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Altro che mela! Ambrogio Lorenzetti dipinse la donna e il frutto proibito che lei offrì al maschio


Quale fosse l’albero della conoscenza del bene e del male, non è dato a sapere, ma già in antico esso fu messo in relazione con il fico, albero della sessualità femminile. La mela è un’invenzione tardiva, legata all’assonanza con il Male. Nell’affresco realizzato da Ambrogio Lorenzetti nella chiesa di San Galgano, a Montesiepi di Chiusdino, il grande pittore, ai piedi di una Maestà (1334-1340), dipinge un’opima e voluttuosa Eva, in veste da camera, che, con un cartiglio, ammette la propria colpa originaria. Con la mano sinistra, Eva – dal volto incorniciato da un paio di invitanti trecce biondo rossicce, sdraiata come un meretrice, le gambe che appaiono sotto la stoffa, in trasparenza – alza un rametto terminale della pianta di fico, dal quale spicca il frutto autentico del peccato, traslazione vegetale dell’apparato riproduttivo femminile. Non solo. Dal braccio, naturalmente spicca un serpente. La scritta.

Pel pecchato:pche passione soferse:xro che qvesta reha sorte nel ventre di nostra redentione

Lo splendido affresco di Ambrogio Lorenzetti è parte della Maestà e delle Storie di San Galgano dipinto nella cappella dedicata a questo Santo, in provincia di Siena. La cappella conserva, infissa in un pertugio tra rocce, la spada del cavaliere, che rinuncia alla vita mondana per dedicarsi a quella spirituale.

In sostanza. Eva (e Adamo) peccarono. L’albero del Bene e del male è legato alla sessualità. Ma il peccato originale viene cancellato dal Battesimo.

La versione di Eva, offerta da Lorenzetti, offre un’interessante, quanto ante-litteram, lettura psicologica e psicanalitica del senso di colpa, legato alla scoperta della sessualità e alla preponderanza della sfera fisica su quella spirituale. L’Eden altro non sarebbe che l’infanzia vissuta senza pulsioni. L’eros è l’elemento sconvolgente che allontana l’umanità dal profondo equilibrio infantile – nel quale si realizzava una magica unione tra spirito e materia – proiettandolo nella competizione e nel dolore, nella materia dominata da piaceri intensi, ma transitori e pericolosi, nel divenire e nella morte.