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Il significato della scimmia nell’arte


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Gabriel von Max (1840-1915), Les singes critiques d’art 1889, Nouvelle Pinacothèque, Munich Les singes critiques d’art, 1889, Nouvelle Pinacothèque, Munich
Gabriel von Max (1840-1915), Les singes critiques d’art, 1889, Nouvelle Pinacothèque, Munich

di Vera Bugatti

E difficile per l’umanità rispecchiarsi nel volto e nel corpo della scimmia. E ciò non solo dopo la diffusione del darwinismo che diede base scientifica a ciò che l’uomo – a livello di sospetto o di divertente gioco di specularità – aveva intuito da tempi immemori: la familiare contiguità tra le specie.

L’apparato simbolico che si riferisce all’animale più simile a noi è pertanto quanto mai sfaccettato, e le sue metamorfosi si perdono nella notte dei tempi. Nell’universo ambiguo ed equivoco dei simboli, al di là dell’asservimento ai modelli più noti del bestiario cristiano, si riscontrano contenuti e istanze differenti e in opposizione tra loro. Ciò, soprattutto, nel raffronto tra culture territorialmente distanti.
La scimmia, incarnazione della sfrenatezza sessuale per i cristiani e della fertilità per la cultura induista, è simbolo alchemico di trasformazioni e trasmutazioni, dialogo tra gli strati superiori ed inferiori della coscienza secondo dinamiche di congiungimento. Non può comunque sfuggire il fatto che, nella cultura occidentale, questi animali sono stati generalmente intesi come forma arcaica di umanità, quindi uomini in potenza ma non in atto, in quanto privi di un’anima e pertanto preda dei desideri primari: la fame smodata e l’inclinazione a una sessualità senza regole apparenti. Per dirla con Freud: un nodo di pulsioni, la quintessenza dell’Es senza un Super Io in grado di mitigare e dirigere la violenza degli istinti.
Già nel mito greco, la scimmia è vista come un bandito di strada. E’ la forza primordiale e irrazionale. E’ Dioniso (reincarnazione dell’orfico Zagreo), simbolo della rinascita attraverso il dolore, nel quale rivive il mito del dio sbranato dai Titani e vendicato dal padre Zeus, che modellerà gli uomini con le ceneri dei cannibali.

Un'incisione di Albrecht Dürer. La scimmia legata rappresenta gli istinti primordiali tenuti a freno
Un’incisione di Albrecht Dürer. La scimmia legata rappresenta gli istinti primordiali tenuti a freno

La cultura cinese la osserva da un punto di vista contrario, attribuendole addirittura qualità legate all’iniziazione, onorandone intelligenza e furbizia. E per la tradizione tibetana – che la inquadra anche come un bodhisattva, cioè un essere che cerca l’illuminazione, aiutando gli altri esseri senzienti grazie all’esperienza della suprema conoscenza – è simbolo della coscienza sensibile, seppur dominata dall’incostanza. Al contrario, in Giappone – Paese che vede, come noi, l’immagine di questo animale come un piccolo, selvaggio e diabolico uomo in nuce -, l’usanza vuole che, durante la cerimonia del matrimonio, non si debba pronunciare la parola “scimmia” perché farebbe fuggire la sposa.

La saga di Gilgamesh – in linea con quello che sarà il pensiero occidentale legato all’idea dell’animale arboricolo come “uomo in potenza” – racconta il momento in cui la scimmia Enkidu si trasforma in uomo dopo essersi saziata di pane ed aver bevuto sette boccali colmi di birra.

L’immaginario medievale la considera infatti caricatura umana, e medesimamente controfigura del diavolo (maimòne – dall’arabo – è chiamato il capo dei diavoli in un antico testo siciliano): maligna, ladra, subdola, lussuriosa, ingorda e idolatra, come appare nei cantonali degli abachi e nei capitelli che adornano la cripta della cattedrale di Bitonto, o nella Puerta de las Platerias di San Giacomo di Compostela. In un capitello a stampella del matroneo, a Bitonto, il demonio tentatore ha proprio le fattezze di una scimmia alata.
Nell’iconografia cristiana talvolta si nota una scimmia accoccolata ai piedi della Vergine Maria, a simbolizzare la menzogna su cui ha trionfato la verità, come nella Madonna della scimmia di Dürer, incisione nota pure come Maria e il cercopiteco. Verità che significa anche umanità orientata al divino. La Madonna, tenendo ai propri piedi il piccolo animale, non solo blocca una creatura di natura demoniaca, ma impedisce all’uomo il ritorno al peccato originale, che, in chiave antropologica, altro non è che l’essere stati generati attraverso il sesso, in condizione d’impurità. Maria è invece immacolata concezione. Anche nel Concerto nell’uovo di Bosch si scorge una scimmia che suona un cornetto nero e curvo, rappresentazione della dissipazione della coscienza (il soffiare nel corno delle tenebre) che si oppone alla concentrazione della meditazione. Ma scimmie sono rappresentate pure nel Mese di Giugno a Palazzo Schifanoia o in opere di Israel van Meckenem, Pisanello, Romanino e Pieter Bruegel. Costui nel 1562 dipinse due di questi esemplari incatenati su un balcone di Anversa, forse riferimento ad una libertà impossibile.

