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William Vezzoli





Non è un caso che nel pieghevole di uno degli ultimi appuntamenti espositivi, Giuseppe William Vezzoli abbia scelto, nell’ambito di un autoritratto fotografico, la posizione ieratica dell’uomo orientale dedito alla meditazione yoga. La rarefazione alla quale sottopone le linee e le evidenze cromatiche dei suoi quadri, il gioco elegante delle materie di diversa natura – carte, tele, sacchi -, compresi quei rossi accesi e smaltati di lontana ascendenza esotica, quel principio di astrazione e sublimazione che caratterizza gli ultimi, intensi anni di pittura, ricchi di consensi, è un andare dal luogo conoscibile in direzione della quintessenza; da qui l’immagine simbolo di se stesso, che medita con la solennità di un bonzo, ma anche con quella componente ironica, che comunica allo spettatore la sostanziale estraneità dell’uomo occidentale alla propria esotizzazione.

Eppure l’autoritratto trova stretta corrispondenza nell’ultima produzione dell’artista, poiché indica una costante salita dall’immagine riconoscibile di un lacerto paesaggistico alla sua sublimazione. Vezzoli era partito, come ben ricordiamo, da vedute naturali, da marine già prive di una connotazione realistica poiché proiettate nell’aura di un momento metafisico, topos di un luogo di spiritualità e di felicità, nel quale l’uomo specchia la propria propensione all’immenso, all’immane, all’eterno. E all’interno di quella linea, come se egli avesse inserito i suoi dipinti delicati di paesaggio in un alambicco, nel sobbollimento della materia, aveva preso ad estrarne l’essenza volatile che portava ad un percorso di astrazione. I mari erano divenuti l’idea del mare; le cascine e le piante, il nucleo dell’idea di albero e di muro. Comunque, in ogni caso, Giuseppe William Vezzoli non recide il primario contatto con la realtà. Le sue opere informali contengono sempre un rinvio alla linea dell’elemento di terra, di acqua, di cielo, di fuoco. Per questo divengono segmenti riconoscibili che consentono a chi guarda di non essere rifiutato dal principio di astrazione, ma di vivere un coinvolgimento emotivo nel viaggio che conduce in direzione del motore primo.