In alcune composizioni poetiche l’interprete dell’espressionismo nietzschiano racconta l’origine del celeberrimo dipinto: una passeggiata con amici portò in evidenza il dolore atroce di ogni segmento di vita di fronte alla natura matrigna. E quel volto contorto che deforma il mondo con un suono deflagrante conferma la posizione dell’uomo senza dio: un’immensa sofferenza che diventa grido di guerra al cospetto del nulla
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In un periodo non precisato, compreso tra il terzo e il quarto decennio del Trecento, Stefano fiorentino, uno dei migliori allievi di Giotto (darà il nome del maestro a suo figlio, lui pure pittore di vaglia, e noto con l’appellativo di Giottino), lascia la Toscana per raggiungere Milano, chiamato da Matteo Visconti, che gli affida numerose ed importanti commissioni. Tornerà a Firenze per problemi di salute (“essendosi per la mutazione dell’aria ammalato”, scrive Vasari), e qui morirà, sembra nel 1350