Nelle opere del pittore, nato a Sulzano ma gussaghese d’adozione, angoli di antichi borghi, intonaci abrasi dal tempo, finestre appena dischiuse, rimandano alla consapevolezza travagliata e sofferta di una dolente umanità
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La formazione di Cossali è scissa in due periodi: nella tela più antica, l’Ultima Cena di Pudiano (1580?), le figure sono scorrette mentre è di altissimo livello l’impianto architettonico, la cui origine rimane un mistero: certo è che in tutti i suoi dipinti sono presenti architetture che risentono sia della pittura veneziana del Veronese, sia dei Campi di Cremona. In un secondo momento, nella Vergine con i santi Ambrogio e Rocco di Macesina di Bedizzole (1582), Grazio cambia completamente il modo di realizzare le figure, i volti assumono una maggiore elaborazione e dolcezza, derivate da Luca Mombello, esecutore testamentario di Moretto
Supremo cantore della natura valsabbina, questo pittore - pur nell’isolamento di una vita trascorsa tra le adorate montagne - seppe assorbire i fermenti culturali del suo tempo, perseguendo uno stile di elevato spessore lirico e formale
Tra il 1912 e il 1913 fu a Monaco di Baviera, subendo l’influenza della Secessione. Tornato a Brescia, il pittore si riaccostò alla lezione tradizionale del paesaggismo lombardo, dando vita ad opere che ci appaiono come proclami di fedeltà ai luoghi dell’anima
I depositi del grande museo parigino conservano le pale del maestro bresciano che finirono a Brera con l’avvento di Napoleone. Vivant Denon ritenne che Parigi dovesse veder rappresentata la soave bellezza dei dipinti del Bonvicino. Così propose e ottenne lo scambio. Ma ora le opere non sono visibili
Il Vo’ rappresenta il motivo predominante della sua pittura. Scoperta intorno al 1905, la suggestiva insenatura del Garda diventò il suo rifugio prediletto: una località pura e naturale, che ben si adattava al carattere introverso e riservato di un artista bohèmien come Bosio. Gli oli su tela, i disegni a matita e china, i delicati pastelli lasciano trasparire l’indelebile e profondo attaccamento a questo angolo di paradiso che il pittore non si stancò mai di ritrarre e che dipinse dalla più svariate angolazioni
Antonella Giapponesi Tarenghi segue un percorso formativo che parte dalla figurazione moderna, che molto spesso si lega ai temi dell'universo femminile alla ricerca di una nuova identità, per approdare ad un astrattismo geometrico e lirico, in cui si uniscono la poesia visiva, i calligrammi e le lettere, che assumono un carattere semantico e formale di natura post-futurista
I suoi straordinari verdi erano ottenuti con una procedura tizianesca: tanti colori venivano stesi sul fondo della tela o del cartone. Una volta asciutti, egli iniziava a dipingere. La preparazione influiva sulle pennellate sovrapposte creando quella morbida mutevolezza cromatica provocata, nei prati, dalla presenza di sassi, terre, sabbie o dall’infinita varietà delle erbe.
Angelo Landi, che era dotato di salde basi accademiche, seguiva un procedimento pittorico tradizionale. Realizzava disegni, a matita o a carboncino, e pastelli preparatori, soprattutto quando doveva dipingere paesaggi con figure. Studiava pertanto in modo accurato la composizione. Più diretto risultava invece l’approccio a scorci naturali. Molto spesso il tema dal vero veniva poi ripreso in studio. Un’osservazione ravvicinata dei suoi quadri consente di rilevare una pennellata larga, materica, di elevato spessore. Landi è stato anche un abile pastellista. La destrezza nel disegno lo ha portato poi a creare un numero considerevole di caricature, a matita o a penna, alcune delle quali furono pubblicate nel 1925-1926 sul Giornale del Garda.