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Marchio di fabbrica Raffaello


L’Urbinate formò uno staff di incisori specializzati nella riproduzione dei suoi capolavori, nell’ambito di un’accorta strategia di promozione del proprio nome e del proprio mito in tutta la Penisola
 

di Luca Turelli

Raffaello? Un genio. Anche nel management. Fin dai primi anni del Cinquecento infatti, come ricorda Anna Cerboni Baiardi in Raffaello e Urbino (Electa, 344 pagine, 42 euro), a Roma si stava sviluppando un processo di realizzazione e vendita di stampe, e il pittore “aveva colto immediatamente l’opportunità offerta dall’uso delle tecniche calcografiche”, attivandosi per sfruttare la situazione a proprio vantaggio e incoraggiando la formazione di un gruppo di incisori specializzati nella riproduzione dei suoi lavori.

Nicola da Urbino, Martirio di santa Cecilia
Nicola da Urbino, Martirio di santa Cecilia

Tra gli esperti del settore ricordiamo Marcantonio Raimondi (1482-1534), Agostino de Musi, detto Veneziano (1490-1538) e Marco Dente da Ravenna (1493-1527). Il loro compito era quello di replicare i dipinti, i cartoni e i disegni di Raffaello rispettandone il modus operandi; tali repliche erano poi utilizzate in tutta la Penisola da altri artisti, che ne traevano ispirazione. In questo modo, grazie ad una efficace campagna promozionale, si propagò ovunque un peculiare “modello grafico raffaellesco”, un contributo concreto alla diffusione del nome e della leggenda del Sanzio.

Anonimo, Martirio di santa Cecilia. In questo caso, a differenza dell’opera di Nicola da Urbino, un dettaglio è decontestualizzato e messo al centro del nuovo modello compositivo
Anonimo, Martirio di santa Cecilia. In questo caso, a differenza dell’opera di Nicola da Urbino, un dettaglio è decontestualizzato e messo al centro del nuovo modello compositivo

Gli acquirenti non erano però solo i colleghi pittori; tra di essi, non mancavano dotti umanisti e semplici appassionati. Ne facevano ampio uso anche i ceramisti, anzi furono proprio loro che ad Urbino si dimostrarono assidui collezionisti delle stampe ricavate dalle creazioni dell’illustre conterraneo. Citiamo come esempio un piatto di maiolica attribuito a Nicola da Urbino (1480-1538) raffigurante l’Uccisione di Achille che ricorda da vicino un disegno di Raffaello con guerrieri e prigionieri nudi, mentre altri riscontri sono possibili tra alcune ceramiche e i soggetti degli arazzi vaticani.
Marcantonio Raimondi, modello raffaellesco del Martirio di santa Cecilia
Marcantonio Raimondi, modello raffaellesco del Martirio di santa Cecilia

Cerboni Baiardi ipotizza che “i ceramisti abbiano goduto di un accesso privilegiato al materiale grafico diversamente derivato dall’artista”: un materiale in seguito rielaborato secondo la cultura locale oppure personalizzato attraverso la selezione di un dettaglio, decontestualizzato e messo al centro di un nuovo modello compositivo, come accade in un anonimo Martirio di santa Cecilia. 
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