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Domenico Gnoli, 100 dipinti raccontano il pittore che morì 37enne a New York


“Mi servo sempre di elementi dati e semplici, non voglio aggiungere o sottrarre nulla. Non ho neppure avuto mai voglia di deformare: io isolo e rappresento.”
Domenico Gnoli

La mostra – dal 28 ottobre 2021 – si presenta come una retrospettiva che riunisce più di 100 opere realizzate da Domenico Gnoli (Roma, 1933 – New York, 1970) dal 1949 al 1969 e altrettanti disegni. Una sezione cronologica e documentaria con materiali storici, fotografie e altre testimonianze contribuisce a ricostruire il percorso biografico e artistico di Gnoli a più di cinquant’anni dalla sua scomparsa. La ricerca alla base del progetto concepito da Germano Celant è stata sviluppata in collaborazione con gli archivi dell’artista a Roma e Mallorca, custodi della storia personale e professionale di Gnoli.

Questa retrospettiva si inserisce in una sequenza di mostre di ricerca che Fondazione Prada ha dedicato a figure di outsider come Edward Kienholz, Leon Golub e William Copley, difficilmente assimilabili alle principali correnti artistiche della seconda metà del Novecento. L’obiettivo è esplorare la pratica di Gnoli e leggere la sua attività come un discorso unitario e libero da etichette, documentando connessioni con la scena culturale internazionale del suo tempo e suggerendo risonanze con la ricerca visiva contemporanea. “Domenico Gnoli” sviluppa inoltre le intuizioni di chi, in passato, ha interpretato l’artista dal punto di vista storico e critico in modo originale, riconoscendo l’ispirazione che Gnoli ha trovato nel Rinascimento ed evidenziando il valore narrativo delle sue opere. L’artista si inserisce in un clima di contestazione della magniloquenza, ben presente nella società di quegli anni. Compiere scelte espressive minimaliste significa contestare le grande imprese nelle quali sembra nascondersi una violenza di rappresentazione artistica e politica. Sceglie scenari quotidiani, stoffe, capigliature, che ingrandisce come texture e che acquistano non solo una nuova dimensione, ma una nuova vocazione semantica. Una poetica della quotidianità che troviamo, ad esempio, nella contestuale arte povera. Ma anche un modo creativo, molto intelligente, per rispondere allo scontro tra astrattisti e figurativi. La sua figurazione attentissima diventa astratto.
Domenico nasce a Roma nel 1933 in una famiglia di studiosi, letterati, artisti e storici dell’arte. Era figlio della ceramista Annie de Garrou (1900-1994) e dello storico dell’arte e sovrintendente alle Belle arti dell’Umbria, Umberto Gnoli (1878-1947). La sorella Marzia nascerà l’anno successivo. Il nonno paterno è il poeta e storico, suo omonimo, Domenico Gnoli; sorelle del nonno, anche loro poetesse, sono Teresa e Elena Gnoli; lo zio, fratello del padre, è Tommaso (1874 – 1958), critico letterario e germanista.
L’ambiente familiare, molto attento alla cultura, in rapporto diretto e continuo con l’arte e con la sua storia, stimola in lui fin da bambino la passione per il disegno e la pittura. Significativa in tal senso è una lettera illustrata che il padre gli invia quando ha solo 10 anni, contenente vere e proprie lezioni di architettura.

L’allestimento progettato dallo studio 2×4 di New York per i due piani del Podium evoca la disposizione e le caratteristiche di ambienti museali novecenteschi tracciando prospettive lineari che dividono lo spazio espositivo in una sequenza di nuclei monografici. Le opere dell’artista sono raggruppate in serie tematiche, grazie alle quali è possibile riconoscere come ogni opera abbia generato altri suoi lavori in una coerente direzione espressiva. I dettagli carichi di significato dipinti da Gnoli suggeriscono nella mostra enigmatiche biografie degli oggetti rappresentati e testimoniano la convinzione dell’artista nel perseguire la propria ricerca in una radicale rilettura della rappresentazione classica.

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