
E’ quasi un gioco infantile. Una delle prime concatenazioni che si imparano sono i concetti davanti-dietro, prima-dopo. E attorno a questi punti cardinali ruota la conoscenza del mondo: la scoperta e l’esame delle cose – che vanno esaminate anche nel lato nascosto, con creatività di uno sguardo che non si accontenta della visione frontale – e l’introiezione della dimensione del tempo. E’ per questa magia, che da adulti applichiamo con sistematicità nella vita e nella sfera sessuale, che certi giochi di pittori risultano molto eccitanti perchè uniscono il disvelamento alla scoperta, alla sorpresa, al rivelarsi del lato ordinariamente proibito
DAVANTI-DIETRO
Ufficialmente uno dei primi, per quanto se ne sa, a fare pittoricamente questo gioco è un artista svedese. Non sarà stato magari il primissimo – ma certo è stato efficacissimo a mettere sulla tela il davanti-dietro e, contemporaneamente, il prima-dopo. Il suo nome è Martin van Meytens, ha dipinto due quadri, nel 1731:Suora in preghiera, 1731, recto e verso. Un colpo incredibile, dotato di una forza che noi oggi neppure immaginiamo. Vedere la nudità di una suora per i nostri occhi è certo una irregolarità rispetto a una norma, ma non è la frantumazione di un tabù visivo profondamente incardinato alla morale. Per i nostri antenati questo doppio quadro era sensorialmente esplosivo. La separazione del convento, l’idea di perversione collegata a gruppi femminili conchiusi, la presenza di migliaia di ragazze ancora giovani, bellissime e vivaci non lasciava pace ai maschi. Al punto da trasformare i conventi femminili in luoghi mitici in cui tentare l’effrazione. Aitanti giovanotti scavarono persino tunnel segreti- accade a Brescia ad esempio – che consentivano alle monache di entrare e di uscire e di incontrare gli amanti. Ma qui ciò che conta è il davanti-dietro.

L’immagine sembra ancor più viva perchè è possibile compiere ciò che gli scultori ritenevano impossibile a chi osservasse un quadro: girare attorno all’oggetto rappresentato. Altro particolare non trascurabile. I due soggetti, presumibilmente sovrapposti, come due pagine di un libro, e uniti da una cerniera – in copertina la monaca vestita, all’interno la monaca nuda – furono realizzati all’arrivo del pittore, dopo un periodo trascorso a Roma, nella cattolicissima corte di Vienna. Il committente sarà stato certamente un nobiluomo libertino. Erano gli anni della demolizione dei princìpi sovrani della tradizione, attraverso l’arma dell’evidenza del sesso, contro l’eros nascosto dall’ipocrisia. In passato, a Venezia, i quadri sovrapposti erano numerosi, anche se non ci risulta esistessero coppie di prima-dopo, perchè questi lavori venivano poi smembrati per ricavare più denaro all’atto della vendita, ma non crediamo che qualche committente ardito e qualche pittore divertito, già dal Cinquecento, si siano fatti sfuggire questa opportunità.
Del resto i dipinti con soggetto erotico non apparivano nelle stanze principali, ma negli studioli personali o nelle camere da letto, spesso coperti da tendine, per evitare che lo sguardo dei bambini o del personale si appuntasse su di essi. La presenza di quadri erotici nelle stanze da letto era evidentemente una fonte di eccitazione per i proprietari.
IL DOPO- PRIMA
RITORNA PRIMA-DOPO

Quello che è certo è il fatto che la Maja desnuda (1800) è stata dipinta prima della Maja vestida, forse anche solo di qualche mese. Non è escluso che il completamento di questa coppia di dipinti sia avvenuto per garantire la copertura del primo quadro scabroso. La maggior parte degli studiosi concorda nell’affermare che il soggetto rappresenta Pepita Tudò. l’amante del primo ministro spagnolo Gody e che entrambi gli oli erano destinati al gabinetto privato dell’uomo politico. Le dimensioni delle tele sono identiche: 96 centimetri di altezza, 190 di base. Un pendant perfetto che poteva essere montato in sovrapposizione. Per sè, per la propria amante e per un ristretto numero di amici, Gody poteva disporre di un grande spettacolo..
L’eccitante sequenza prima-dopo, vestita nuda, viene ripresa nell’Ottocento dal pittore belga Antoine Joseph Wiertz (1806–1865), con il quadro qui sotto
PRIMA-DOPO NELLA FOTOGRAFIA
E NELLE IMMAGINI DI MASSA
L’opera di Van Meytens aprì la strada ad altri esperimenti ben riusciti, fino ai nostri tempi, ai tempi della fotografia. , Newton esercitò qui la massima libertà, evitando uno scatto tecnicamente appoggiato ad elementi tecnologici di supporto; si divertì a lavorare in condizioni di luce non potenziate, strappando, in questo modo, la ragazza a un’intimità che sembrava inviolabile. E del resto nella sequenza – Sylvia vestita, Sylvia nuda – egli moltiplicò il gioco voyeuristico dello spogliare, al centro vivificante dell’occhio maschile. Ciò che contava era conferire al doppio scatto,l’idea di un’intimità inaccessibile che era stata violata, grazie alla seduzione. Il volto di Sylvia è distante; un lieve imbarazzo lo offusca.Il modello al quale Newton attinse, sia nella sequenza nuda-vestita, che nella postura della modella. fu quella della Maja vestida e della Maja desnuda di Goya. Newton giocò sull’impedimento dell”abito da profanare e da estinguere, seguendo il processo voyeuristico maschile.

