Lucina Brembati, ritratta da Lorenzo Lotto in questo dipinto del 1518 appartenente alla collezione dell’Accademia Carrara di Bergamo, indossa un pendente, a lungo considerato un corno amuletico. In realtà, si tratta di uno stuzzicadenti finemente realizzato in oro
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Esiste un linguaggio degli anelli che consenta di stabilire lo stato civile degli effigiati, nell’ambito della pittura italiana tra Quattrocento e Cinquecento? Il particolare, che sembrerebbe trascurabilmente accessorio, può in realtà rivelarsi molto utile nell’ambito dell’individuazione dei personaggi ritratti sia per stabilirne o confermarne l’identità - nel confronto con i documenti d’archivio - che per giungere ad una datazione del quadro non soltanto in base agli elementi stilistici ma nel rafforzamento delle evidenze storico-iconologiche che emergono dal dipinto stesso.
La creazione si rifà ad un personale codice poetico: rigoroso, lineare ed insieme assolutamente libero, gioiosamente inventivo. Permane in me, con forza, la lezione di Juan Miró, maestro e punto di riferimento imprescindibile. Anche in questo piatto prevale una visione luminosa, ilare, ludica direi, della vita e del mondo.
La grammatica nella storia dell'arte non è così scontata come appare. Se infatti, normalmente, l'articolo non si applica mai davanti al nome proprio, in ambito artistico - in modo più frequente rispetto ad altre discipline - esso, in tanti casi appare consigliabile e, in tanti altri tollerato. Permane il divieto di utilizzo dell'articolo davanti a nomi o cognomi che non rinviano a località, soprattutto per una questione di eleganza. No "Il Tiziano" ma "Tiziano", no "Il Buonarroti" ma "Buonarroti", no "ll Canova", sì "Canova". Nei casi di cognomi l'articolo determinativo "il" o quello indeterminativo "un" indicano l'opera del maestro indicato, in un uso che è stato rafforzato dalle necessità sintetiche del giornalismo. "Rubato un Tiziano" significa che è stato rubato un quadro di Tiziano Vecellio, mentre "Il Tiziano rubato" significa che tutti sono a conoscenza di quale sia il quadro scomparso.
Nel ritratto del cavaliere Secco Suardo, ambasciatore a Venezia dal 1545, il nobiluomo indica palesemente un elegante braciere, posto su una colonna. L’immagine-rebus è senza dubbio quella di “Su-ardo”, che viene rafforzata semanticamente dall’iscrizione, configurata come un’impresa araldica in caratteri latini: “Et quid volo / nisi ut ardeat?”. Il tema del fuoco (e del verbo ardere) riferisce l’impresa a un versetto evangelico (Luca, XII, 49) riguardante la missione di Cristo in terra: “Ignem vidi mittere in terram; et quid volo nisi ut accendatur” (Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!)