L’iconografia della scimmia è altresì legata ad uno degli episodi più noti tra quelli che insanguinarono la Francia durante le guerre di religione della seconda metà del XVI secolo: la “notte di San Bartolomeo”, che vide il massacro degli ugonotti presenti al matrimonio (che avrebbe dovuto essere pacificatore) tra Margherita di Valois e Enrico di Navarra. A rappresentare la ferocia di quel fatto resta il poema cinquecentesco De Tristibus Galliae carmen, dato per la prima volta alle stampe nel 1840 da Lèon Cailhava e recentemente preso in considerazione da Clizia Magoni e Rossana Silvagni nel volume della Bibliothèque Municipale di Lione. L’anonimo autore delle immagini scelse di costruire questo pamphlet di propaganda cattolica attraverso alcuni episodi di violenza sacrale (il cui accanimento si considerava espiatorio, tramite una sorta di rappresentazione dell’Apocalisse) che condannavano senza scampo gli eretici, le cui dottrine avevano fomentato il panico escatologico. La “disumanizzazione” del corpo dell’eretico caratterizza tutte le tavole del manoscritto, in quanto gli ugonotti sono ritratti con abiti e atteggiamenti umani, ma sempre con le sembianze di scimmie. Anche altri due pamphlet pubblicati nella seconda metà del XVI secolo a Lione, presentano frontespizi praticamente identici alla tavola che apre il De Tristibus: i protestanti vi sono raffigurati in veste di scimmie nell’atto di cavalcare e domare un leone, evidente simbolo della città e della Francia intera sotto il giogo dei riformati. Sulla sinistra, alcuni soldati-scimmie sono intenti ad ascoltare rapiti una sorta di predica di fronte ad un pulpito improvvisato, mentre altri si allontanano carichi di oggetti preziosi, forse sacri, frutto del saccheggio della città.

La parodia della celebrazione del sacramento eucaristico può essere interpretata come una messa in scena della tanto dibattuta questione della transustanziazione. Gli ugonotti ritenevano infatti che la celebrazione del rituale dell’eucarestia fosse un’accozzaglia di gesti scimmieschi, ridicoli e chiassosi, mentre i fedeli di Roma accusavano i riformati di “scimmiottare” la fedeltà a Dio. Al di là, infatti, dell’interpretazione etimologica della parola “huguenaux” come una storpiatura del termine francese “guenaux” (che si riferisce a una razza di scimmie), è più probabile che la scelta dell’animale, in questo caso, sia dovuta ad una voluta identificazione degli ugonotti proprio con quell’animale che i protestanti avevano scelto per denigrare i sacerdoti cattolici intenti a celebrare la Messa.
Se l’attributo del demonico si stempera nei secoli, il ricorso alla scimmia per ridicolizzare l’atteggiamento umano si riafferma con i Capricci di Goya, che se ne servì per beffeggiare la società spagnola, ritraendo in tal modo artisti e musicisti, con lo stesso atteggiamento ironico che trapela dai più tardi dipinti di Alexandre Gabriel Decamps, il quale raffigura scimmie nei panni di pittori o critici, sprofondando nel caricaturale. Nell’arte dell’estremo Oriente l’atteggiamento della scimmia è invece quello della saggezza e del distacco, forse in opposizione alla pseudo-saggezza degli uomini, come farebbero pensare le tre scimmie del tempio di Nikko (che si coprono rispettivamente le orecchie, gli occhi e la bocca) o la produzione artistica ottocentesca di Mori Sosen. Ci si potrebbe soffermare ancora su Bacon, o su Frida Kahlo, ma si proseguirebbe troppo oltre allo spazio concesso a questo intervento.

