma negli studioli personali o nelle camere da letto, spesso coperti da tendine, per evitare che lo sguardo dei bambini o del personale si appuntasse su di essi. La presenza di quadri erotici nelle stanze da letto era evidentemente una fonte di eccitazione per i proprietari.
IL DOPO- PRIMA
RITORNA PRIMA-DOPO

Dipinti di Boucher
Dipinti di Boucher

foto 13
Quello che è certo è il fatto che la Maja desnuda (1800) è stata dipinta prima della Maja vestida, forse anche solo di qualche mese.  Non è escluso che il completamento di questa coppia di dipinti sia avvenuto per garantire la copertura del primo quadro scabroso. La maggior parte degli studiosi concorda nell’affermare che il soggetto rappresenta Pepita Tudò. l’amante del primo ministro spagnolo Gody e che entrambi gli oli erano destinati al gabinetto privato dell’uomo politico. Le dimensioni delle tele sono identiche: 96 centimetri di altezza, 190 di base. Un pendant perfetto che poteva essere montato in sovrapposizione. Per sè, per la propria amante e per un ristretto numero di amici, Gody poteva disporre di un grande spettacolo..
L’eccitante sequenza prima-dopo, vestita nuda, viene ripresa nell’Ottocento dal pittore belga Antoine Joseph Wiertz (1806–1865), con il quadro qui sotto
foto 11
PRIMA-DOPO NELLA FOTOGRAFIA
E NELLE IMMAGINI DI MASSA
L’opera di Van Meytens aprì la strada ad altri esperimenti ben riusciti, fino ai nostri tempi, ai tempi della fotografia. , Newton esercitò qui la massima libertà, evitando uno scatto tecnicamente appoggiato ad elementi tecnologici di supporto; si divertì a lavorare in condizioni di luce non potenziate, strappando, in questo modo, la ragazza a un’intimità che sembrava inviolabile. E del resto nella sequenza – Sylvia vestita, Sylvia nuda – egli moltiplicò il gioco voyeuristico dello spogliare, al centro vivificante dell’occhio maschile. Ciò che contava era conferire al doppio scatto,l’idea di un’intimità inaccessibile che era stata violata, grazie alla seduzione. Il volto di Sylvia è distante; un lieve imbarazzo lo offusca.Il modello al quale Newton attinse, sia nella sequenza nuda-vestita, che nella postura della modella. fu quella della Maja vestida e della Maja desnuda di Goya. Newton giocò sull’impedimento dell”abito da profanare e da estinguere, seguendo il processo voyeuristico maschile.

Le due immagini di Sylvia, scattate da Helmut Newton a Brescia, nel 1981. L'opera si ispira alla Maja Desnuda e alla Maja vestida di Goya
Le due immagini di Sylvia, scattate da Helmut Newton a Brescia, nel 1981. L’opera si ispira alla Maja Desnuda e alla Maja vestida di Goya

Bellissimo anche questo doppio scatto di Newton, realizzato per la rivista Vogue, a Parigi. Poichè risultava centrale mostrare gli abiti, qui Newton ribalta i termini temporali. Una curiosità: questa fotografia è stata venduta nel 2008 a 241mila dollari
newton

DIETRO LA TELA
SENZA PRIMA-DOPO
Agli Uffizi una mostra molto interessante intitolata “Dietrofront. Il lato nascosto delle collezioni”, ha svelato la ricchezza della storia degli antichi supporti, attraverso quaranta opere, le storie contenute nel loro retro, ovvero nel lato quasi mai visibile, in cui si trovano altri dipinti, bozzetti, prove di pittura, poesie, annotazioni manoscritte, numeri di antichi inventari, cartellini di esposizioni o attestazioni di proprietà, ceralacche e molto altro ancora. Ecco alcuni quadri degli Uffizi, recto e verso.

