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“Dama con liocorno”, un Raffaello contestato


di Giovanna Galli

raffa41Fino al 27 gennaio 2002 il Musée du Luxembourg di Parigi, antica dimora di Maria de Medici, ospita la mostra “Raffaello, grazia e bellezza”, dedicata al tema del ritratto, componente fondamentale dell’opera del Genio urbinate. “Stile” ha interpellato in proposito Pierluigi De Vecchi e Claudio Strinati, rispettivamente Presidente del Comitato scientifico e Commissario della mostra. Emerge, nel confronto tra i due studiosi, la discordanza di opinioni in merito all’attribuzione a Raffaello della “Dama con liocorno” della Galleria Borghese, che, dopo il recente restauro, è proposta al pubblico, ripulita dalle ridipinture dei secoli precedenti e nell’originario splendore. Mentre De Vecchi ribadisce, anche dopo avere ammirato l’opera restaurata, i propri dubbi, Strinati riconferma la sua convinzione rispetto all’assegnazione a Raffaello del celeberrimo dipinto.

La “Dama con liocorno”, olio su tela eseguito tra il 1505 ed il 1506, uno tra i massimi capolavori della Galleria Borghese di Roma, è attualmente in mostra al parigino Musée du Luxembourg. Il dipinto è ritenuto da Strinati di sicura mano di Raffaello, mentre per De Vecchi permangono forti dubbi attributivi, suscitati dalle scelte stilistiche. Il catalogo – edito da Skira – contiene un’amplissima scheda-saggio sull’opera, lettura storico-analitica compiuta da Tullia Carratù. Il quadro proviene dall’eredità di Olimpia Aldobrandini. Nelle antiche schede di inventario nessun estensore fece il nome di Raffaello, anche se sappiamo che molto spesso questi elenchi non fornivano elementi attributivi. Agli inizi dell’Ottocento la “Dama” fu assegnata a Perugino. Fu il geniale Roberto Longhi, richiamandosi ad un’analisi di Cantalamessa, direttore della Galleria Borghese dal 1906 al 1924 – che aveva ravvisato nello stile dell’autore “il proposito di seguire Raffaello” -, che tra il 1927 e il 1928 “riconobbe per primo nel dipinto la mano di Raffaello, con la nota affermazione “Ille hic est Raphael”. Egli notava come lo schema figurativo adottato dall’Urbinate fosse derivato dal disegno del Louvre, in cui vi è lo stesso fondo paesaggistico limitato da un’architettura a colonne dedotta dalla “Gioconda” di Leonardo. A giudizio degli storici dell’arte, il quadro è molto vicino alla struttura della Gioconda. Com’è riportato nella scheda, lo stesso De Vecchi, nel 1996, parlò, in questo caso, di accostamento di Raffaello ai modelli leonardeschi per la struttura, mentre il soggetto appariva contiguo alla tradizione fiorentina del Quattrocento, caratterizzata da ritratti più “civili e biografici” che psicologici. interviste di Giovanna Galli

