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Van Gogh disegnatore, la tecnica – Trasformò il pennello in matita e usò la camera ottica




van gogh tessitura

Van Gogh e il disegno. Per l’artista fu non solo un esercizio fondamentale, ma il tratto grafico fu persino trasfuso, a livello di pittura, attraverso le ben note segmentazioni delle linee, presenti nei suoi dipinti. Si può pertanto affermare che Van Gogh non si staccò dalla pratica disegnativa, trasformandola in un intervento fondante della sua espressione anche in ambito pittorico. Proponiamo, su questo tema, un’intervista a Marco Goldin, condotta nel corso dell’apertura della mostra “Van  Gogh. Disegni e dipinti. Capolavori dal Kröller-Müller Museum”
Van Gogh considerava il disegno un aspetto fondamentale della sua attività.
Per Vincent il disegno è stato importante come per pochi altri artisti, e lui stesso ebbe modo di scriverlo mille volte. E’ stato importante sia come esercizio tecnico, di apprendistato, ma anche come pratica che ha significato il suo ingresso nel mondo dell’invenzione e della definizione del proprio universo poetico. Gli esordi della sua vicenda artistica sono infatti ripercorribili quasi esclusivamente attraverso le opere grafiche.
Vuole spiegarci in che modo si è sviluppato il suo rapporto con il disegno e fino a che punto esso può essere considerato un lavoro autonomo e indipendente dalla pittura?
Come dicevo, l’esordio stesso di Van Gogh artista avviene attraverso il disegno, che infatti fino al 1883 Vincent pratica più della pittura. La collezione Kröller-Müller conserva uno straordinario documento che noi presentiamo in mostra, il primo disegno in assoluto eseguito dopo la dichiarazione “voglio fare il pittore”: si tratta di un’opera ancora incerta, datata settembre 1880 e che ha come soggetto dei Minatori sulla neve.
Tra la fine del 1880 e durante il 1881, il disegno ha per Vincent la funzione di apprendistato, rappresenta il suo principale strumento di studio. Solo tra il 1882 e il 1883 egli inizia a cimentarsi con il colore, e, tuttavia, anche in seguito il disegno mantiene un ruolo fondamentale. E’ infatti importantissimo sottolineare che, a differenza di ciò che vale per la stragrande maggioranza dei suoi colleghi, per Van Gogh i disegni non sono mai studi preparatori, semplici bozzetti, mantenendo sempre una forte autonomia e una loro finitezza, e non è un caso che egli ci tenesse a firmare questi lavori. Ciò fà il ssegno che la sua innovazione è legata a un uso disegnativo e tracciante del colore.


