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Sutherland il delatore




Mediante lo strumento pittorico, l’artista inglese si è proposto di rivelarci i segreti profondi ed inquietanti racchiusi nel cuore della natura, avvertendoci che le forme in cui il mondo visibile si manifesta ai nostri occhi non sono altro che miraggi

di Stefano Roffi

Cè – nascosta – la chiave di un enigma nei quadri di Graham Sutherland? Nulla è quel che appare: le nodosità rugose di una radice pietrificata diventano ingranaggi di un meccanismo di arcaica pericolosità, un bosco di disarticolate quinte vegetali socchiude la perfetta capsula di accesso a un mondo di regressione, un placido gruppo di personaggi riuniti attorno al tavolo di un caffè trasmette una inquietante sensazione di disinvolta, animalesca aggressività.
L’artista si propone di rivelare tutta la verità che si cela nelle cose, e la pittura è il suo strumento di delazione. E’ così che si dedica a raffigurare una natura destrutturata, riassemblata, reinterpretata, privata della sua riconoscibilità comune e mostrata come un infinito e bizzoso mutante, pervicacemente intenzionato a nascondere la propria identità autentica.
Sutherland dipinge senza gli infingimenti propri del naturalismo tradizionale, rassicurante anche nel rappresentare una tempesta, lasciando intendere di possedere il dono tremendo di aprirci gli occhi, di farci conoscere le forme vere e le intenzioni spietate della natura, i suoi disegni oscuri e devastanti, il suo potere assoluto e ineffabile.

Graham Sutherland, Path in Wood n. 3
Graham Sutherland, Path in Wood n. 3

Ci avverte che le forme naturali che vediamo non sono che abbagli emotivi, ricostruzioni mentali imposte dal nostro bisogno di sicurezza; la realtà è destabilizzante, non prodiga di leggiadria, ma dura e meccanica nel suo essere autentico, una romantica “terribilità” anti-sublime nella sua spietatezza. Sutherland intuisce il segreto delle naturali cose e usa la sua arte per metterci in guardia, per non cadere nell’inganno seducente di un tramonto infuocato, di una roccia muschiosa o di una fragrante verzura: tutto cela altro.
Affascinato dal modificarsi delle forme naturali, che si sviluppano, si organizzano, si influenzano reciprocamente, l’artista rappresenta la mutazione originata dalle energie creative, dalle forze che soggiacciono a leggi di attrazione o di repulsione, di amore o di morte, e trovano il loro significato nell’ininterrotto trasmigrare nel grandioso ciclo della sopravvivenza. L’artista non è uno spettatore inerte, un trascrittore servile; egli fa parte del mondo che raffigura, lavorando “in parallelo con la natura” col proprio approccio emozionale.
Sutherland dichiara: “Io penso che siano le emozioni a governare i contorni di una forma che è stata creata, e non credo che avvenga l’inverso. Vi è una reciproca influenza: la forma esercita un effetto sulle emozioni, ma le sensazioni governano la forma ultima. E’ per ciò che si ottiene la metamorfosi”. Egli coglie queste metamorfosi e dipingendole affronta un’indagine sulla vita organica in cui è racchiuso il mistero dell’esistenza; analizzando le forme, ne riconosce il senso ambiguo, disturbante, crudele, ma ponendole in contrasto con l’intensità e a volte con la dolcezza cromatica, ne sa estrarre tutta la poesia e il dramma.
Graham Sutherland, Standing Form, Collezione Barilla d’Arte moderna, Parma
Graham Sutherland, Standing Form, Collezione Barilla d’Arte moderna, Parma

Una frase di Ruskin si presta per sostanziare il suo lavoro: “Indagare la natura, studiarne le leggi di crescita, trarne visioni provenienti dal centro dell’ardente cuore”, quindi evidenziare come l’esteriorità della natura venga ricreata per esprimere l’interiorità dell’uomo, con un approccio visivo che si fa visionario nel seguire il pullulare della fantasia e dell’anima.
Non si tratta di allucinazioni, neppure di sogni o di trasalimenti mitici, come quelli che sboccarono nell’espressionismo, né di black-out della ragione per la costruzione di un irrazionale plastico, di ambito surrealista; è invece una pura contemplazione della natura, filtrata dalla coscienza, per scoprirvi il magico, il divino, la rifrazione semantica, l’assoluto imprigionato in una forma; un’indagine sostenuta dai colori, immateriali, lampeggianti, trascoloranti fra loro per raffigurare, con linguaggio psichedelico, immagini sospese fra uno show pop e una sacra rappresentazione.
Sutherland, a differenza dei grandi naturalisti romantici, non considera la contemplazione come punto d’arrivo per il proprio lavoro ma la sceglie come inizio di un processo intuitivo per scoprire altre realtà; piuttosto, si rifà a Friedrich e al suo “paesaggio tragico”, che da rifugio per l’uomo diventa ambiente colturale per comporre fenomeni di valenza organica comprendenti l’uomo stesso, ma non i suoi sentimenti.
Così tra i regni vegetale, animale e minerale cadono le divisioni, tutto si connota del medesimo senso di arcaica e arcana indifferenziazione; così, nei Landscapes, lancinanti pepite di zolfo si rivelano vitalistiche invenzioni paesaggistiche – introflessioni emozionali -, capolinea della tradizione naturalistica inglese e insieme elusione enigmatica dell’inganno narrativo.
Il tempo viene ad essere un elemento intrinseco del processo di astrazione dal contingente ad esprimere l’indifferenza della natura rispetto alla mutevolezza e allo scorrere degli eventi; catturato come una molecola nell’intimo delle forme, rinuncia al proprio fluire per impastare di arcaicità e irraggiungibilità gli oggetti della natura stessa.
Come uno scienziato, Sutherland raccoglie un grande repertorio poetico delle forme naturali, offrendo di ognuna “il modello della sua ancestralità”; è svelata così la totalità dell’essenza, esito di una lunga contemplazione che prescinde dal divenire temporale, dall’angoscia dell’inesorabile disfacimento; le forme, al contrario, sono fissate come idee platoniche, immobili per mutazione, secondo le leggi interne del proprio recondito significato. Sempre il tempo, avendo partecipato della loro crescita, ne risulta indistintamente inglobato, fermato come un insetto preistorico in una goccia d’ambra, insieme alla luce che ne ha governato la stratificazione.
Graham Sutherland, Seated Animal
Graham Sutherland, Seated Animal

