Emanuele Dascanio è un ottimo disegnatore che lavora nell'ambito del registro iperrealista. Questo vecchio rinvia ai filosofi della pittura di matrice italo-spagnola (lo Spagnoletto, Velazquez ecc), realizzati con estremo, amplificato realismo (su una linea post caravaggesca) e volti a sottolineare, ambiguamente e in modo aperto, la povertà dei grandi pensatori dell'umanità. L'opera, realizzata con grafite e carboncino in matita, ha richiesto 300 ore di lavoro
Posts published in Gennaio 2018
Un rivoluzionario della moda che ha liberato le donne dalle costrizioni all'inizio del secolo scorso, offrendo la sua eleganza e comfort in abiti indimenticabili. Mariano Fortuny y Madrazo (Granada, 1871 – Venezia, 1949) diventa stilista, come sviluppo delle proprie radici artistico-pittoriche, scenografiche e di design, che tornano a manifestarsi durante tutto il suo percorso, nella delineazione di un profondo eclettismo, verso l'idea della convergenza delle arti che fu un punto prospettico del primo Novecento. Realizzò anche incisioni, si occupò di illuminazione ed estese il suo lavoro ad ogni branca dell'arte applicata, divenendo un punto di riferimento assoluto
José Jiménez Aranda (Siviglia, 1837-1903) fu un grande pittore accademico, legato alla pittura di storia o di genere, e in particolare al mondo spagnolo del Settecento. Non mancavano anche quelle scene legate al mondo popolare, trasognato e pittoresco. Ma ciò che possiamo cogliere da questi artisti di formazione "costretta" è il virtuosismo tecnico. José Jiménez Aranda è stato professore e presidente della Reale Accademia di Belle Arti di Santa Elisabetta d'Ungheria a Siviglia, professore della Scuola Ufficiale di quella città e Commendatore dell'Ordine di Isabella la Cattolica. Non poteva certamente, con questa carriera, aprirsi al ruolo di innovatore o fare ricerca. Le accademie, in fondo, hanno sempre disincentivato, anche con violenza ogni passo avanti, poichè esse sorgevano per il perpetuarsi di una tradizione formale che diveniva tradizione politica sostanziale
In una cattolicissima chiesa della Bassa lombarda appaiono simboli giudaici e, forse, il ritratto del banchiere che finanziò il dipinto nel 1577. Stelle di David e monogrammi fanno pensare che l’opera decorativa sia stata pagata dal ricchissimo Salomon Asola. Il pittore scelse un registro ambiguo di rappresentazione che da un lato sembra celebrare il finanziatore e dall’altro lo colloca sulla linea dei reprobi, consentendo all’affresco di punire il ricco senza che lui potesse lamentarsene e di passare tra le maglie della censura controriformista
Durante gli anni della Seconda guerra mondiale lasciò la scultura - perchè ne coglieva l'aspetto retorico e celebrativo - e si immerse nella pittura. Finita la guerra fu al centro dell'idiozia italica del nuovo regime. Processato e perseguitato perchè aveva realizzato statue commissionate da enti pubblici fascisti. Dietro la vicenda di Martini, quella di un Paese che non sa uscire, ancora oggi, dalla logica della guerra civile
La pittura di Enzo Cucchi dialoga con la morte, perché dalla morte vede sorgere la vita. E se della morte esibisce il sembiante, non è per sfidarla, ma per catturare la possibilità di rinascita
La grammatica nella storia dell'arte non è così scontata come appare. Se infatti, normalmente, l'articolo non si applica mai davanti al nome proprio, in ambito artistico - in modo più frequente rispetto ad altre discipline - esso, in tanti casi appare consigliabile e, in tanti altri tollerato. Permane il divieto di utilizzo dell'articolo davanti a nomi o cognomi che non rinviano a località, soprattutto per una questione di eleganza. No "Il Tiziano" ma "Tiziano", no "Il Buonarroti" ma "Buonarroti", no "ll Canova", sì "Canova". Nei casi di cognomi l'articolo determinativo "il" o quello indeterminativo "un" indicano l'opera del maestro indicato, in un uso che è stato rafforzato dalle necessità sintetiche del giornalismo. "Rubato un Tiziano" significa che è stato rubato un quadro di Tiziano Vecellio, mentre "Il Tiziano rubato" significa che tutti sono a conoscenza di quale sia il quadro scomparso.
La tradizionale contrapposizione fra le “genti barbariche” considerate selvagge e quelle sedentarie, a cui invece corrispondevano ordine e norma, risale alle fonti più antiche, a cominciare da Omero. Tuttavia tale antinomia ci pare più letteraria che reale: lo splendore sfavillante dei gioielli, le armi impreziosite dall’oro e dalle gemme o i finimenti più ricchi per i cavalli, la sontuosità del vasellame cerimoniale da banchetto rappresentano di fatto simboli trasversali nello spazio e nel tempo di un’identica aspirazione all’autocelebrazione dei ceti più potenti