In fondo il cerchio si richiude su se stesso. Si ripensi infatti al grande cinocefalo bianco che la tradizione egizia identifica con la saggezza, o al simbolismo apollineo che lega la scimmia al fervore creativo di pittura e musica nell’antica cultura centro-americana. Le diverse valenze simboliche, simulacri di un cammino in cui passato e futuro si confondono, oppongono le diverse tradizioni culturali, anche se spesso origine e fine del viaggio tendono a coincidere, in un alternarsi sinusoidale di pregi e discrediti, di salti dall’oltreumano al subumano. Esistono dipinti in cui la scimmia assume un’altra connotazione.Specie se è rappresentata accanto a un dipinto – magari con un pennello in mano – o nei pressi della statua essa allude all’efficacia della rappresentazione, alla mimesi. La scimmia infatti è colei che replica o ripete i gesti dell’uomo con fedeltà: pittura o scultura rispecchiano il reale.

Le presenze di questi animali nei dipinti non hanno sempre un valore simbolico, ma costituiscono un indicatore sociale, in opere descrittive di ambienti ricchi e sontuosi, magari accanto ad altri animali come i levrieri. Nelle abitazioni dei ricchi le scimmie era infatti simpatici elementi di compagnia e costituivano mirabilia, la raccolta di animali oggetti strani e degni di stupore, che le famiglie potenti tenevano , come le wunderkammer, come staatus symbol. Nel quadro di Agostino Carracci, qui sotto, vengono immortalate presenze strane o esotiche alla corte di Odoardo Farnese. La scimmia, il pappagallo che gioca con il cane, il matto e l’uomo-scimmia, Peter Gonsalus, affetto da ipertricosi sono testimonianza della possibilità economica di Farnese di coltivare il gusto dello stravagante e dell’esotico. (per approfondire la storia e la vicenda pittorica di Peter Gonsalus, colui che ispirò la fiaba “La Bella e la Bestia), cliccare sul nostro link, qui di seguito.www.stilearte.it/strano-e-bello/

carracci
Il Triplo ritratto (Arrigo peloso, Pietro matto e Amon nano) è un dipinto a olio su tela (cm 101×133) di Agostino Carracci eseguito tra il 1598 e il 1600 a Roma, è conservato nel Museo nazionale di Capodimonte di Napoli.

La somiglianza buffa delle scimmie all’umanità si è anche prestata all’ipotesi narrativa e pittorica di paesi popolati da questi animali, che vennero immaginati occupare spazi abitativi identici a quelli umani e svolgere azioni compiute normalmente dalla nostra specie. Questa presenza straniante, comico-grottesca, offriva spunti di divertimento, ma, al tempo stesso invitava i nostri antenati ad assumere un punto d’osservazione diverso per giudicare le proprie vanità e i comportamenti accettati per abitudine, ma non esaminati in chiave oggettiva. In questo genere di pittorica comico-satirica, eccelse Abraham Teniers (Amberes, 1629 – 1670) che dedicò diversi dipinti al “pianeta delle scimmie”, come possiamo ben vedere.
A TENIERS

A TENIERS 1

Un affresco erotico del primo Cinquecento, portato alla luce nella zona del Carmine di Brescia, zona nella quale sorgevano diverse case di piacere, mostra diverse scimmie in azione, una delle quali cerca di avere un rapporto sessuale con una giovane donna. L’affresco pare potesse svolgere una funzione finalizzata all’eccitazione e alla liberazione delle forze primordiali del sesso.

La lunetta licenziosa scoperta nel centro storico di Brescia
La lunetta licenziosa scoperta nel centro storico di Brescia

 

In questo caso, come quello che appare nel disegno ottocentesco di Rops, qui sotto, le scimmie rappresentano, in chiave simbolica, la parte pulsionale e primitiva, legata alla sessualità, presente nella mente arcaica degli uomini e delle donne.

 

 

La scimmia si lega, nella pittura antica, alla sessualità perchè si masturba pubblicamente – e il suo gesto è identico a quello dell’autoerotismo umano maschile – e perchè le femmine esibiscono platealmente il posteriore al maschio con il fine di essere possedute. La gestualità, insita in questi atti, rinvia a qualcosa di estremamente primitivo, che la specie umana avverte ancora, comunque in sé.

