Press "Enter" to skip to content

Francesco Filippini e Monet, dalla Francia il pittore bresciano importò nuova pittura


Francesco Filippini, Laguna veneta, 1892 circa
Francesco Filippini, Laguna veneta, 1892 circa

Claude Monet, Il ponte d’Europa, stazione Saint Lazare, 1877
Claude Monet, Il ponte d’Europa, stazione Saint Lazare, 1877

Nonostante la genialità di Francesco Filippini, sarebbe un grave errore pensare che il pittore si sia comportato come una monade nei confronti delle ricerche artistiche di quegli anni. La critica ha spesso insistito, ad esempio, sull’assoluta mancanza di conseguenze del viaggio che egli compì nel 1879 in Francia, durante l’esplosione del fenomeno impressionista. Uno dei dipinti che fu presentato a Leno, nell’ambito della rassegna Terre d’acqua, dimostra in effetti la levatura internazionale di Filippini, quindi la sua capacità di interloquire con le tendenze più avanzate del momento e, in particolare, con Monet, che proprio negli anni Settanta aveva avviato un’indagine attorno alle atmosfere corrusche, invernali, della stazione ferroviaria di Saint-Lazare. In Laguna veneta, s’avverte una risposta proprio a quei quadri che il nostro autore deve aver visto durante il soggiorno del 1897. I neri ferrigni, i fumi sporchi, l’aura lutulenta che troviamo in Monet nel dipinto In ponte d’Europa. stazione Saint Lazare si riverberano magistralmente, come un contrappunto giocato tra grandi maestri, nell’opera del bresciano. Non è solo il dato manifesto del paesaggio a colpire lo spettatore, ma un senso di cataclisma che si ripete sulla linea della quotidianità e che nasce dalla proiezione psichica del pittore sull’elemento naturale- Filippini, di Monet, coglie soprattutto,con un senso del dramma che non esiste nel pittore francese, le opere scure, invernali, cupe che si adattano alla propria tavolozza e alla propria sensibilità tormentata e a una pennellata che resta di matrice scapigliata