Portati sotto il riflettore della pittura per essere interrogati dall’artista, gli elementi della natura, individuati per la loro capacità di rivelarne i segreti, vengono a rivestire un protagonismo e un significato nuovi: non nascondono più la ferocia, l’antagonismo, la morte propri dei meccanismi naturali, diventando invece metafore della complessità esistenziale umana.
Nella serie delle Devastations, eseguita su incarico del governo inglese per documentare gli eventi della seconda guerra mondiale, accade il procedimento contrario: la crudeltà drammatica degli oggetti non deve essere cercata con occhio visionario nelle forme naturali ma si presenta in tutta la sua abominevole crudezza, uscita dagli sventramenti delle bombe come un mostro liberato dagli inferi.
L’uomo è assente; la sua tragedia, dichiarata da luci opache perennemente senza tempo, lividamente scese sul mondo come un sudario, squarcia una scena senza più attori. Il mistero viene a coincidere con l’orrore, l’artista non ha bisogno di essere la “spia” del disegno terribile della natura, perché l’uomo con la propria creatività perversa riesce a superarla.
Così Sutherland, scegliendo di rappresentare ferri contorti e tetti scheletriti, qui non offre i consueti segnali di inquietudine tratti dagli infingimenti estetici della natura, per cercare, al contrario, la bellezza nelle sagome di biomorfica, poetica rinascita individuate nelle rovine belliche, con una carica simbolica inequivocabilmente drammatica.
La metafora risulta una delle cifre principali di interpretazione dei quadri del pittore, metafora giocata attraverso una specularità tra le forme più disparate dell’ambiente naturale e tra le forze che danno loro origine, individuando corrispondenze tra elementi appartenenti a diverse specie, come se le strutture organiche, animali e meccaniche, si imitassero ambiguamente a vicenda, proponendo il mistero della propria esistenza, che si fa irradiazione poetica.
Si ravvisa nelle sue opere un mondo, sospeso fra mito e realtà, mai intuito prima, governato da azioni e reazioni primarie ed essenziali, morfologicamente multisignificanti quanto chiuse come monadi mute: foglie squaliformi, fossili striscianti, insetti/idolo solenni quali giudici sempiterni, ad affermare il potere infinito della natura nella pluralità, senza limiti, dei suoi modi espressivi, contenenti congiuntamente il senso immutabile dell’oggi e delle origini.
Graham Sutherland, Poised Form in a Landscape, Collezione Barilla d’Arte moderna, Parma
Graham Sutherland, Poised Form in a Landscape, Collezione Barilla d’Arte moderna, Parma

L’occhio attento e discriminatore di Sutherland riesce a leggere la complessità della vita nascosta, delle forze misteriose che la indirizzano e del senso ultimo che essa sostiene, decriptando in pittura i codici misteriosi che le forme contengono. Le cose, stimolate dalla capacità interpretativa dell’artista, si aprono, si concedono, rivelano la loro formula intima, il volto complesso, la struttura costitutiva, indistintamente interna ed esterna, il biosignificato che racchiudono.
Viene portato alla luce il piano segretissimo di trasmutazione delle forme, le quali si modificano, si alterano per porre al riparo la vita dal pericolo di un’immobilità mortifera; è la loro eterna esistenza, la loro sovratemporalità, a renderle inconoscibili allo sguardo dell’osservatore comune, preservandone il mistero rigenerativo, accessibile solo per via iniziatica.
Trapela un senso di attesa di eventi oscuri quanto inesorabili, in una sospensione emotiva vicina alle atmosfere create da Henry James per rendere l’imminenza di una risoluzione o il timore statico dell’ignoto; il pittore avverte nel proprio inconscio questa attesa indeterminata ma la rivela nella natura, proprio alter ego.
Nel tempo, la presenza dell’uomo tende a concretizzarsi; da invisibile sensazione aleggiante come spirito sulle forme naturali, diventa visibile concrezione di elementi organici che si sviluppano per meditato accumulo: radici mostruose, rocce scavate e corrose e già antropomorfe si innalzano verso il cielo mutandosi in Standing Forms, petrosità statuarie immani e terribili, idoli primitivi che preservano il significato misterioso della continuità dell’immagine e dell’essere umano, mostrando però con la propria ambiguità urtante e inquietante di avere assorbito il sentimento di angoscia e di precarietà della vita attuale. Summa della poetica di Sutherland è il Bestiario, opera che evidenzia la suggestione che l’artista subisce delle figurazioni animali della scultura romanica, coi suoi esemplari prepotenti, terrestri ed arcani, provenienti da una realtà fantastica ma non divina. Un’unica tendenza formale si manifesta nelle creature rappresentate: è l’energia della natura che vitalizza le proprie componenti organiche, gli animali, l’uomo e, attraverso questo, anche le macchine. Graham Sutherland dà corpo così ad una personale cosmogonia delle metamorfosi delle forme, espressione della molteplicità e della ricchezza della forza naturale, oscuramente aggrovigliata sul suo stesso mistero.