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Sturm und drang !!!!!!!!! !!!!!!!!!!! !!!!!!! !!!!!!!!!!??


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C.D.FRIEDRICH, Quercia nella neve, 1827-8, olio su tela, cm. 44 x 35, 5, Colonia,  Wallraf-Richartz-Museum
C.D.FRIEDRICH, Quercia nella neve, 1827-8, olio su tela, cm. 44 x 35, 5, Colonia,
Wallraf-Richartz-Museum

 
di Chiara Seghezzi
Caspar David Friedrich (1774-1840) fu forse l’artista che meglio trasferì in pittura due principi perfettamente romantici: la concezione di un’anima universale, comprendente l’uomo e la natura, e la tensione verso l’infinito. Nato a Greifswald, in Pomerania, da una famiglia modesta, educato dal padre ai rigidi dettami della dottrina protestante, Friedrich mostrò sin da giovane la sua inclinazione all’arte. Studiò all’Accademia di Copenaghen, dove ebbero su di lui particolare influenza Nikolaj Abraham Abildgaard (cultore di mitologia germanica) e Jens Juel (paesaggista). Se dal primo trasse un ricco bagaglio figurativo di rovine gotiche, fu nel paesaggio che trovò maggiore interesse. Alla fine del Settecento la natura, grazie alla letteratura e alla filosofia romantica, stava diventando la principale fonte per la pittura. La sua rivalutazione procedeva parallelamente al culto del sentimento (esaltato dallo Sturm und Drang), che portava a sua volta all’individualismo e all’introspezione. La contemplazione della bellezza del paesaggio assumeva un carattere morale, e vero artista era colui che possedeva il genio per creare opere libere da precetti intellettuali, spontanee, come i prodotti della natura. A differenza di Runge e di Carus, che lasciarono numerosi saggi teorici e scientifici, Friedrich consegna ai posteri solo brevi carte non destinate alla pubblicazione: alcune poesie, qualche aforisma, il testo Sull’arte e sullo spirito dell’arte e le Osservazioni su una collezione di dipinti di vari artisti per la maggior parte viventi o deceduti di recente


Da tali scritti (ripubblicati in Italia da Abscondita nella traduzione di Luisa Rubini) emerge l’immagine di un uomo orgoglioso, impetuoso nel giudicare le opere dei suoi colleghi e la pittura del suo tempo, solitario al limite della misantropia. Questa scontrosità è anche la forza delle sue convinzioni, è ideale artistico ed esistenziale:” Guardati dalla fredda erudizione e dal cavillare sacrilego, poiché uccidono il cuore, e quando il sentimento e il cuore sono morti negli uomini, l’arte non può dimorarvi”. Infatti, “ l’unica autentica fonte dell’arte è il nostro cuore. (…) Ogni vera opera d’arte (…) nasce da un intimo impulso del cuore”.
C.D.FRIEDRICH,Le bianche scogliere di Rügen, 1818, olio su tela, cm. 90 x 70, Winterthur, Fondazione Reinhart
C.D.FRIEDRICH,Le bianche scogliere di Rügen, 1818, olio su tela, cm. 90 x 70, Winterthur, Fondazione Reinhart