DAVANTI E DIETRO

FRANCOIS-XAVIER FABRE (Montpellier 1766 – 1837) Recto: Ritratto di Luisa di Stolberg, contessa d’Albany Verso: sonetto alfierianoolio su tela s.c. 93 x 73 cm c.c. 111,5 x 91,5 x 9 cm (sp.) Galleria degli Uffizi
FRANCOIS-XAVIER FABRE (Montpellier 1766 – 1837) Recto: Ritratto di Luisa di Stolberg, contessa d’Albany Verso: sonetto alfierianoolio su tela s.c. 93 x 73 cm c.c. 111,5 x 91,5 x 9 cm (sp.) Galleria degli Uffizi
FRANCOIS-XAVIER FABRE (Montpellier 1766 – 1837); sonetto alfieriano 1793; olio su tela s.c. 93 x 73 cm c.c. 111,5 x 91,5 x 9 cm (sp.) Galleria degli Uffizi
FRANCOIS-XAVIER FABRE (Montpellier 1766 – 1837); sonetto alfieriano 1793; olio su tela s.c. 93 x 73 cm c.c. 111,5 x 91,5 x 9 cm (sp.) Galleria degli Uffizi

DAVANTI E DIETRO

ACOPO PALMA IL VECCHIO (Serina 1480 - Venezia 1528) Recto: Ritratto di donna 1515 circa Inv. 1890 n. 10094 Olio su tavola s.c. 67 x 54 cm c.c. 70 x 56,5 cm Galleria degli Uffizi
JACOPO PALMA IL VECCHIO (Serina 1480 – Venezia 1528) Recto: Ritratto di donna 1515 circa Inv. 1890 n. 10094 Olio su tavola s.c. 67 x 54 cm c.c. 70 x 56,5 cm Galleria degli Uffizi
JACOPO PALMA IL VECCHIO (Serina 1480 - Venezia 1528); Verso: Autoritratto? 1515 circa Inv. 1890 n. 10094 Olio su tavola s.c. 67 x 54 cm c.c. 70 x 56,5 cm Galleria degli Uffizi
JACOPO PALMA IL VECCHIO (Serina 1480 – Venezia 1528); Verso: Autoritratto? 1515 circa Inv. 1890 n. 10094 Olio su tavola s.c. 67 x 54 cm c.c. 70 x 56,5 cm Galleria degli Uffizi

Secondo Cristina Acidini, già Soprintendente per il Polo Museale Fiorentino, “Il retro protagonista, dunque, con opere scelte, in questa bella mostra curata con acutezza da Giovanna Giusti d’intesa con Antonio Natali, dalle sale e dei depositi degli Uffizi. Dall’alto delle Sale Rosse nel braccio di Ponente, il Nano Morgante di Agnolo Bronzino (per lungo tempo oggetto di un sapientissimo restauro da parte di Ezio Buzzegoli), ne è l’ideale capofila, grazie all’invenzione del suo autore di dipingere la veduta frontale del nano di corte in atti da cacciatore su una faccia della tela, e la veduta tergale del nano stesso, con le prede, sull’altra. Ma si arriva anche ai giorni d’oggi, dove un altro “Nano” (Silvano Campeggi, grande pittore e illustratore che ha creato nel secolo appena concluso le icone del cinema internazionale) rivolge all’osservatore la schiena dritta e la chioma bianca, per rivelare il tre quarti del volto solo sulla tela retrostante in un intrigante doppio autoritratto”.
DAVANTI E DIETRO

Peruzzi Baldassarre (Ancaiano 1481 – Roma 1536) Ritratto del card. Pietro Accolti Olio su tavola, 26 x 19 cm Galleria degli Uffizi, Inv. 1890 n. 759
Peruzzi Baldassarre (Ancaiano 1481 – Roma 1536) Ritratto del card. Pietro Accolti Olio su tavola, 26 x 19 cm Galleria degli Uffizi, Inv. 1890 n. 759
Peruzzi Baldassarre (Ancaiano 1481 – Roma 1536) Verso del Ritratto del card. Pietro Accolti Olio su tavola, 26 x 19 cm Galleria degli Uffizi, Inv. 1890 n. 759
Peruzzi Baldassarre (Ancaiano 1481 – Roma 1536) Verso del Ritratto del card. Pietro Accolti Olio su tavola, 26 x 19 cm Galleria degli Uffizi, Inv. 1890 n. 759

