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Silvia Bigi, quella sottile linea di confine che corre tra me e te. Corpi, amore, terra, nazioni


Stile Arte intervista Silvia Bigi, insignita del secondo premio nella sezione Fotografia, al Nocivelli 2018.
 

Silvia Bigi, The line between you and me

https://www.premionocivelli.it/artista/silvia-bigi

Iniziamo con una breve scheda anagrafica, come se leggessimo una carta d’identità. Sotto il profilo della produzione artistica può immediatamente specificare il suo orientamento stilistico ed espressivo?

Silvia Bigi © Angelo Palmieri

Sono nata a Ravenna nel 1985. Dopo la laurea al DAMS di Bologna, ho conseguito un master presso il Centro Sperimentale di Fotografia Adams di Roma, poi un corso all’ICP (International Center of Photography) di New York.
“La ricerca di Silvia Bigi – ha scritto Ada Sbriccoli – ha come punto di partenza episodi del suo vissuto personale che si intrecciano e attraversano una storia collettiva più ampia. La memoria di eventi traumatici, l’identità di genere e l’impatto che le strutture famigliari e le tradizioni culturali hanno sui nostri corpi sono alcuni dei temi interrogati nelle sue opere.”
Il mio medium principale è la fotografia, anche se sono interessata sopratutto alla sua natura ‘liminale’: tento di esplorare la fotografia come linguaggio, i suoi confini così come le connessioni con altri media. I temi più ricorrenti nel mio lavoro sono l’identità, la memoria, e la relazione fra macrocosmo e microcosmo. Lavoro spesso su progetti cross-mediali, annettendo alle immagini anche video installazioni, arte e tessile e sound art.

Nell’ambito dell’arte, della filosofia, della politica, del cinema o della letteratura chi e quali opere hanno successivamente inciso, in modo più intenso, sulla sua produzione? Perché?
Non credo che esista un’opera o corrente che possa avere influenzato interamente la mia ricerca. Credo che le ispirazioni da cui mi lascio attraversare arrivino di mano in mano, e che stimolino fortemente il mio processo creativo. Sicuramente la letteratura e il cinema sono per me importanti fonti cui attingere. A volte penso persino che tutte le suggestioni raccolte nel corso della vita diventino una sorta di macro-testo, un libro individuale e indentitario cui attingere, dove ricercare i propri significati e da cui partire per produrre nuove opere.

Può analizzare nei temi e nei contenuti l’opera da lei realizzata e presentata al Premio Nocivelli, illustrando le modalità operative che hanno portato alla realizzazione?
L’opera presentata al Premio Nocivelli, The line between you and me, è una riflessione sul tema dei confini e sul significato di linea. Mi ha ispirato una frase di Massimo Cacciari: «Una linea è ciò che divide la mia realtà da un’altra. Cosa definisce di più il mio corpo se non un confine, con annessi i pericoli di sfiorare o essere sfiorati, di essere feriti o di ferire? »
Quando ci mettiamo in gioco in un rapporto, corriamo il rischio di perderci, di trovarci ad un punto in cui è necessario dover ridefinire la nostra identità. Questo accade nelle relazioni famigliari e intime, così come in quelle sociali e collettive. Osservando un confine geopolitico, mi interrogo sulla paura dell’incontro come sulla sua necessità profonda. Siamo in un momento storico in cui le identità nazionali, religiose, culturali, si stanno scontrando e ridefinendo più che in passato. Queste lotte stanno mettendo molte persone di fronte alle più profonde e ancestrali paure: la paura di perdere chi siamo, la paura di trasformare un sistema di pensiero ereditato, che crediamo ci definisca. La paura, forse, di vedersi riflessi nell’altro. Con quest’opera tento di spingere l’osservatore a trovare affinità fra l’intimo e il collettivo, nel tentativo di stimolare un nuovo “attraversamento” della linea che ci divide dall’altro, qualunque esso sia.

Sent by Barbara Bongetta

 
 
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