Bellissimo anche questo doppio scatto di Newton, realizzato per la rivista Vogue, a Parigi. Poichè risultava centrale mostrare gli abiti, qui Newton ribalta i termini temporali. Una curiosità: questa fotografia è stata venduta nel 2008 a 241mila dollari
DIETRO LA TELA
SENZA PRIMA-DOPO
Agli Uffizi una mostra molto interessante intitolata “Dietrofront. Il lato nascosto delle collezioni”, ha svelato la ricchezza della storia degli antichi supporti, attraverso quaranta opere, le storie contenute nel loro retro, ovvero nel lato quasi mai visibile, in cui si trovano altri dipinti, bozzetti, prove di pittura, poesie, annotazioni manoscritte, numeri di antichi inventari, cartellini di esposizioni o attestazioni di proprietà, ceralacche e molto altro ancora. Ecco alcuni quadri degli Uffizi, recto e verso.
DAVANTI E DIETRO


DAVANTI E DIETRO


Secondo Cristina Acidini, già Soprintendente per il Polo Museale Fiorentino, “Il retro protagonista, dunque, con opere scelte, in questa bella mostra curata con acutezza da Giovanna Giusti d’intesa con Antonio Natali, dalle sale e dei depositi degli Uffizi. Dall’alto delle Sale Rosse nel braccio di Ponente, il Nano Morgante di Agnolo Bronzino (per lungo tempo oggetto di un sapientissimo restauro da parte di Ezio Buzzegoli), ne è l’ideale capofila, grazie all’invenzione del suo autore di dipingere la veduta frontale del nano di corte in atti da cacciatore su una faccia della tela, e la veduta tergale del nano stesso, con le prede, sull’altra. Ma si arriva anche ai giorni d’oggi, dove un altro “Nano” (Silvano Campeggi, grande pittore e illustratore che ha creato nel secolo appena concluso le icone del cinema internazionale) rivolge all’osservatore la schiena dritta e la chioma bianca, per rivelare il tre quarti del volto solo sulla tela retrostante in un intrigante doppio autoritratto”.
DAVANTI E DIETRO


Come commentava Antonio Natali, già Direttore degli Uffizi, “I visitatori della Galleria sentono il fascino delle grandi opere esibite nelle sale del museo fiorentino, ma sovente ancor più sono attratti dall’idea che ognuna di esse nasconda un mistero. E il più delle volte è anche vero; soprattutto perché raramente gli storici dell’arte s’impegnano a ricostruire le trame iconologiche sottese ai quadri (che dunque restano appunto misteriosi). Di sicuro però è vero che nessuno dei visitatori può vedere cosa celi il retro di una tela o di una tavola, giacché la faccia che a lui si mostra è quella nobile. La parte posteriore resta un mistero. In questo senso l’esposizione odierna sarà anche un bel divertimento intellettuale”.
DAVANTI E DIETRO


Tra le opere del Quattrocento, la scena dell’Annunciazione è dipinta nel retro delle tavole dei nobili ritratti dei Baroncelli, mentre nel Trittico di Froment, che nella severità della cultura d’Oltralpe scandisce episodi della vita di Cristo, culminanti al centro nella resurrezione di Lazzaro, le ante chiuse presentano, insieme alla Madonna col Bambino, i committenti dell’opera.
Esempi di raffinata e rarissima combinazione sono costituiti dalla Deposizione di Gerard David, che conserva nel retro una matrice d’incisione, dove sono raffigurati i progenitori, e da una preziosa ‘custodia’ di Jan Brueghel il vecchio, che proteggeva, riproponendolo in copia, l’originale di Dürer raffigurante Il Grande Calvario, opera che a sua volta ha nel retro un Paesaggio dipinto dal medesimo Brueghel; mentre il doppio Palma il Vecchio riunisce un ritratto di donna e l’autoritratto del pittore veneto.
Anche un Altare da viaggio, racchiuso in un prezioso baule, in uso alla Corte medicea e uno stipo ottocentesco riservano altre sorprese.
Liriche trascritte sul retro di ritratti ampliano la sfera intima dell’autore con dediche d’amore (Alfieri e la contessa d’Albany dipinti dal Fabre) o accompagnano l’autoritratto che viene offerto in dono (Pier Leone Ghezzi e Giovanni Camillo Ciabilli).
Talvolta gli autoritratti degli artisti, come nel caso di Mosè Bianchi, Luigi Russolo, Gregorio Sciltian e altri, conservano nel verso la scelta di un riuso del supporto, testimoniato da un’altra pittura. Il visitatore veniva idealmente condotto all’interno dell’atelier al momento della creazione, dove tornano in superficie curiosità come una scena d’ambiente con un gatto e un topo o ritratti capovolti.
In alcuni casi, l’opera nasce in doppio, come nell’autoritratto del brasiliano Camara che pare sprofondare nella tavola per ricomparire sul retro, o come nella doppia effigie di Nano Campeggi, che si mostra di spalle nel recto, mentre fa affiorare sul verso un bozzetto del suo volto giovane e sorridente .
