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Toulouse-Lautrec spiegato da Parisot. Anima, turbinio e bordelli del piccolo grande uomo ribelle


Henri Toulouse-Lautrec
Grand Palais – Parigi
Mostra coordinata e diretta da Stéphane Guégan
Dal 9 ottobre 2019 al 27 gennaio 2020

di Christian Parisot
Henri de Toulouse-Lautrec nasce ad Albi nel 1864, e vive un infanzia gioiosa, sino a quando nel 1874 si presentano con evidenza sul suo corpo i segni di una malattia genetica, che potrebbe essere causata dalla consanguineità dei suoi genitori. Le sue ossa sono rese fragili dalla malattia, e purtroppo il 30 maggio 1878 il giovane Henri inciampa e cade, con conseguenze gravi per il suo sviluppo fisico. Le ossa cesseranno di svilupparsi.

Non crescerà, e il suo stato di menomazione lo indurrà a trasgredire, ma allo stesso tempo a concentrarsi su altre prospettive «espressive», coniugando gestualità e intelligenza, inconsciamente realizzando il suo sogno di bellezza e di spontaneità proprio diventando «artista», come testimoniato nelle sue opere d’arte (Fot.2,3).


Un altro fenomeno in erba, un altro caso da studiare, da manuale di psicologia, un’interpretazione dei suoi sogni che risulta essere una chiara smentita dell0 analisi freudiana. La sua vita durerà poco, a soli 36 anni morirà, ma i frutti della sua tenacia, sembrano sorridere e schernire il suo scheletro deforme. L’aspetto «brutale» lo tempera, lo esclude e lo emargina, ma nella sua breve vita, tutto quello che appare marginale assume il colore della libertà, della modernità e soprattutto dell’espressione inimitabile del genio. Ma come fare a definire quella sua trasgressione attraverso la pittura? Penso sia possibile rispondere con una semplice constatazione; la sua scelta di vita é stata radicale, per cui le emozioni possono soltanto portarlo al suicidio o alla genialità. Questa forma di semplificazione, non é riduttiva, perché assume proprio i colori della sua scelta matura. La vita al margine della sessualità (Fot.4), contraria e diversa da quella casta e morigerata imposta dalle tradizioni aristocratiche e borghesi, secondo l’educazione della famiglia. Proprio al contrario, ma senza eccessi di nessun genere di volgarità o di masochismo dovuti alla sua vita a contatto con le prostitute e i bordelli (Fot.5).


Dal circo equestre al bordello il percorso sembra illustrato dalle sue figure longilinee e scattanti, belle donne agili, esattamente all’opposto della sua fragilità corporea, colorate, estroverse, ancora una volta all’opposto della sua solitudine, della sua introversione (Fot.6,7).


Alla sua vita vissuta di notte sembra dare i colori della vita campestre. Le signorine vivono accanto a lui, dormono in letti comuni, si strofinano alla sua cute pelosa, al suo odore acre, caratteristico di chi vive con pochi mezzi per lavarsi, con poco sapone e tanto vino. Avendo assimilato perfettamente la vita delle belle signorine (Fot.8,9), si diverte a disegnarle in tutte le loro « pose », comprese quelle della « visita ginecologica », che si svolgeva periodicamente proprio nei locali dei bordelli, con medici specializzati nelle malattie veneree.


Place Pigalle aveva una serie di « cabinets medicales » per queste malattie, e non a caso appaiono le prime « lucciole » notturne, come definizione delle povere signorine curate con il mercurio che sprigionava scintille fluorescenti nelle stradine scure…proprio come le lucciole. Sempre attento alle attività circensi, gli animali, i cavalli (Fot.10,11) e le bestie feroci si inalberano di fronte alle sue matite colorate, ai pastelli a cera che si mescolano nelle tasche dell’artista per dare colore alle scene del «Medrano», quel famoso luogo, il circo d’inverno che era il punto d’ispirazione per molti artisti.


Il dialogo con la natura era ancora post impressionista, ma le figure erano d’avanguardia, le capigliature delle donne potevano essere facilmente comparate a quelle di oggi: scapigliate, ma relativamente ricche di segni estetici capaci di rispondere alla natura del viso, inquadrato dalle stesse donne fatali (Fot.12).