Come commentava Antonio Natali, già Direttore degli Uffizi, “I visitatori della Galleria sentono il fascino delle grandi opere esibite nelle sale del museo fiorentino, ma sovente ancor più sono attratti dall’idea che ognuna di esse nasconda un mistero. E il più delle volte è anche vero; soprattutto perché raramente gli storici dell’arte s’impegnano a ricostruire le trame iconologiche sottese ai quadri (che dunque restano appunto misteriosi). Di sicuro però è vero che nessuno dei visitatori può vedere cosa celi il retro di una tela o di una tavola, giacché la faccia che a lui si mostra è quella nobile. La parte posteriore resta un mistero. In questo senso l’esposizione odierna sarà anche un bel divertimento intellettuale”.
DAVANTI E DIETRO

cuola di Bronzino Ritratto di Francesco I de’ Medici o Piero de’ Medici sec. XVI (1560 ca.) olio su stagno, 15,9 x 12,5 cm Galleria degli Uffizi, Inv. 1890 n. 4040
Scuola di Bronzino Ritratto di Francesco I de’ Medici o Piero de’ Medici sec. XVI (1560 ca.) olio su stagno, 15,9 x 12,5 cm Galleria degli Uffizi, Inv. 1890 n. 4040
Scuola di Bronzino, verso del Ritratto di Francesco I de’ Medici o Piero de’ Medici sec. XVI (1560 ca.) olio su stagno, 15,9 x 12,5 cm Galleria degli Uffizi, Inv. 1890 n. 4040
Scuola di Bronzino, verso del Ritratto di Francesco I de’ Medici o Piero de’ Medici sec. XVI (1560 ca.) olio su stagno, 15,9 x 12,5 cm Galleria degli Uffizi, Inv. 1890 n. 4040

Tra le opere del Quattrocento, la scena dell’Annunciazione è dipinta nel retro delle tavole dei nobili ritratti dei Baroncelli, mentre nel Trittico di Froment, che nella severità della cultura d’Oltralpe scandisce episodi della vita di Cristo, culminanti al centro nella resurrezione di Lazzaro, le ante chiuse presentano, insieme alla Madonna col Bambino, i committenti dell’opera.
Esempi di raffinata e rarissima combinazione sono costituiti dalla Deposizione di Gerard David, che conserva nel retro una matrice d’incisione, dove sono raffigurati i progenitori, e da una preziosa ‘custodia’ di Jan Brueghel il vecchio, che proteggeva, riproponendolo in copia, l’originale di Dürer raffigurante Il Grande Calvario, opera che a sua volta ha nel retro un Paesaggio dipinto dal medesimo Brueghel; mentre il doppio Palma il Vecchio riunisce un ritratto di donna e l’autoritratto del pittore veneto.

Anche un Altare da viaggio, racchiuso in un prezioso baule, in uso alla Corte medicea e uno stipo ottocentesco riservano altre sorprese.
Liriche trascritte sul retro di ritratti ampliano la sfera intima dell’autore con dediche d’amore (Alfieri e la contessa d’Albany dipinti dal Fabre) o accompagnano l’autoritratto che viene offerto in dono (Pier Leone Ghezzi e Giovanni Camillo Ciabilli).
Talvolta gli autoritratti degli artisti, come nel caso di Mosè Bianchi, Luigi Russolo, Gregorio Sciltian e altri, conservano nel verso la scelta di un riuso del supporto, testimoniato da un’altra pittura. Il visitatore veniva idealmente condotto all’interno dell’atelier al momento della creazione, dove tornano in superficie curiosità come una scena d’ambiente con un gatto e un topo o ritratti capovolti.
In alcuni casi, l’opera nasce in doppio, come nell’autoritratto del brasiliano Camara che pare sprofondare nella tavola per ricomparire sul retro, o come nella doppia effigie di Nano Campeggi, che si mostra di spalle nel recto, mentre fa affiorare sul verso un bozzetto del suo volto giovane e sorridente .

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