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Tenera è la notte


N8Nella profondità di una notte senza tempo, una notte che non rappresenta nulla di oscuro o di inquietante ma che vive una vita parallela, una dimensione altra, ricca di straordinarie manifestazioni, tra lucori lontani, luci cosmiche espanse e ombre lunghe di natura metafisica, Giulio Mottinelli prosegue il suo De Rerum natura, un poema per dipinti con il quale in questi anni ha percorso le strade del mito, nell’ambito di quinta naturale assurta ad assoluta protagonista, che vibra e che si manifesta, percorsa da divinità senza nome.
Il vento, la neve, la notte. Una notte, che in quest’ultimo appuntamento è dominante, senza riservare nulla del luogo comune sinistro e tormentoso, come avveniva nella mistica e nella poetica romantica. Che non è insomma anticamera della morte, ma un modo poetico di riconoscere il volto scuro di ciò che appare meno evidente, come i passi dei selvatici sulla neve, che sgattaiolano sui tratturi o in angoli discosti, verso infinite piste parallele, in una costante apparizione, nell’epifania di un mondo che parte dal piano fisico per trascendere la linea convenzionale della quotidianità. All’artista lombardo, Gian Mario Andrico ha dedicato, in occasione della nuova mostra e di quest’ampio capitolo notturno, un testo intenso, che non si misura con i termini della critica né con i canoni dell’ermeneutica, ma che costituisce un percorso complementare, svolto attraverso il potere evocatore della parola.
“Troverai più nei boschi che nei libri” dice Andrico, riprendendo una celebre esortazione di san Benedetto da Chiaravalle. Un rapporto sacrale con il bosco che in Mottinelli diviene liturgia pittorica quotidiana: “Sta addosso ad una tela grande per due, tre mesi, per otto, dieci ore al giorno – scrive ancora Andrico -. Lavora nella sua bottega per sette giorni alla settimana, comprese le feste comandate: schizza, disegna, prepara i fondi, stempera il pigmento acrilico, vela i colori, li usa densi o diluiti a secondo della texture che intende ottenere, sovrappone le campiture una sull’altra, partendo dal tono più basso, più in ombra, per arrivare alla luce più vivida, quasi squillante di questa sua ultima ‘stagione’ stilistica. Seleziona i pennelli, li spulcia, li sagoma, come quando le botteghe erano le fucine inventive, la fabbrica stessa dei materiali utili per far pittura”.
Andrico offre poi un’altra citazione, questa volta del sommo Leonardo: “Odi somma stoltizia di quelli i quali biasimano coloro che ’mparano da la Natura (Atl. 141 r.b.). Qualcuno prova ancora, s’intestardisce e afferma che questo fare è troppo colto, riservato ad un’élite, che è succube della maniera, legato al reticolo, alle cadenze tonali, che è arte d’evasione, priva di valori politico-sociali… Non è l’arte codice rivolto alla contemplazione di ragioni grandi, valori eterni?”.