 
In Osservazioni, il testo maggiore che ci sia rimasto, emergono, dal fitto tessuto di commenti, dei frammenti chiusi, aforismi fulminanti, forti ricchi di sapienza e profondità come i suoi quadri. La condizione preliminare è consacrare la vita all’arte. “Il compito dell’artista non consiste nella fedele rappresentazione del cielo, dell’acqua, delle rocce e degli alberi; sono la sua anima e la sua sensibilità a doversi rispecchiare nella natura. Riconoscere, penetrare, accogliere e riprodurre lo spirito della natura con tutto il cuore e con tutta l’anima è dunque il compito di un’opera d’arte”. I paesaggi di Friedrich esprimono un mondo di simboli, di spirito e di intuizioni; il suo rapporto con la natura è fisico, costante, e di immedesimazione. Aveva scritto ad un amico che lo invitava ad un viaggio: “Vuoi avermi con te, ma quell’io che ti piace non desidera stare con te. Devo essere solo e sapere che sono solo per poter vedere e sentire pienamente la natura. Devo compiere un atto di osmosi con quello che mi circonda, diventare una sola cosa con le mie nuvole e le mie montagne, per poter essere quello che sono”. Fondamento della sua arte è, dunque, la preminenza della rappresentazione della natura; spesso appaiono figure umane immobili e perdute, attraverso le quali egli stabilisce il rapporto uomo-natura, indica che il vero evento avviene nella profondità del dipinto, potenzia la contemplazione. Per la prima volta il paesaggio diventa espressione così totale e originaria. La polarità dell’opera di questo pittore – la visione immensa della natura, la sensazione panica, misteriosa, di “non finito” che esprimono i suoi quadri e, nello stesso tempo, la descrizione minuta di ogni brano, di ogni particolare – deriva da suo sentire creato come unità cosmica, di cui però egli sa cogliere i frammenti quale parte del tutto e realizzante già tutto in sé. In varie occasioni Friedrich critica l’insegnamento delle accademie fondato sull’imitazione dell’antico e dei maestri italiani. Il pittore tedesco paragona “l’artista che non sa far altro che imitare in maniera morta la natura” o, appunto, i maestri, “ad una scimmia ben educata” (il medesimo tema sarà affrontato da Grandville nei disegni del 1844 per Une autre monde).
C.D.FRIEDRICH, Due uomini davanti alla luna, 1819, olio su tela, cm. 35 x 44, Dresda,Staaliche Kunstsmmulugen, Gemaldegalerie
C.D.FRIEDRICH, Due uomini davanti alla luna, 1819, olio su tela, cm. 35 x 44, Dresda,Staaliche Kunstsmmulugen, Gemaldegalerie

 
C.D.FRIEDRICH, Donna alla finestra, 1822, olio su tela, cm. 44 x 37, Berlino, Nationalgalerie
C.D.FRIEDRICH, Donna alla finestra, 1822, olio su tela, cm. 44 x 37, Berlino, Nationalgalerie

 
L’Accademia, Roma, gli antichi diventano il simbolo dell’arte del secolo precedente, basata sulle idee di Winckelmann. Friedrich insiste sulla necessità d lasciare l’allievo libero di esprimere il proprio rapporto con la natura: ” Il sentimento dell’artista è la sua legge. Il puro sentimento non può mai entrare in contrasto con la natura, ma deve armonizzarsi con essa. Il sentimento di un altro non può esserci imposto come legge”. Nel frammento Sull’arte e sullo spirito dell’arte Friedrich ha concentrato tutta la sua poetica, ribadendo alcuni pensieri già presenti nelle Osservazioni, tra cui l’esortazione a riprodurre nell’opera non la natura in sé ma il modo in cui essa agisce sul pittore. “ Lo spirito della natura si manifesta ad ognuno di noi in modo diverso”, diversità che deriva dal contatto tra la voce interiore, il divino che è in noi, e la voce della natura, il divino che è appunto nella natura. Proseguendo nella lettura del frammento si giunge all’affermazione che il cuore di tale poetica: “L’arte è infinita”, cioè contiene l’infinito.
 
 
L’idea di creare nella forma l’”infinitizzazione” del finito deriva probabilmente da Schelling che, nella Parte generale della Filosofia dell’arte, aveva ripristinato la metafisica e fondato l’estetica idealista romantica. Ma Schelling si dimostra, nella Parte speciale della sua filosofia, ancora profondamente legato all’estetica classica, ponendo il quadro di figura all’apice della gerarchia pittorica e il quadro di paesaggio ad un livello più basso. Friedrich lo supera, dimostrando che l’infinitizzazione del finito è possibile anche (solo) nella pittura di paesaggio. Nelle righe del frammento indica il metodo da seguire: “ Tutto deve essere eseguito con cura, senza che una parte si imponga sulle altre; infatti nulla è secondario”. Affermazione quest’ultima che, nella sua incisività, dimostra la profondità e la grandezza dell’artista tedesco. Poiché il divino è dentro la natura, non esiste qualcosa di subordinato, tutto è ugualmente utile e bello. Il divino nella natura può divenire divino nell’arte attraverso l’ascolto della voce interiore che è il divino in noi. E’ proprio in questo pensiero che si coglie l’elevatezza di spirito di Friedrich, espressa nei suoi quadri di paesaggi nebbiosi e desolati, rovine gotiche e viandanti solitari. La sua pittura è estremamente lontana dal naturalismo e dal realismo; in essa il paesaggio è il luogo di congiunzione tra natura, uomo e Dio.
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