Press "Enter" to skip to content

Antropologa forense italiana ricostruisce il volto della mummia egizia che era incinta di 7 mesi


Chantal Milani, antropologa forense italiana e membro del Warsaw Mummy Project, ha ricostruito con tecniche 2d e 3d, secondo le procedure utilizzate in ambito scientifico-giudiziario, il volto della giovane donna egizia, mummificata con il suo bambino in grembo.  La struttura del teschio contiene ogni informazione strutturale per la ricomposizione dei tessuti e delle parti molli.  L’antropologa ha dichiarato: “ll cranio come molte parti anatomiche è unico e mostra un insieme di forme e proporzioni che appariranno nella faccia finale’.

La ricostruzione del volto della mummia compiuta dall’archeologa forense italiana Chantal Milani

Si riteneva che quel sarcofago fosse di un sacerdote egizio. Poi si trovò, su di esso, il nome di un alto funzionario, uno scriba: Hor-Djehuti. I ricercatori polacchi del Warsaw Mummy Project avevano invece stabilito che il defunto era in realtà una giovane donna – 20-30 anni – morta con il bimbo che portava in grembo e così mummificata. Si tratta della prima mummia di una donna incinta conosciuta al mondo.

La giovane donna era vissuta nel primo secolo d. C. a Tebe, un’antica città egizia situata lungo il Nilo, presso le attuali città di Karnak e Luxor, da non confondere con la Tebe greca. La giovane apparteneva all’elite della città, come testimoniano l’accuratezza della mummificazione e il corredo funebre.

Credit: Warsaw Mummy Project

Il suo sarcofago era stato acquistato in Egitto da Jan Wężyk-Rudzki e nel dicembre 1826 era stato ceduto all’Università di Varsavia grazie a una donazione del conte Stanisław Kostka Potocki.

Nonostante il nome maschile trovato sul sarcofago, i ricercatori – durante una prima indagine, anch’essa non invasiva – avevano riscontrato la mancanza dell’organo maschile che veniva mummificato sempre con il resto del corpo. Ulteriori indagini, svolte con la Tac e con i più avanzati strumenti di diagnostica avevano permesso di svolgere virtualmente le bende e di scoprire il corpo di una giovane donna. Altre ricerche hanno consentito di vedere il corpo del bambino e di conoscere le sostanze che furono utilizzate per la mummificazione.

La Tac, attraverso la misurazione del feto – ha consentito di stabilire che la donna era incita da 28 mesi e pertanto era entrata nel settimo mese di gravidanza. Il settimo mese di gravidanza è infatti compreso le 26 settimane+3 giorni e le 30 settimane+4 giorni.
Alla 28esima settimana il peso del feto è in media 875 grammi ed è lungo circa 36 cm. In questa fase della gravidanza i polmoni dei bambini stanno per completare il loro sviluppo e i movimenti respiratori sono ben coordinati.

Il feto presente nella mummia studiata dagli archeologi polacchi e portato alla luce grazie ad indagini con diagnostiche differenziate Credit: M. Ożarek-Szilka / Affidea

«Per ragioni sconosciute il feto non è stato rimosso dagli imbalsamatori, ma non è stato possibile determinarne il sesso» ha detto Wojciech Ejsmond, dell’Istituto delle culture mediterranee e orientali dell’Accademia polacca delle scienze. «La scoperta apre nuovi orizzonti su tecniche e aspetti ancora sconosciuti delle sepolture egizie». In un nuovo studio pubblicato sul “Journal of Archaeological Science”, Ożarek-Szilke, co-direttore del Warsaw Mummy Project, ha spiegato che la defunta era stata coperta di natron per asciugare i liquidi del corpo. Il Natron è una miscela naturale contenente carbonato di sodio decaidrato e circa il 17% di bicarbonato di sodio, più cloruro di sodio e solfato di sodio.

All’interno del corpo della giovane donna, il passaggio da ambiente alcalino ad ambiente acido ha causato la lisciviazione di minerali dalle ossa fetali, che hanno cominciato a disseccarsi e mineralizzarsi.