Intervista a Claudio Strinati, Soprintendente di Roma

La mostra di Parigi suggerisce alcune interessanti valutazioni critiche. Per esempio, l’esposizione della “Dama con liocorno” dopo il restauro consente una valutazione adeguata rispetto all’attribuzione all’Urbinate dell’opera. Lei in proposito cosa pensa? Ci può spiegare come si è intervenuti sul dipinto? L’intervento sulla “Dama” è stato eseguito a distanza di settant’anni dal precedente, che, a causa dell’utilizzo di tecniche troppo aggressive, aveva intaccato il colore. Si è cercato di recuperare al meglio la stesura originaria: sebbene l’eliminazione delle ridipinture attuate nel corso dei secoli abbia portato alla luce alcuni danni, adesso è possibile ammirare il meraviglioso originale. Effettivamente, la mia impressione è che il dipinto appartenga a Raffaello. Dalla pulitura è emersa molto bene la tessitura della luce, una luce limpidissima che pervade la “Dama”, e che, a mio avviso, ha una matrice spiccatamente raffaellesca, denotando anche l’influenza dell’esempio leonardesco, in particolare della “Gioconda”.
L’accostamento di due importanti ritratti come quelli della “Velata” e della “Fornarina” ripone in primo piano la controversa questione della coincidenza dei due soggetti. Lei cosa ne pensa?
Il confronto tra i due dipinti è particolarmente interessante, e al tempo stesso significativo. Esistono pareri discordanti in merito alla coincidenza dei due soggetti: personalmente sono tra coloro che non condividono questa tesi.
La difficoltà di reperimento ha portato al Musée du Luxembourg una selezione piuttosto esigua, anche se significativa, di opere di Raffaello. Si considera soddisfatto dell’allestimento?
Direi di sì. Nonostante le molte difficoltà che si incontrano affrontando l’organizzazione di eventi di tale rilevanza, ritengo che l’allestimento di Parigi sia soddisfacente, grazie all’estrema qualità di tutte le opere presenti, che meritano di essere valutate con attenzione, una per una.

Intervista a Pierluigi De Vecchi, tra i massimi studiosi dell’opera di Raffaello.

Professor De Vecchi, un’importante mostra a Roma e ora l’appuntamento parigino con Raffaello sembrano configurare un ritorno d’interesse nei confronti del Rinascimento, periodo che ultimamente sembrava essere caduto in disgrazia. Non è così?
Non è semplice trovare una spiegazione univoca per quello che senz’altro è un dato di fatto. Fino a poco tempo fa si registrava un interesse centrato sul Seicento, e in particolare su Caravaggio, per intenderci. Ora si nota una tendenza verso il periodo rinascimentale, ma credo che bisognerà aspettare del tempo per poter valutare adeguatamente le ragioni del fenomeno.
Un prestito importante è la “Dama con liocorno” della Galleria Borghese, recentemente restaurata…
In verità, non sono del tutto convinto dell’attribuzione a Raffaello di questo dipinto, anche ora che ho potuto osservarlo dopo il restauro.
I motivi?

