Press "Enter" to skip to content

Uno studio Usa: i rituali dell’arte somigliano a quelli madre-bebè


Secondo importanti teorie del passato, la vena artistica si sarebbe originata in seguito all’evoluzione del cervello, che, avendo raggiunto dimensioni maggiori, e perciò capace di operazioni più complesse ed efficaci, andrebbe più facilmente incontro alla noia. L’arte, quindi, servirebbe a combattere questa mutata condizione.
Ellen Dissanayake, ricercatrice indipendente Usa, ha presentato all’Università del Michigan uno studio che intende confutare tali convinzioni. La Dissanayake ritiene al contrario l’arte una capacità innata, da sempre presente nell’uomo, ed ereditaria proprio perchè talmente ricca da non poter rientrare tra le facoltà accessorie o formatesi posteriormente. Utile per socializzare, è un invito alla partecipazione, non è limitata all’ambito individualistico, è in grado di assolvere ad una funzione paragonabile, sempre secondo la teoria della studiosa, solo a quella svolta dalla religione.
Un ultimo aspetto della ricerca, forse il più radicale, afferma che dai fonemi fondamentali dell’arte si può risalire alla complicità primaria, l’interazione tra la madre e il neonato. Alcune attività caratterizzanti questo rapporto ricorderebbero da vicino tecniche e costrutti dell’espressione artistica. In entrambi i casi, si tratterebbe di operazioni di ritualizzazione, che si configurano anche quali operazioni estetiche.