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Il segreto dell'unità e della compassione. Viaggio nella cultura dell'ebraismo italiano. A Ferrara


Ferrara: il Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah – MEIS nasce con la legge del 17 aprile 2003 n. 91, poi emendata dalla legge n. 296 del 27 dicembre 2006, “quale testimonianza delle vicende che hanno caratterizzato la bimillenaria presenza ebraica in Italia”.
Questa decisione riconosce e valorizza l’eccezionale continuità di un percorso ricco, ininterrotto, ma ai più sconosciuto, in cui gli ebrei hanno portato alla storia e al tessuto del Paese le proprie tradizioni e un fondamentale contributo culturale, tra periodi di convivenza e interazioni feconde, e altri di persecuzioni, cominciate dalla chiusura nei ghetti e culminate nella tragedia della Shoah.
Nel raccontare l’esperienza di vita di una minoranza consolidata, il MEIS è soprattutto un luogo di incontro e di scambio. Un laboratorio di idee e di riflessioni aperto a tutti, che stimola il dibattito sull’ebraismo e sul valore del dialogo tra culture.

La vicenda degli ebrei italiani è parte integrante della storia d’Italia e dei suoi snodi, ed è significativa di una realtà oggi attualissima: quella della convivenza tra culture diverse e del rapporto tra l’identità di maggioranza e quelle minoritarie. L’ebraismo è una delle culture più antiche che vivono in Italia, dove la sua presenza ininterrotta è documentata fin da prima che comparisse il cristianesimo. E anzi, per certi versi, ne costituisce la premessa. La storia della comunità ebraica italiana affonda, infatti, nel II secolo prima dell’era volgare (a.C.), come testimoniano reperti archeologici di lapidi tombali e iscrizioni dedicatorie. I primi ebrei arrivarono a Roma grazie agli intensi scambi commerciali nel bacino del Mediterraneo e già nel I secolo e.v. (d.C.) la comunità ebraica romana era fiorente e stabile, tanto che poté riscattare gli ebrei fatti schiavi durante l’assedio di Gerusalemme del 70, quando il generale Tito, futuro imperatore, distrusse il Tempio per ordine del padre Vespasiano. Da Roma gli ebrei si sparsero presto lungo tutta la penisola: a sud, dove raggiunsero fino al dieci per cento della popolazione, e a nord, soprattutto lungo le coste.
Gli ebrei italiani sono quelli che vivono in Italia o hanno ascendenze italiane o, in senso più ristretto, appartengono all’antica comunità di rito italiano (minhag italkì), diversamente dalle comunità risalenti all’epoca medievale o moderna, che fanno riferimento al rito sefardita (praticato dagli ebrei provenienti dalla Spagna e dal bacino mediterraneo) o askenazita (degli ebrei provenienti dalla Germania e dal nord Europa).
L’ebraismo italiano accolse e integrò, dopo il 1492, gli ebrei espulsi dalla Spagna, dal Portogallo e dai territori di dominio spagnolo, oltre a molti ebrei in fuga dal centro Europa. Alla loro fioritura vennero tuttavia messi continui limiti. A Venezia, nel 1516, fu fondato il primo ghetto della storia, una forma di segregazione in seguito istituita anche a Roma e in quasi in tutte le città italiane. Solo dopo Napoleone gli ebrei italiani cominciarono ad essere emancipati e parteciparono numerosi sia al processo risorgimentale che portò all’Unità d’Italia, sia alla prima guerra mondiale, per difendere la patria. Nel 1938, le leggi razziali emanate da Mussolini segregarono e discriminarono nuovamente gli ebrei fino a provocarne la persecuzione, la deportazione e la morte (circa 9.000 furono arrestati in territorio italiano e uccisi durante il fascismo e l’occupazione nazista). Solo con la nascita della Repubblica e la firma della Costituzione è stata riconosciuta agli ebrei l’appartenenza di diritto all’identità dell’Italia, un Paese che hanno contribuito a fondare.
L’ebraismo è la civiltà millenaria che prende le mosse da Abramo, capostipite delle tre grandi religioni monoteistiche. Il suo baricentro è la Torah, composta dai cinque libri trasmessi, secondo la tradizione ebraica, da Dio al popolo di Israele tramite il profeta Mosè. Questo testo è conosciuto come la Bibbia ebraica, o Pentateuco, definito dal mondo cristiano Antico Testamento. La Torah è, per gli ebrei, non solo un libro di riferimento da studiare e commentare per tutta la vita, ma anche un codice di leggi da rispettare e un cosmo entro cui situare l’esistenza.
Alla Torah si aggiungono, come testi di riferimento, quelli che narrano la vita dei Profeti e dei Re di Israele, nonché alcuni Scritti Agiografi. Il complesso di queste scritture si chiama Tanach, acronimo di Torah, Neviim (ossia Profeti) e Chetuvim (ovvero Scritti).
Oltre alla Legge scritta (Torah), gli ebrei hanno tramandato la legge orale (Mishnah), a sua volta trascritta in sei trattati e commentata nei secoli (dal I e II secolo dell’era volgare), fino a costituire un altro fondamentale testo della cultura ebraica che è il Talmud: un ricco compendio di domande, risposte e commenti di rabbini e maestri, raccolti nei secoli, con cui gli ebrei si confrontano anche oggi per interpretare e dare risposte ad ogni problematica della vita.
Da sempre numericamente esigui, gli ebrei hanno vissuto per circa duemila anni – dal 586 a.e.v., con la distruzione del Tempio di Gerusalemme da parte dei Babilonesi, e dopo il 70 e.v., con la sua distruzione da parte dei Romani – dispersi tra culture, lingue e regimi diversi: è il fenomeno storico chiamato “diaspora” (in greco, dispersione), che identifica per lunghi secoli la storia ebraica. Solo con la nascita dello Stato di Israele, nel 1948, gli ebrei hanno ricostituito un fulcro anche territoriale della propria cultura.
Gli ebrei sono il popolo che ha diffuso l’idea del monoteismo e i valori fondanti della nostra civiltà, basata sui dieci comandamenti consegnati da Dio al popolo di Israele tramite Mosè, sul Monte Sinai (come racconta la Torah), e rivolti all’intera umanità. I dieci comandamenti rappresentano la Legge, che nell’ebraismo è centrale e guida la vita individuale e collettiva negli eventi grandi e in quelli quotidiani. L’ebraismo si configura, pertanto, come una successione di generazioni in cui ogni passo è un piccolo, ma imprescindibile anello capace di garantire la continuità, come traspare, ad esempio, nel Talmud.
Altrettanto centrale, per gli ebrei, è l’idea della responsabilità individuale: nel rispetto della legge, ma anche nel concetto di una compassione reciproca che è principio sociale. Ogni individuo è coinvolto nel destino altrui e in qualche modo lo determina. Altrettanto, gli ebrei si sentono coinvolti nel destino di tutte le settanta nazioni della terra.
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