Sono evidentemente stilistici. Ma ora non voglio entrare nei particolari. Mi riservo successivamente di presentare in maniera dettagliata le ragioni che hanno portato a queste mie conclusioni. Temo di banalizzare ciò che in realtà merita d’essere oggetto di un saggio.
Raffaello ritrattista. La mostra vuol essere un itinerario critico alla scoperta di questa importante componente dell’arte del grande “magister”, a partire dalle accezioni rinascimentali di “grazia” e “bellezza”, che Baldassarre Castiglione, amico e mentore di Raffaello, univa nei tratti del suo “Cortigiano”… 
Il titolo della mostra è in un certo senso anche un omaggio alla cultura francese, i termini “grazia” e “bellezza” sono stati scelti non per quello che è il loro significato comune, ma a indicare concetti, più ampi. In realtà la mostra non propone esclusivamente ritratti. Le opere selezionate per questa occasione erano all’inizio in numero maggiore, ma una serie di problemi legati da un lato alla conservazione dei dipinti (tavole e pale d’altare molto delicate) che in alcuni casi hanno reso impossibile il trasporto, dall’altro a intoppi di carattere burocratico, correlati alle norme e ai vincoli sulle donazioni e via dicendo, hanno costretto a un ridimensionamento del progetto. Siamo comunque riusciti a raccogliere un totale di quattordici dipinti più una serie di disegni, sia di Raffaello che di artisti coevi, scelti per proporre interessanti confronti tecnico-stilistici.
Il maestro urbinate sviluppa il proprio gusto per il ritratto in un periodo di passaggio tra due epoche: da un lato quella della tradizione italiana, mutuata dagli esempi fiamminghi, di Antonello da Messina, Mantegna e Piero della Francesca, dall’altro il nuovo naturalismo e il “leonardismo”…
Il modello fondamentale a cui fa riferimento Raffaello è senz’altro Leonardo da Vinci, sia nel periodo fiorentino, che successivamente. Partendo dal recupero dello schema compositivo fiammingo, ripreso dagli artisti precedenti, Raffaello ne opera un sostanziale aggiornamento sull’esempio, appunto, di Leonardo.
Quali sono i tratti che più avvicinano Raffaello e Leonardo e quelli che invece li differenziano?
In generale si osserva che Raffaello, pur recuperando i principi di strutturazione plastico-spaziale di Leonardo, ne accantona i caratteri più allusivi e psicologicamente simbolici, denotando una accresciuta attenzione alla rappresentazione del rapporto uomo-ambiente, con un gusto particolare per la mimesis e un illusionismo maggiore.
Lei ha parlato di “natura in posa”, riferendosi all’equilibrata articolazione della figura nello spazio che ignora ogni allusione a uno stato di moto, sia del corpo che dell’animo. Vuole chiarire questo concetto?
In realtà avevo utilizzato il concetto facendo riferimento a un dipinto particolare: il ritratto di Maddalena Doni, della Galleria Palatina. Qui si osserva con chiarezza l’ispirazione a Leonardo, essendo particolarmente sensibili le analogie con la “Gioconda”, sia per la posa sia per l’ambientazione nel paesaggio. Ma è un dipinto che in generale deve molto alla tradizione del ritratto e del busto-ritratto fiorentino del Quattrocento, più “civile” e biografico che psicologico. Nel soggetto si osservano grande compostezza e impassibilità, e un’insistenza descrittiva tutta raffaellesca, in particolare nella minuziosa raffigurazione degli abiti e dei preziosi gioielli: a differenza dei ritratti leonardeschi, più intimi, Raffaello dà ai suoi un’impronta quasi ufficiale, in questo caso tesa a ribadire lo status sociale della gentildonna.
Al Musèe du Luxembourg viene proposta un’autorevole selezione di opere, che suggerisce confronti e letture inedite. Vuole dirci qualcosa, ad esempio, a proposito dell’interessante accostamento “Velata”-“Fornarina”, che tradizionalmente vengono indicati come ritratti della stessa donna?
Io sono tra coloro che dubitano della reale coincidenza dei due soggetti. Non ne sono convinto, mentre invece ritengo che la “Velata” sia la stessa persona ritratta nella “Madonna sistina” e in altri dipinti di Raffaello.
Raffaello trasferisce pure nell’iconografia religiosa quei concetti “pagani” di grazia e bellezza di cui si parlava.
Infatti, come già accennato, i concetti di grazia e bellezza sono qui più ampi rispetto a quelli comuni. In mostra è presente una piccola selezione di soggetti religiosi, a confermare la presenza di tali caratteristiche della sua poetica figurativa anche in rappresentazioni non “profane”. E’ il caso della “Madonna con Bambino tra i santi Girolamo e Francesco”, proveniente da Berlino, o del “San Sebastiano” dell’Accademia Carrara, .o ancora del “Cristo benedicente” della Pinacoteca Tosio artinengo di Brescia.
Come mai la scelta di proporre anche un cartone (quello raffigurante “Mosè dinanzi al roveto ardente”)?
Si è trattato di una ragione di carattere “tecnico”. Nell’ultima parte del percorso espositivo si presenta infatti una sezione in cui si introduce, attraverso dipinti, disegni e incisioni, il tema della tecnica e dell’atelier, ed è parso opportuno proporre quest’opera – che è un cartone preparatorio per un affresco della “Stanza di Eliodoro” in Vaticano – per aiutare a comprendere il valore autonomo assegnato da Raffaello anche a questi disegni “strumentali”.
Il percorso espositivo risulta essere tutto di particolare pregio. A suo avviso, c’è qualche altra opera, oltre a quelle già citate, che merita un’attenzione speciale?
Senz’altro citerei i due dipinti del Louvre, il “Ritratto di Baldassar Castiglione” e il “Doppio ritratto”, che sono capolavori assoluti, ma anche il “Cristo benedicente”: un’opera pregevolissima, per la quale a mio avviso si può avvalorare l’ipotesi che si tratti di un autoritratto del Maestro.