E come avviene in lui l’innesto della pittura sull’opera grafica?
I quadri di Van Gogh ci appaiono dominati da tanto colore, ma se li osserviamo con attenzione scopriamo che essi sono sempre sostenuti da una grande griglia grafica, una sorta di pelle disegnata che ne rappresenta la struttura portante. Addirittura, in molti casi osserviamo un singolare ribaltamento: Van Gogh realizza prima un dipinto e solo in un secondo tempo affronta lo stesso soggetto attraverso il disegno.
A questo proposito, in mostra si può ammirare l’emblematico accostamento della splendida tela Cipressi con due figure e di un disegno di analogo soggetto che Van Gogh eseguì durante la sua permanenza all’ospedale di Saint-Rémy. Il quadro fu ultimato nell’estate del 1889, più precisamente nel mese di giugno, mentre il disegno è del febbraio del 1890. La curiosità risiede nel fatto che le due figure effigiate non c’erano nella prima versione dell’opera ad olio, mentre comparivano nel disegno, dopo di che Vincent decise di inserirle anche nel dipinto rimettendovi mano.
Van Gogh sperimentò diversi materiali: dunque la sua opera grafica risulta assai varia sotto questo aspetto.
Mai come per Van Gogh, il termine giusto da utilizzare, piuttosto che il vago “opera grafica”, è proprio “disegno”. Egli è uno sperimentatore totale, utilizza una varietà infinita di tecniche, di alcune di esse è inventore assoluto: accosta matite, matita grassa, gessetti, carboncino, guazza, acquerelli, inchiostri a penna o fatti colare da cannucce. Varia i supporti e sovrappone materiali diversi in quello che è uno sforzo costante di restituire la pienezza del segno, la forza dei volumi, l’intensità dei contenuti. E’ molto evidente la complessità di certi disegni, i quali sono appunto il risultato della sovrapposizioni di diversi materiali e tecniche, non sempre individuabili alla semplice osservazione.
Se dal punto di vista tecnico Van Gogh sperimentò molto, da quello formale e stilistico, soprattutto all’inizio, si applicò ad uno studio meticoloso dei maestri del passato, consultando manuali di disegno e di anatomia. Quali sono i momenti più significativi di questo procedere alla ricerca del superamento dei propri limiti?
Egli iniziò il suo apprendistato studiando i manuali di Cassagne sulla prospettiva e sull’anatomia e ricopiando instancabilmente modelli e opere dei maestri dai manuali didattici di Bargue, i famosi Exercices au fusain e il Cours de dessin, che gli prestava Tresteeg, il direttore della galleria Gupil. Altrettanto significative furono le copie delle stampe di Millet, che gli procurava il fratello Theo.
Una curiosità: uno dei suoi primissimi disegni è la copia di una testa dipinta di Holbein che su un manuale Bargue era pubblicata nella riproduzione fatta da un bravo incisore… insomma: una copia di una copia, firmata Van Gogh.
Fra le “scoperte” fatte sui libri, vi è quella della camera prospettica. Quanto ha inciso l’utilizzo di questo strumento nel suo lavoro successivo?
Ha inciso notevolmente: infatti se ne servirà in modo assiduo quando si cimenterà con vedute urbane, a cominciare con le prime realizzate nel 1882. Vi è una serie di sette meravigliosi disegni del 1884, conservati al Museo Van Gogh ad Amsterdam, che costituiscono un esempio molto chiaro del riuscito utilizzo di quel supporto e in cui si percepisce la presenza della gabbia prospettica che sostiene la composizione, nella resa degli edifici e dei filari di alberi.
Helene Kröller-Müller amava a tal punto Van Gogh da riuscire a radunare la seconda più importante collezione di suoi lavori dopo quella degli eredi…
Infatti. Fra le millecinquecento opere che costituiscono la raccolta, quelle di Van Gogh, peraltro di qualità altissima, costituiscono un’autentica “collezione nella collezione”.
Pensi che il 70% di tali lavori furono acquistati in blocco da un collezionista dell’Aia. Il procuratore di Helene, Paul Bremmer, era venuto a conoscenza dell’immissione sul mercato di quel gruppo di opere, e raggiunse con un messaggio la sua cliente, che si trovava in vacanza in Germania in una località termale. Il caso volle che nello stesso posto soggiornasse pure il plenipotenziario europeo di un importante museo americano, anche lui incaricato di trattare lo stesso acquisto. I due fecero insieme il viaggio verso l’Aia, dove negoziarono separatamente l’affare. La spuntò Helene.
Per far conoscere la sua figura di grande appassionata d’arte, in mostra proponiamo una sezione ricca di documenti, fotografie, scritti e una selezione di sedici dipinti di altri maestri presenti nella collezione Kröller-Müller, una delle più prestigiose d’Europa, che fu donata allo Stato olandese nel 1935, divenendo un museo. Si passa da alcuni momenti fondamentali dell’Ottocento alle avanguardie: oltre al Seurat che ho citato prima, si possono ammirare opere di Corot, Pissarro, Fantin-Latour, Signac, Redon, fino a Gris e Mondrian, e ad esempi illustri di pittura olandese.
 
LA DEFINIZIONE DELLO STILE DI VAN GOGH E LE TECNICHE. CLICCA QUI SOTTO, SUL NOSTRO LINK INTERNO.
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