Un esplosione di segni e colori circondavano i fondali, la stessa ballerina, la bella Goulue detta gambe lunghe, interprete del Can Can, poteva contare su una scenografia dipinta da Henri, il suo ammiratore. Ma anche il cantante, il proprietario del locale «Il gatto nero» Aristide Bruant (Fot.13)

con la sua sciarpa rossa poteva contare sul ritratto da vetrina, anche come grafico « da pubblicità » per il suo spazio artistico al 84 di Boulevard de Rochechouart, e Toulouse-Lautrec lo assecondò con una vetrina dipinta, un manifesto litografico, un menu disegnato, un abbigliamento suggerito…in modo tale da caratterizzare una figura emblematica di Montmartre, definendolo l’Ambasciatore del quartiere.
Ma c’e anche Jeane Avril (Fot.14), con la gamba alzata al cielo, con le calze nere, le mutande sbuffanti che illuminano la scena del Moulin Rouge.

Il Mirliton, il Petit Casino, non sono nulla a confronto dello spettacolo eccitante del Moulin Rouge, dove le danzatrici alzano le gonne- Le ballerine portano con evidenza e malizia tutti gli ingredienti per sottolineare la loro sensualità, con una spaccata finale sulla scena che rimbomba sul palcoscenico di legno come un rullo di tamburi. Le voci stridenti e i canti sono ripresi dai segni guizzanti, roboanti e totalmente indigesti per l’epoca, dove il collezionismo voleva «scene bucoliche» proprio per far dimenticare le trasgressioni del sabato sera.
In effetti a Montmartre all’epoca, c’era una fioritura di «adozioni» da parte dei borghesi incuriositi da queste bellezze «spontanee». E non a caso si creavano delle vere e proprie alleanze pseudo matrimoniali, dovute al fatto che i signori della borghesia apprezzavano i momenti di felicità e diventavano gli abitués del giorno di trasgressione, al punto da adottare seriamente una ballerina, procurandole un salario mensile cospicuo, in modo da poter sopperire alle spese di un alloggio. Toulouse-Lautrec viveva in uno studio a Montmartre, accanto alla salita adiacente alla rue Lepic, di particolare interesse per la posizione strategica, anche la sua capacità di vendere un po’ della sua arte ai borghesi di passaggio, ma anche disegnando, illustrando, progettando manifesti per i locali notturni. Oggi diremmo: un pubblicitario intuitivo e consono al prodotto presentato con astuzia e capace di far sognare il passante… un vero grafico.
Occorre vedere, ma bisogna leggere le sue immagini sprofondando nelle poltrone dei locali notturni (Fot.15), sentire la musica, perché si associa in maniera indelebile. La sua velocità é anche un segno di integrazione alla modernità, alla dimensione della carrozzeria dell’auto, al rombo del motore, e la notizia lo stuzzica al punto tale da dipingere, disegnare anche automobili. I cavalli galoppano sul foglio, ma le auto sfrecciano, come le ballerine sul palcoscenico : sono in movimento, e appaiono sedute sull’altalena del desiderio. La sessualità é trasparente, non ha veli, ed è « bella » per questo motivo, perché fa gioire della vita, e non ha età, non ha tabù piccoli borghesi (Fot.16).


Lasciamo questa grande retrospettiva al Grand Palais, con un desiderio inespresso: ma che bella la libertà dell’artista che racconta la sua versione della bellezza, vorremmo essere capaci anche noi…ma ritroviamo sempre una voce di chiusura. Invece viviamola come una grande esperienza, questa mostra irripetibile ha una dimensione talmente ricca di esperienze dinamiche, estetiche e vitali da darci un grande insegnamento, una nuova libertà ritrovata nel mondo dell’arte. Il colore e la forma trionfano e non devono nemmeno rendere conto a nessuno, sono spontaneamente presenti sulla superficie del foglio o della tela dipinta, ma talmente evocatrici da stabilire un rapporto di confidenza, di bellezza condivisa.