Un disegno di Félicien Joseph Victor Rops (1833-1898). L'artista belga mette in relazione il peccato con le tentazioni carnali della donna, che risultano irresistibili, e declina il simbolo dello scimpanzè come avveniva nel passato remoto, quando la scimmia era considerata rappresentazione della parte pulsionale e primitiva dell'uomo
Un disegno di Félicien Joseph Victor Rops (1833-1898). L’artista belga mette in relazione il peccato con le tentazioni carnali della donna, che risultano irresistibili, e declina il simbolo dello scimpanzè come avveniva nel passato remoto, quando la scimmia era considerata rappresentazione della parte pulsionale e primitiva dell’uomo

fussli incubo
Nel celeberrimo Incubo, del 1781 , la figura femminile dormiente è sovrastata da un orrendo mostriciattolo . somigliante a una scimmia – che le sta accucciato sul ventre, mentre un cavallo si infila tra le cortine del letto. L’incubo è evidentemente contrassegnato da una pulsione orribile che attraversa il pensiero e il corpo della giovane donna virginea. Non tutti sanno che sulla faccia posteriore dell’opera Füssli eseguì un altro, e assai diverso, dipinto, ossia il ritratto di una graziosa giovane in cui è stata riconosciuta Anna Landolt, grande amore di Johann Heinrich. Questi aveva espresso l’intenzione di sposarla, ma il suo desiderio era stato inesorabilmente frustrato dall’opposizione della famiglia di lei. Il “trucco” del doppio quadro vuole dirci, in maniera sin troppo scoperta, che purezza virginale e brame bestiali inconfessabili non sono, per l’autore ferito e deluso, che due facce della medesima medaglia.

 

Le teorie darwiniane sull’origine della specie e il trauma della “scoperta” della stretta parentela tra umanità e scimmie, la contestazione scientifica alla creazione di Adamo ed Eva, come entità già perfettamente formate e a noi identiche, la contestazione della Genesi biblica, accrescono, nel Novecento la diffusione dell’immagine della scimmia intesa come icona di una lettura materialistica della realtà, del crollo delle proiezioni metafisiche e della morte di Dio.


Francis Bacon, conosciuto soprattutto per le sue figure umane alienate e spesso mostruosamente distorte, realizza almeno una dozzina di tele che hanno per soggetto animali. Dipinge raramente dal vero, preferendo lavorare da fotografie. Affascinato dalla sconcertante affinità tra la scimmia e l’uomo, li metter a confronto per la prima volta nel 1949. Come i soggetti umani, così gli animali di sono mostrati in ritratti in posa o istantanee, in cui appaiono passivi, urlanti o deformati da contorsioni. Lo scimpanzé della Collezione Peggy Guggenheim è rappresentato con relativa benevolenza, sebbene l’immagine indistinta, che testimonia l’interesse di Bacon per il movimento colto al volo, per gli effetti della fotografia e del cinema, renda difficile interpretarne la posa e l’espressione. Nel tipo e nella modalità della composizione richiama i dipinti di scimmie realizzati negli anni’50 da Graham Sutherland, con il quale Bacon stringe amicizia nel 1946. L’intelaiatura geometrica appena percettibile permette a Bacon di “vedere” meglio il soggetto, mentre la monocromia del fondo crea un contrasto deciso che aiuta a definirne la forma.

Un frame di 2001 Odissea nello spazio
Un frame di 2001 Odissea nello spazio

 

La figura della scimmia-ominide viene rilanciata, a livello di icona delle pulsioni aggressive e distruttive presenti nell’uomo, nel film 2001 Odissea nello spazio di Stanley Kubrick

Nell’ambito della pittura del Novecento italiano, alcuni pittori, come Oscar Di Prata ripresero il simbolo della scimmia, assegnandole la funzione allegorica (qui sotto) di rappresentazioni di pulsioni egoistiche non filtrate dalla morale.

oscar d La scimmia è simbolo, nelle opere del nostro autore, di un grottesco servilismo. Perfetto lacchè dei dignitari, bravaccio di una cultura del potere che mostra ancora sopravvivenze di segmenti dello spagnolismo, questo animale allude al contempo a una condizione umana imperfetta, pre-storica, non transitata – poiché ciò risulta impossibile – attraverso la vera comprensione dei valori della civiltà. La scimmia diventa, nel quadro, incarnazione della violenza istintuale dei personaggi a cui s’accompagna, una violenza esplicitata in modo quasi “sonoro” nell’urlo bestiale cristallizzato sulla tela.

La scimmia come allegoria
della pittura e della scultura

Poichè la scimmia è una grande imitatrice – e sorprende la sua capacità di assunzione di comportamenti umani – essa, se collegata alla presenza di un quadro o di una scultura nella scena, vuolericordare allegoricamente che l’arte copia la realtà, come avviene in questi due quadri di Chardin e di Watteau.

scimmia chardin

scimmia scultrice di watteau